Luoghi demoniaci e malocchio infestano, secondo la tradizione, numerose comunità di questa isola
Terra di misteri, riti ancestrali, antiche credenze e un timore molto accentuato nei confronti degli spiriti maligni. Stiamo parlando della Sardegna tratteggiata da don Marcello Stanzione e Neria De Giovanni in “Angeli e spiriti maligni in Sardegna” (edizioni Nemapress).
I due autori nel libro analizzano in modo particolare il rapporto tra le comunità sarde e il diavolo. Un rapporto davvero tra i più singolari in Italia, ricco di aneddoti e leggende che si tramandano da secoli, e che ormai sono ben ancorate alla cultura locale.
In Sardegna al diavolo spesso si trovano tanti nomi che variano da paese a paese: Berzebbubbu, Coa de Fogu, Coeddu, Correddu, Limbeddu, Luciferre, Lutzibelle, Garroatore, ecc.
Lo chiamavano “Il Nemico”, per esempio: Su Nemigu, S’ Aremigu. Oppure Coixedda, quello col ‘codino’. Il diavolo ha infatti la coda così piccola, da porco, che quando appare riesce anche a nasconderla, per non farsi riconoscere, e così, tentare meglio al male.
La coda
Nella tradizione popolare sarda il diavolo prende svariate forme, ma non riuscirà mai a far sparire la sua coda di porco e le sue zampe d’asino. La coda la può anche nascondere sotto le vesti, ma non riuscirà a camuffare le sue zampe d’asino, pertanto è ai piedi che bisogna badare quando si sospetta una sua visita.
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Appellativi generici
La Tentazione, questo è un altro dei nomi sardi del Maligno. Ogni sardo sardofono, qualsiasi variante della lingua sarda parli, compreso catalano e anche carlofortino, può enumerare almeno dieci forme per nominare il diavolo, o meglio per non nominarlo. Infatti per evitare il rischio di evocarlo inavvertitamente, la gente non pronuncia quasi mai il suo nome, preferendo indicarlo con perifrasi o appellativi generici: Foras de nos (Via da noi), Paris suos (Suo pari), Su Putincu (Il Fetente).
Luoghi demoniaci
La sua comparsa è considerata sempre indice di gravi sventure. In Sardegna vi sono numerosissime luoghi in cui, secondo le credenze popolari, i diavoli avrebbero la loro dimora terrena. Si tratta solitamente di zone selvagge o irte di pericoli, come dirupi, voragini o alture inaccessibili.
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La Barbagia
Ma di tutte le dimore dei diavoli, la più suggestiva è forse quella del monte Sant’Andria, in Barbagia, dove sorge addirittura un intero paese. Si, racconta, infatti, che in seguito a una rivolta avvenuta nell’inferno, S’Ora mala, uno dei demoni più temuti, venne cacciato via sulla Terra. Dopo un lungo girovagare il diavolo giunse in Barbagia e si stabilì sul monte Sant’Andria. Molto più tardi, un gruppo di pastori, per sfuggire alla malaria, si rifugiò su quella stessa cima, fondandovi un paese.
Nacque così Orune, spazzato dai venti e avvolto nelle cupe ali di S’Ora Mala, di cui subirebbe la nefasta influenza. Ancora oggi, quando soffia su bentu de tres dies (il vento dei tre giorni) ritenuto annunciatore di disgrazie, a Orune la gente dice: “S’Ora mala est a giru” (S’Ora Mala è in circolazione).
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S’oghiadori
Come il diavolo, anche l’influenza degli spiriti maligni è molto avvertita in Sardegna.
Il malocchio costituisce una minaccia costante per tutta la comunità, chi ne resta colpito può ammalarsi gravemente o addirittura morire. Può essere causato da persone di entrambi i sessi, e trae origine dal desiderio, dall’ammirazione, dall’invidia, indipendentemente dalla volontà specifica de s’oghiadori, il portatore di malocchio.
Le più comuni espressioni di ammirazione verso persone, bambini, piante possono causare gravi danni se i destinatari non si proteggono con amuleti o procedure specifiche. Gli oghiadoris sono individui che si sa con certezza esercitano il malocchio con più frequenza e più efficacia rispetto a qualunque altra persona normale. Appartengono di norma ad un unico ceppo familiare nella comunità, e trasmettono ininterrottamente tale potere di padre in figlio per generazioni.
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La prevenzione
Vengono colpite più facilmente dal malocchio le persone di “sangui dibili” – di sangue debole e i bambini; per questi ultimi la prevenzione può avvenire mettendo qualche indumento a rovescio, nascondendo tra le fasce qualche foglia di prezzemolo, legandogli un nastrino verde al polso o mettendogli al collo una catenina con un cornetto di corallo o il pinnadeddu, pietra nera detta anche sabbreggia, o il corru de crebu obbrebau, pezzetto di corno di cervo trattato con formule magiche.
La terapia popolare
La terapia popolare contro il malocchio comprende l’uso di “brebus”, parole magiche o preghiere, di acqua benedetta e di segni della croce, cui alcuni guaritori aggiungono sale, grano, olio o altre sostanze. Il rito terapeutico può essere praticato anche a distanza, a seguito di richiesta telefonica o per interessamento di parenti.
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