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Un anziano va a votare con la bombola d’ossigeno. Ai politici auguro lo stesso senso del dovere

senior woman oxygen

By urbans/Shutterstock

Chiara Bertoglio - pubblicato il 31/05/19

Sono stata estratta a sorte per fare da scrutatrice alle elezioni europee, ed è stata una grande opportunità umana ed anche, in certa misura, spirituale.

Nei giorni scorsi, mi è capitato di vivere una nuova esperienza, che ho trovato molto interessante e mi ha insegnato moltissimo. Sono stata estratta a sorte per fungere da scrutatrice alle elezioni europee, ed è stata una grande opportunità umana ed anche, in certa misura, spirituale.

Ero un po’ preoccupata dalle lunghe ore che avrei dovuto trascorrere al seggio; in realtà, il tempo è passato molto piacevolmente anche grazie alla simpatia ed affiatamento che si è creato con i colleghi. I rari momenti “morti” della giornata venivano trascorsi chiacchierando, facendo amicizia, ed escogitando dei “giochi innocui” (come direbbe mia mamma) ma simpatici, tipo scorrere il registro degli elettori facendo a gara a chi trovava più cognomi di un certo tipo (animali, città etc.), oppure vedere con quanti elettori si condivide il compleanno, oppure fare una specie di “tombola” considerando ogni pagina del registro come una cartellina e vedendo quale registro, tra quello degli uomini e quello delle donne, sarebbe riuscito a completare un’intera pagina per primo (hanno vinto gli uomini, per la cronaca).

Ci sono stati poi episodi divertenti ed “originali”, legati a qualche personaggio pittoresco e qualche richiesta piuttosto bizzarra che ci è stata rivolta; del tutto inattesi, inoltre, sono stati i quattro “concertini” che ho tenuto durante la giornata per i colleghi scrutatori, visto che in una delle sezioni organizzate nella scuola in cui ero di servizio c’era un buon pianoforte verticale, e, naturalmente, la Pianara è stata cooptata per allietare le lunghe ore dell’election day.




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Ciò che mi porterò di più nel cuore, tuttavia, sono delle altre piccole e grandi cose.
La prima è un’impressione. Avevo davanti agli occhi questi grandi (e pochissimo pratici) registri, con i dati personali degli elettori. E mi rendevo conto di come un po’ della nostra vita si possa annidare in quei dati apparentemente sterili e neutri. Due elettori con lo stesso cognome allo stesso indirizzo: fratelli o sorelle, oppure padre e figlio; magari la generazione più anziana è nata in un paese straniero, oppure nel Sud Italia, e quella più giovane è nata nella mia città. Indovini frammenti di vita, intuisci barlumi di storie… l’amore di due persone che si incontrano, e una di loro per quello stesso amore lascia la sua terra (“lei” nata qui, “lui” nato lontano, o viceversa); oppure la persona che è rimasta single e vive ancora con la mamma o il papà nonostante non sia più giovanissima; oppure la famiglia con due figli, di cui uno è iscritto all’anagrafe degli italiani residenti all’estero e l’altro è ancora nel nido.

E davanti a tutte queste microstorie ti rendi conto dell’infinito rispetto che circonda la sacralità e il mistero di ogni esistenza umana; la “storia” che lega i fatti della nostra vita, i nostri incontri e le nostre scelte, e che da un’accozzaglia di casualità slegate tesse e ricama una vicenda provvidenziale.
E poi le vedi in carne ed ossa, queste persone. Tante di loro sono anziane, alcune davvero tanto anziane. Un elettore è venuto a votare portandosi in spalla lo zainetto con la bombola d’ossigeno; un altro, senza fiato, ha dovuto sedersi perché aveva lasciato a casa il suo, di ossigeno.
Tanti che sono venuti a votare nonostante gravi fragilità fisiche, età molto avanzate, fatiche notevoli.
E ti accorgi, guardandoli negli occhi, che la nostra società è ancora, comunque, molto sana; che le persone “normali” sono nella maggioranza persone buone, oneste, serie e semplici, pur nelle loro diversità. Capisci il valore delle piccolissime cellule per costruire l’edificio della società. Quando le persone sono buone e oneste, quando le famiglie funzionano, quando permane quel senso del piccolo, apparentemente trascurabile, umile dovere di recarsi alle urne, c’è ancora speranza.

Finché i seggi si chiudono, e si aprono le urne. E, lo confesso, quando ho visto tutte quelle schede piegate che attendevano di essere aperte e scrutinate, mi sono emozionata. Perché mi è sembrata una sorta di “sacralità civile”, quella che ci attendeva; un impegno di fiducia che ci era stato affidato, con tante persone che hanno espresso i loro valori, la loro fede politica, o anche solo le loro “speranze” politiche (molti si sono detti scoraggiati e delusi, pur avendo voluto comunque votare), e con quell’ulteriore frammento di vita incastonato in un pezzo di carta piegato.
Nonostante tutto, la democrazia è una grande cosa; è un dono ed una responsabilità che abbiamo ricevuto, e che dobbiamo portare avanti. Ed anche se era molto triste vedere molti più anziani che giovani, alle urne, è compito di tutti noi trasmettere non solo la (comprensibile) sfiducia verso la classe politica, ma anche il senso dell’importanza di svolgere il proprio piccolo, semplice dovere.
Una scheda, su milioni di elettori, è un’entità “trascurabile”. Ma è facendo il proprio dovere di votare che quella scheda, insieme con tutte le altre, diventa democrazia. Un mattone serve a poco. Ma è dall’unione di tanti mattoni che viene su il grattacielo.


MATTEO SALVINI

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Ai nostri politici auguro di avere sempre presente le microstorie che rappresentano, l’importanza del loro compito, la responsabilità loro affidata; e di svolgerlo al meglio delle loro capacità, con onestà, trasparenza, e con un senso del dovere pari a quello dell’anziano con l’ossigeno che è venuto a dar loro la propria fiducia.

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE PUBBLICATO DA CHIARA BERTOGLIO

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