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Omicidio-suicidio dei genitori, la figlia di 4 anni salva il fratello di 3 mesi

SISTER, BROTHER, HUG
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Annalisa Teggi - pubblicato il 30/04/19
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È accaduto in California: lei ha tenuto in vita il fratello neonato per diversi giorni in casa, dopo che suo padre ha sparato alla madre e poi si è ucciso.I contorni della vicenda restano sfumati, incerto il dipanarsi degli eventi. Il condizionale è d’obbligo su molti dettagli, ma le poche certezze di questa storia la rendono una tragedia bruttissima. Che non accade ai confini del mondo, ma in un tranquillo quartiere di provincia. Che non coinvolge terroristi o bande armate, ma una famiglia: padre, madre e due figli.


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Soli in casa

Qualcosa di ignoto e terribile è accaduto tra le pareti domestiche della famiglia Parsa in un imprecisato giorno delle scorse settimane, a Chatsworth in California, un distretto di Los Angeles. Di certo il signor David Kooros Parsa ha ucciso la moglie Mihoko Koike con un colpo di pistola e poi si è ucciso. In casa sono rimasti illesi da questa violenza i loro due figli, di 4 anni e 3 mesi. Per un tempo indeterminato, la polizia suppone qualche giorno, i bambini sono rimasti soli a tu per tu con l’orribile vista dei cadaveri e nessun aiuto, e sono sopravvissuti.


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Nei giorni successivi le preoccupazioni dei parenti hanno sollecitato l’intervento della polizia, che però ha potuto ispezionare la villetta della famiglia solo da fuori. Non trovando nulla di anomalo, i poliziotti hanno lasciato il luogo senza ulteriori indagini. A quel punto, un amico di famiglia ha chiesto l’intervento di un fabbro e, forzando la serratura, è entrato nella casa insieme ad alcuni vicini: ha trovato i due bambini in pessime condizioni, ma vivi, e i cadaveri dei genitori. La sorella maggiore, di soli 4 anni, è riuscita in qualche modo a tenere in vita il fratellino di pochi mesi. Il capitano della Polizia Maureen Ryan non ha stentato a chiamarla eroe durante la conferenza stampa:

Questo piccolo angelo è riuscito a tenere in vita se stessa e il fratello. Che il neonato sia rimasto vivo è un miracolo, e lei è un eroe, un vero eroe. (da Fox News)

Tranquilla, lo sguardo vuoto

Fa impressione la testimonianza di Olivia Robinson, la vicina che col marito è entrata a casa dei Parsa scoprendo la tragedia. Descrive la bambina come traumatizzata e bloccata:

Era ovviamente in pessime condizioni, immersa in un fortissimo odore di pipì. E il suo sguardo era vuoto. Era molto, molto tranquilla. (da People)

La paralisi di una calma quasi mortale è un segno estremamente grave quando si subisce un trauma. Sfogarsi con strilli e pianti è già una reazione attiva, e dunque positiva, ma lo sguardo vuoto della bambina lascia presagire una ferita profonda e sigillata. A 4 anni ci si rende conto molto bene di ciò che accade, ma la percezione del tempo non è ancora come quella di un adulto; possiamo dunque solo intuire quanto le sia sembrata infinita la solitudine in quella casa, smarrendosi nell’incomprensione della morte violenta dei propri genitori.


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Ci sono due orfani a cui occorre molto aiuto ora, perché non hanno solo bisogno di ricostruire un legame affettivo con qualcuno che si prenda cura di loro. La sorella maggiore, che è ancora piccolissima, avrà bisogno di essere assistita con grande premura, perché molte ombre busseranno alla porta della sua testa. Che nome dare a questo passato che le resterà incollato addosso?

Eppure in una situazione così infernale, il suo istinto l’ha guidata a prendersi cura del fratello. Quando Calvino suggeriva di cercare dentro gli inferni umani qualcosa «che inferno non è» forse c’indicava una zona franca dentro di noi, un salvagente che spunta fuori nel momento di massimo buio e non è un ragionamento, non è neppure un sentimento. Proprio l’istinto di cercare qualcosa che non è inferno, è un’impronta intima che si attiva quando siamo nudi di fronte al bisogno.

HANDS, BROTHER, SISTER

Sarahbean | Shutterstock

Quello che ha mosso una bambina così piccola ad accudire il fratello in mezzo alla paura che si portava addosso non può essere stato frutto di un pensiero o di una strategia; è una reazione che dobbiamo indicare come visceralmente umana. Forse ciò che si è manifestato come cura è tutt’uno con l’istinto di sopravvivenza, e sopravvivenza è tutt’uno con il non voler essere soli nel momento di massima difficoltà.

Per motivi a noi ignoti, l’ultimo gesto di un padre è stato di violenza inaudita. Ma l’ultima parola di questa famiglia ferita a morte ce l’ha avuta la figlia, ed è stata un tentativo di amore.

Scassinatori della porta accanto

Molti dubbi e molte domande restano aperti riguardo a questa storia. Quanto sono rimasti soli i figli? Nessuno ha sentito gli spari? Nessun parente visitava quotidianamente quella casa? Che ne sarà dei piccoli adesso?


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Altri elementi ci ricordano la trama di tragedie divenute notizie quasi quotidiane nella cronaca nera: delitti in famiglia, e l’espressione omicidio-suicidio che ci è diventata ormai familiare, non è terribile? Il logoramento degli affetti, i litigi, i tradimenti provocano esplosioni micidiali proprio nei nostri quartieri, nel pianerottolo, alla porta accanto. La domesticità: il posto che si vorrebbe più noioso e scontato diventa teatro di violenze efferate. Questo dato triste, ma reale, continua a suggerirci qualcosa che può essere guardato dal lato positivo. Resta la famiglia il centro nevralgico e pulsante del mondo. Ci fanno guardare altrove, lontano, per mostrare cose clamorose, ma è solo un depistaggio. Il vulcano attivo è a un passo.

COLORED, HOUSES, NEIGHBORS

SvetlanaSF | Shutterstock

È  difficile guardare le altre persone, comuni e normali che ci stanno a fianco, con la consapevolezza del grande compito e della grande fatica che ciascuno si porta addosso, semplicemente stando dov’è e facendo i conti con i propri cari. Dietro la porta accanto si consumano imprese eroiche. Si fa fatica a tenere, metaforicamente, aperte le finestre di casa propria e condividere i profili meno presentabili che abbiamo a disposizione. Ci si chiude a chiave nei propri drammi e non se ne esce.


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L’unico sprazzo di luce in questa storia che viene dalla California è l’irruenza dei vicini che hanno scassinato la serratura per entrare in casa. Certo, sono arrivati tardi per salvare i genitori, ma hanno salvato i figli. La polizia stessa, seguendo il regolamento, si era limitata a una supervisione esterna. Sappiamo che talvolta gli amici sono benedetti proprio perché infrangono le regole. Sappiamo che certi vicini di casa sono impiccioni e metteno il becco nelle nostre faccende intime. Li sentiamo in mezzo, più che accanto. Eppure c’è una specie di intrusione che è benvenuta ed è fatta della premura di tenerci reciprocamente d’occhio non per fare gossip ma per disinnescare la logica dell’isolamento; perché l’io sa costruirsi trappole mortali da cui può solo essere tirato fuori, da un bravo scassinatore.