Ha scelto di vivere nel segno della legalità e della pace, sbattendo la porta in faccia alla criminalità. Per questo è sceso in piazza con uno stendardo e un messaggio per tutti
Si è dissociato pubblicamente dalle scelte del padre, considerato elemento di spicco di un clan malavitoso, e non esita a gridare in piazza «la camorra fa schifo». C’era anche Antonio Piccirillo, 23 anni, tra le centinaia di manifestanti al sit-in per la legalità indetto a Napoli nel luogo dove venerdì è stata ferita per errore la piccola Noemi.
Una profonda sofferenza interiore
Antonio sorride, regge uno striscione eloquente (“La camorra è una montagna di merda”), si rivolge a chi come lui vive sotto l’ipoteca di storie familiari difficili: «Chi fa soffrire i propri figli condannandoli a una vita di sofferenze non serve a niente, nemmeno come genitore. Io voglio una vita degna di questo nome, alla luce del sole, per me e per i miei figli. A testa alta» (Il Fatto Quotidiano, 5 maggio).
Antonio è figlio di Rosario, oggi in carcere, considerato il capo del clan Piccirillo, molto influente nella zona della Torretta e di Chiaia, la cosiddetta “Napoli bene”. I guadagni illeciti che gestisce il clan sono legati al traffico di sostanze stupefacenti, che nei weekend inondano le zone della movida, tra cui quella della “Napoli bene”, a quattro passi dal lungomare Caracciolo e Piazza Plebiscito.
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L’arresto del padre
Va detto che il clan Piccirillo non c’entra nulla con le tensioni che hanno causato il ferimento di Noemi durante un agguato ai danni di un pregiudicato: quelle fibrillazioni riguardano i clan della periferia est della città e, per la prima volta, hanno interessato una zona più centrale come Piazza Nazionale, nel quartiere Vasto.
La scelta di Antonio, dunque, ha radici lontane. Il padre, arrestato nel 2009, dopo un blitz e la prosecuzione di una linea criminale a conduzione familiare, le tavole rotonde con gli esponenti di storiche famiglie malavitose della sua zona, hanno fatto sì che il giovane rampollo prendesse le distanze da questo mondo oscuro, e il suo futuro fosse nel segno della legalità. Da qui la presenza alla manifestazione “Dis..ArMIAMO Napoli”.
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Quella di Antonio è anche una scelta frutto di una consapevolezza che a Napoli sta crescendo negli ultimi anni: ovvero le nuove generazioni scendono in piazza, in massa, e prendono posizioni sempre più nette contro la camorra, rifiutando l’associazione Napoli-criminalità e orientando il loro futuro in modo diverso. Basti pensare, in ultimo, ai 30mila giovani e giovanissimi che hanno sfilato due mesi fa nel rione Ponticelli.
Un percorso, quello intrapreso dal figlio del boss e dalle nuove generazioni anti-camorra che fa ben sperare per il futuro di Napoli. Quella stessa consapevolezza che manca in diverse grandi città, dove il fenomeno malavitoso è altrettanto grave ma tende ad essere ancora sottovalutato: basti pensare alle sparatorie a sfondo criminale (e con feriti) che tra febbraio e aprile hanno scosso centro e periferie di Roma, Torino, Milano. Spesso ignorate o non tenute nella giusta considerazione dall’opinione pubblica e dai media.
Ecco: Napoli, Antonio e le sue “energie pulite” sono un “laboratorio” al quale queste realtà, tutt’altro che vergini, dovrebbero attingere per prevenire scenari ben più drammatici.
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