Si è lanciato contro i coetanei che hanno fatto irruzione con la pistola, permettendo ai compagni di sfuggire. Sui due attentatori molte ombre: disturbi mentali legati all’orientamento sessuale e riferimenti satanici non troppo velati. Un’altra sparatoria in una scuola americana, precisamente la 115a sparatoria di massa negli USA dall’inizio dell’anno secondo il Gun Violence Archive: è accaduto nella scuola privata Stem School di Highland Ranch, vicino a Denver in Colorado e a pochi chilometri dalla tristemente famosa Columbine High School, dove accadde la strage del 1999. La STEM School è un’istituto che ospita più di 1800 ragazzi tra i 3 e i 18 anni. Martedì scorso due studenti di 18 e 16 anni hanno fatto irruzione armati in un’aula, sono stati bloccati da altri tre studenti uno dei quali, il 18enne Kendrick Castillo, è morto per difendere i compagni. Altri 8 ragazzi sono stati feriti, ma non sono in pericolo di vita.
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Quasi sicuramente, la prontezza di Kendrick nel reagire contro i coetanei armati ha permesso che il bilancio di questa tragedia non fosse peggiore. Il compagno di classe Brendan Bialy, che ha reagito insieme a Kendrick, sintetizza l’evento di cui è stato testimone e protagonista con uno sguardo che lascia attoniti:
Quel che ho visto ieri è stato il meglio assoluto delle persone. Ho visto due eroi, due comuni studenti delle superiori, due persone meravigliose reagire senza esitazione. Qualcuno è entrato nell’edificio con un intento incredibilmente malvagio e con assoluta codardia, usando la sorpresa e la superiorità data dalle armi, e hanno comunque perso. Si sono completamente arresi alle persone buone. (da Newstalk)
Il bene e il male, in fondo l’occhio nudo che ha temuto la morte vede le cose con estrema chiarezza. E il sacrificio di Kendrick è senz’altro l’inquadratura giusta per osservare questa storia per intero, anche nelle molte ombre che presenta.
Gli attentatori
Chi sono i responsabili della strage? Quali le motivazioni? Rispondere a queste domande non è ancora possibile con chiarezza, anche se certi elementi preoccupanti stanno emergendo al di là di ogni ragionevole dubbio. I due ragazzi arrestati per la sparatoria sono il 18enne Devon Erickson e la 16enne Maya McKinney, che però si fa chiamare Alec. Partiamo proprio da lei, che è la persona la cui identità è rimasta più nascosta e a ragion veduta, vista la minore età. Queste le dichiarazione delle forze dell’ordine:
Mercoledì mattina presto lo sceriffo della contea di Douglas, Tony Spurlock, ha parlato coi media del secondo sospettato: “All’inizio credevamo di avere in custodia un ragazzo, ma dagli interrogatori di ieri è emerso che è una ragazza, ed è la seconda sospettata”. Quando McKinney è apparsa in tribunale, il suo avvocato ha dichiarato che preferiva ci si rivolgesse a lei con il pronome “egli”. (Denver CBS)
Maya è transgender e preferisce essere chiamata Alec, lo confermano i suoi amici (fonte Daily mail), insieme all’evidenza che avesse problemi mentali legati a questa sua condizione. Questo tormento interiore viene già interpretato alla luce di una possibile attenuante della pena: la sofferenza di McKinney sarebbe legata alla discriminazione riservata ai transgender e all’assenza di supporto.
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Anche l’altro attentatore aveva un percorso di identità sessuale difficile, lo evidenzia la sua trasformazione fisica nel tempo.
Devon Erickson è un 18enne con un disagio forte (durante l’intera udienza davanti al giudice ha tenuto la testa bassa, segno inequivocabile di chi vuole sottrarsi a un rapporto che coinvolge il volto). Il suo innegabile disagio sessuale è confluito in un serbatoio esplosivo di odio. La sua pagina Facebook è stata oscurata, ma testate attendibili hanno trattenuto il contenuto sconvolgente di un suo post:
“Sapete chi odio? Odio tutti i Cristiani che odiano i gay, infatti nella Bibbia, dice il Deuteronomio 17, 12-13, se qualcuno non fa ciò che i preti ordinano, possono essere uccisi”(da New York Post)
Alec non lo ha fatto perché è transgender, ma se avesse avuto un supporto adeguato e che meritava, non avrebbe patito così tanto da arrivare al limite. Hanno fatto una cosa orribile, ma per favore dategli le attenuanti mentali. Supportare la gioventù LGBT è importante. (Ibid)
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Chi nutre la spirale dell’odio? Chi semina nel cuore di giovani più fragili lo sguardo della violenza? È ormai immaturo limitarsi a dire che è colpa della propaganda omofoba il tracimare in violenza di episodi come questo. Non è nascosto a nessuno il volto aggressivo di certa propaganda LGBT; il mondo arcobaleno non si può sottrarre a un’autocritica. L’indice puntato solo verso gli altri non tiene più. Occorre uscire dagli stereotipi ed entrare nel merito. Chiediamoci a cosa porta l’eccesso della strumentazione ideologica rispetto a chi, giovanissimo, vive sulla propria pelle l’omosessualità o la disforia di genere. Questi due ragazzi sembrano aver trasformato le loro ferite in una battaglia senza esclusioni di colpi. L’odio a cui sono diventati devoti è da cercare anche tra chi li ha spinti a guardare come nemici coloro che hanno una voce diversa dal love is love sulla sessualità.
Il sorriso di Kendrick
È un eroe, lo capisco da ciò che ha fatto. I suoi compagni sono vivi e ne ringrazio Dio. Lo amo. E lui quindi è un eroe e lo sarà per sempre. Amava le altre persone in questo modo, tanto. (da CNN)
È un eroe che non avrebbe dovuto esserlo, ha specificato il compagno Brendan Bialy che ha reagito insieme a Kendrick contro i ragazzi armati. In una mattina qualunque, e di fronte a un’irruzione improvvisa, il suo istinto lo ha portato non a scappare, ma a fronteggiare le pistole col suo corpo e permettere agli amici di mettersi in salvo. Questo ha significato perdere la vita, e forse non lo aveva messo in conto. Kendrick era membro del team scolastico di robotica, ma si è dimostrato assolutamente umano: non si è lanciato per un ordine meccanico, nessun pulsante sul suo corpo, ma probabilmente un istinto nutrito di un’esperienza di vita segnata da un’idea di amore completa. È stato un gesto cristiano autentico, fondato sulla forza di creare rapporti di bene. Il separare, invece, è la firma del diavolo. Il sacrificio ha una portata ancora più coraggiosa, quella di spingersi a cuore spalancato anche verso il nemico: a chi lo ha ucciso arriva un messaggio chiarissimo, e speriamo che nel tempo sorga la domanda “posso anche io vivere come vivevi tu?”.
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E vedo un ragazzo che ha dato la vita, e ne vedo un altro che pare già morto. E solo alla misura di Dio chiedo di sbrogliare la matassa, cioé di far sì che il bene di Kendrick dia frutto quaggiù, in mezzo alla disperazione che incombe sempre più spettrale, tra i ragazzi che potrebbero essere figli nostri.