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Famiglia web-dipendente: da 2 anni incollati al pc, non uscivano più di casa

MAN DEPRESSED WEB ADDICTED

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Annalisa Teggi - pubblicato il 22/01/19

Padre, madre, figlio chiusi in casa da due anni, sempre davanti allo schermo, connessi a internet erano quasi immobilizzati. Accade in Puglia, è la foto estrema di un veleno diffuso: la famiglia è una scintilla che si spegne. Come custodirne la fiammella? Chesterton ha un'idea ...
Da due anni e mezzo una famiglia pugliese viveva chiusa in casa davanti al computer. Padre, madre e figlio 15enne non uscivano da due anni e mezzo e sopravvivevano, in pessime condizioni igieniche, solo grazie a merendine, biscotti e caramelle comprati dalla figlia di 9 anni, l’unica a lasciare ancora l’abitazione per andare a scuola. Il ragazzo aveva piaghe ai piedi, ormai infette, e non poteva più camminare. (da Corriere)

Leggere ieri questa notizia mi ha bloccata, pietrificata. Per quanto quasi incredibile, non ho stentato a credere fosse possibile. Un tempo il nemico circondava la città dall’esterno e la costringeva a subire un assedio. Oggi non ci sono muri visibili a ingabbiarci e neppure trincee nemiche oltre l’uscio di casa; il virus mortifero viene da dentro.


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Siamo gli uomini impagliati

Abbiamo un sacco di strumenti che ci chiudono nel nostro guscio, connettendoci con tutto. Nuove specie di sbarre. Capaci di creare prigioni attorno a ogni essere umano non solo per strada, ma anche tra persone che condividono la stessa casa. Qualche tempo fa è accaduto un episodio risibile in sé che però mi ha procurato un sottile fastidio: ho ordinato la pizza d’asporto per tutta la famiglia con un’app. Qualche minuto dopo l’ordinazione, il pizzaiolo mi ha telefonato per dirmi che l’impasto integrale che avevamo scelto non era disponibile.

Aveva una voce molto garbata e mi dava del tu. Io quella voce me la sarei persa, se non ci fossero stati problemi con l’impasto integrale.


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Quanto è comodo ordinare con il pigiama indosso, senza fare coda, senza dover uscire di casa, senza usare la voce ma solo i tasti telefono. Eppure mi ha ferito pensare che quella voce me l’ero persa; e non sto denigrando le app … sto dicendo che è pure fatica stare in mezzo alla gente che fa la fila alla pizzeria d’asporto. Anche sopportare i familiari è dura, spesso e volentieri.

IPHONES,FAMILY
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Ma l’allucinante fatto di cronaca che arriva dal Salento ci mette in mano la fotografia di cosa accade quando i rapporti umani – quel guazzabuglio di miserie, rabbie e gioia che ci circonda – spariscono: siamo gli uomini impagliati, la testa piena di paglia – scrisse T. S. Eliot. E se lui usava una metafora, la metafora si è fatta carne. Qui si parla di una famiglia che ha smesso di avere cura del proprio corpo, diventata immobile fino a perdere capacità di deambulazione. E, con mia immensa gratitudine verso il pizzaiolo, noto che il primo segnale allarmante nella famiglia salentina è legato alla convivialità:

Hanno iniziato con il non riunirsi insieme attorno ad un tavolo per consumare il pranzo: ognuno ha cominciato a portare i viveri davanti allo schermo, poi hanno gradatamente dilatato il tempo notturno di permanenza al computer per essere ossessivamente, sistematicamente on-line, sino a perdere ogni equilibrio, ogni sana relazione e la salute. (da La Gazzetta del Mezzogiorno)

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Unico collante con il mondo reale è stata la figlia piccola di questo nucleo domestico anestetizzato, atrofizzato: “costretta” dall’obbligo scolastico a recarsi ogni mattina in classe, alla bambina era delegata la responsabilità della spesa. Il sostentamento minimo e indispensabile era garantito da una piccola pensione di invalidità del padre. Il dato ulteriormente amaro è l’età dei componenti: mamma e papà sono poco più che quarantenni. Leggendo la loro storia me li immaginavo vecchi, invece sono giovanissimi.

Ma torno alla bambina, perché è lei il filo sottile a cui aggrapparsi. Forse il caso del Salento è solo una storia estrema, ma parla di altre situazioni vicine e frequenti: la famiglia è una scintilla che si spegne.


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Tra le mura domestiche accadono mille forme di suicidi senza morti clamorose, progetti di vita che naufragano nell’indifferenza reciproca, destini personali che collidono ferendosi a vicenda e poi allontanandosi senza via di ritorno. Ed è un’ecatombe per la cosa pubblica.

Una fotografia in bianco e nero, nient’affatto sbiadita

Furono i monasteri a ricostruire la nostra terra dopo le invasioni barbariche, lo sappiamo. Piccole cellule di vita, circondate da mura e piene di cultura, spirito, cibo. Fuori le rovine, dentro un seme di vita nuova.

In tanti ci hanno ricordato che quello che un tempo spettò ai monaci oggi tocca alla famiglia, piccolo monastero in un condominio sociale di uomini smarriti, inariditi, preda del nulla. Il piccolo regno domestico è un castello sotto assedio che deve tenere un ponte levatoio aperto verso il mondo.




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Non ci si deve chiudere, ma piuttosto appostarsi per poi tuffarsi fuori. Quella piccola bambina che va a scuola è l’ultimo barlume di umana speranza della sua famiglia; ma non è bastata. Perché una fiammella, per quanto accesa da un fuoco vero, va custodita e alimentata per crescere.

Così accade all’ideale cristiano di famiglia, antico quanto il mondo, vituperato e deriso come non mai; sotto assedio anche. E’ una fotografia in bianco e nero, ma non è sbiadita. Il ritratto migliore che ne ho trovato è stato messo per iscritto da G. K. Chesterton:

Gli scrittori moderni che hanno asserito, più o meno apertamente, che la famiglia è una cattiva istituzione, in generale si sono limitati ad asserire con grande precisione, amarezza o pathos, che forse la famiglia non è sempre molto congeniale ai suoi membri. Naturalmente, la famiglia è una buona istituzione perché non è affatto congeniale ai suoi membri. E’ sana precisamente perché contiene così tante divergenze e diversità. Come dicono i sentimentali, è un piccolo regno e, come quasi tutti i piccoli regni, in generale è una condizione che ricorda l’anarchia. E’ proprio perché nostro fratello George non è interessato ai nostri problemi religiosi, ma al Trocadero Restaurant, che la famiglia ha alcune delle caratteristiche tonificanti della comunità. E’ proprio perché nostro zio Henry non approva le ambizioni teatrali di nostra sorella Sarah che la famiglia è come l’umanità. Gli uomini e le donne che, per buone e cattive ragioni, si ribellano contro la famiglia, si stanno semplicemente ribellando, per buone e cattive ragioni, contro il genere umano. La zia Elizabeth è irragionevole, come il genere umano. Papà è eccitabile, come il genere umano. Il nostro fratello minore è maligno, come il genere umano. Il nonno è stupido, come il mondo; è vecchio, come il mondo. (da Eretici)

In questi rapporti vivi e sconclusionati, feriti e burrascosi, c’è il filo che lega al mondo intero, ed è anche il cordone ombelicale che può nutrire il mondo per salvarlo dall’inedia, dalla disperazione.


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Essere un piccolo regno non significa isolarsi, ma portare il peso del mondo intero su piccola scala e saperne curare le ferite con una proposta di vita che abbia una parola di misericordia sui nostri grandi limiti.

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