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È una casa sull’albero, il progetto di Renzo Piano per l’Hospice Pediatrico di Bologna

RENZO PIANO, HOSPICE, BOLOGNA
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Annalisa Teggi - pubblicato il 19/04/19
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Posata la prima pietra, sorgerà accanto al Bellaria: immerso in un bosco e sopraelevato, l’Hospice accoglierà 14 bambini e le loro famiglie. Un luogo in cui il dolore vissuto può essere alleviato e accompagnato al cielo.A due giorni dall’incendio disastroso di Notre Dame Renzo Piano era a Bologna a posare la prima pietra di un ospedale; accadeva ieri. Deve essergli sembrato un gesto non solo formale, lui stesso ha connesso i due eventi; agli occhi di un architetto (ma Piano è un archistar, così si chiamano le eccellenze mondiali nel suo ambito) la distruzione di una cattedrale e la costruzione di un ospedale hanno in comune il limite, il limite di ogni costruzione umana e della vita stessa.


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Non è un ospedale comune quello che è stato chiesto di progettare all’archistar e al suo team, si tratta di un Hospice pediatrico che sorgerà accanto al Bellaria:

L’Hospice, uno dei pochi in Italia e l’unico in Emilia Romagna, sarà un centro di riferimento regionale per l’erogazione dei servizi di cure palliative pediatriche: 14 camere per i piccoli pazienti affetti da gravi malattie, stanze con oblò sopra il letto, “per far vedere il cielo”, e pareti che sono vetrate che affacciano sul verde, spiega nei dettagli l’architetto Stefano Russo. Insomma, una casa sospesa tra gli alberi come il sogno di ogni bambino. Un progetto da oltre 20 milioni di euro, interamente finanziato dalla fondazione Seragnoli, che prevede anche alloggi per le famiglie, ambulatori e spazi per le terapie. (da Repubblica)

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È un pensiero da cui la mente si ritrae, la malattia incurabile dei bambini e poi l’idea di accompagnarli alla morte. Pensare a un progetto medico e abitativo che ospiti famiglie provate dal dolore di perdere un figlio è quasi un paradosso. Legno, vetro e tutto il resto possono contenere e dare forma all’ipotesi di un abbraccio di compassione?


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Alleviare

L’intuizione di Renzo Piano parte da un’etimologia, non da fredde nozioni di ingegneria. Sul sito del suo studio di architettura si legge che l’intero progetto del Hospice pediatrico di Bologna nasce dalla parola “alleviare” la cui etilomogia la avvicina a “levitare”, essere sollevato.

Sollevare il peso del dolore. Essenzialmente è questo il motivo e il potere della pietas umana dentro un hospice: alleviare la sofferenza di chi ci abita. Vivere in mezzo agli alberi è strettamente collegato ai giochi e sogni dei bambini, le case sull’albero sono un’idea potente di libertà creativa in mezzo alla natura. (da RPBW)

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L’intera struttura sarà un complesso di più edifici sollevati da terra; l’idea dell’alleviare abbraccia la fantasia infantile della casa sull’albero. L’impressione che ne ho personalmente avuto, complice la mia devianza dantesca, è stata quella di un inizio di accompagnamento al cielo, simile a una scalata purgatoriale: il destino di tutte le piccole anime che passeranno di lì non è il basso, ma l’alto. Idelamente, i familiari compiono insieme al malato l’inizio di un’ascesa. Le camere dei bimbi avranno finestre sul soffitto per vedere il cielo, la meta. Ed è altrettanto vero e drammatico pensare a quanto sia fisicamente forte la parola “sospesi”, per chi resta.


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Nel sito della Fondazione Hospice MT Chiantore Seragnoli, che è il cuore pulsante di quest’impresa, è possibile confrontarsi con le molte testimonianze di chi è passato da un hospice per accompagnare alla morte un proprio caro. Sono parole che aiutano a guardare cose da cui istintivamente ci sottrarremmo, eppure non sono solo occasioni di dolore tragico. Scrive M. Losi:

Entrare all’Hospice ha voluto dire vivere un’altra dimensione: la “patologia” non è più stata al centro, ha ceduto il posto alla persona […]. La calma e la serenità che avvolgono pazienti e familiari offrono una dimensione di tempo disteso, ove si può trovar spazio per ogni cosa, ogni ansia trova le parole per essere detta e accettata[…].
Vi ringrazio per come lo avete reso felice nel farlo sentire ancora autonomo nel camminare […]
Vi ringrazio per la qualità delle cure: avete tenuto a bada la malattia e il dolore che lo devastavano e lo atterrivano.
Vi ringrazio per i sorrisi aperti, per gli abbracci e le strette di mano calorose.
Scalda il cuore e rende più lieve la vita sapere che c’è un posto dove uomini e donne speciali riescono a rendere la vita, a qualsiasi livello essa si palesi, degna di essere vissuta fino all’ultimo. (da Fondazione Hospice MT Chiantore Seragnoli)

Come tradurre questo bagaglio emotivo profondo e complesso in una struttura architettonica?



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Il progetto

Il 26 giugno 2017 l’architetto Renzo Piano ha presentato al pubblico il progetto dell’Hospice Pediatrico che verrà costruito in un’area adiacente all’Ospedale Bellaria; ieri la prima pietra è stata posata e l’opera dovrebbe essere ultimata nel 2021. La superficie totale di intervento è di dodicimila metri quadrati e ospiterà 14 bimbi per cure palliative, per malattie incurabili e rare; ci saranno aree di condivisione con cucine e sale studio, in futuro anche uno spazio di formazione sulle cure palliative.

Lo studio RPBW (Renzo Piano Building Workshop – NdR) ha sviluppato un progetto che coniuga l’approccio che ha sempre contraddistinto l’agire della Fondazione Hospice, ossia associare la funzionalità e l’alta qualità di servizio alla nobiltà della bellezza, con i tratti caratteristici dell’architetto: il suo coraggio per la modernità, la sua forza inventiva, il suo rispetto per la tradizione, la sua sensibilità per la sofferenza umana, la sua attenzione all’ecosostenibilità e all’impatto ambientale. L’edificio è stato progettato e pensato per rispondere a un bisogno finora insoddisfatto e con il fine di migliorare la qualità della vita di bambini e adolescenti e delle loro famiglie, assistendoli non solo con efficienza, ma con il rispetto del particolare umano, in un luogo dedicato e ideato per l’età evolutiva. (Fondazione Hospice MT Chiantore Seragnoli)

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Entrando più nel dettaglio, l’hospice avrà un corpo centrale a cui saranno collegati da corridoi sospesi altri padiglioni, che ospiteranno, da una parte gli appartamenti per le famiglie dei pazienti, e dall’altra luoghi di meditazione o preghiera e l’obitorio.


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Tutti i volumi si sviluppano al primo piano, cioé sollevati da terra, in modo che dalle finestre i bambini possano sentirsi all’altezza delle chiome degli alberi. Attorno, infatti sorgerà un grande bosco, e l’attenzione alle piante scelte è precisa: alberi autoctoni, sia sempreverdi che a foglia caduca. Gli aceri e le robinie, perdendo le foglie in inverno, lasciano infatti filtrare la luce del sole verso l’edificio e permettono al prato e al sottobosco di crescere; ci saranno 390 alberi e 5 mila piante di arbusti.

Al piano terra ci sarà solo la zona di accoglienza, nel piano interrato il parcheggio e il centro logistico. Il cuore, dunque, della struttura è l’edificio centrale al primo piano che si sviluppa attorno a un giardino interno. Alla trasparenza del vetro si alternerà l’opaco del legno, quasi un simbolo della nostra vista che vede e non vede un senso oltre dolore, la speranza dell’eterno che fa i conti col buio della mortalità. Come già detto,  sono previsti dei lucernari, oscurabili a comando, affinché anche chi è costretto a letto possa guardare il cielo.

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Pannelli fotovoltaici, geotermia e altri sistemi innovativi rendono questo ospedale un edificio altamente sostenibile.


DAVID BUGGI
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La casa sull’albero

Quando gioca, il bambino è il più serio e intelligente degli esseri viventi. Mette a fondamento ciò che l’adulto dimentica o giudica risibile. Renzo Piano ha guardato il sogno di molti bambini, avere una casa sull’albero, e l’ha tradotto in un progetto di assistenza e cura. Forse ha intuito che i bambini sanno sostenere il peso di cose tremende e terribili, non sono ingenuamente assorti tra le nuvole come vorrebbe lo stereotipo. O meglio, sanno tenere insieme le nuvole e la terra … proprio come un albero. Fare di un albero una casa è un’intuzione bella e drammatica, è la cosa più umana che esista, e se ne sta in un cantuccio della nostra anima infantile.


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Perché l’albero affonda le sue radici verso il basso, ma protende i rami al cielo. Cos’è l’uomo se non un terrestre che mira alle stelle? Un mortale con un seme d’immortalità, anche. Nessuno più di Chesterton me lo ha fatto capire, leggendo Il Napoleone di Nottong Hill. Nel momento supremo della propria morte il protagonista si ricorderà della sua audacia infantile nel giocare sugli alberi:

Come l’albero cade, così riposerà. Hanno detto che è una frase triste e cupa, ma è l’essenza di ogni gioia profonda. Io faccio in questo momento ciò che ho fatto in tutta la mia vita: la sola cosa che ci renda felici, la sola cosa che ci renda universali. Io mi attacco a qualcosa. Io faccio come fanno i veri saggi. Quando un bimbo va in giardino, s’impadronisce di un albero e dichiara: “Quest’albero sia tutta la mia proprietà”, allora quell’albero tocca l’inferno con le sue radici e le stelle con i suoi rami.

BOY, CLIMB, TREE

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In questo Venerdì Santo non si può non pensare che tutti gli alberi che abbracceranno i bambini del Hospice sono il Legno a cui anche Gesù fu inchiodato e da cui cominciò la storia della Resurrezione.