La risposta è in questo percorso storico, che parte dal Concilio di NizzaUna volta Vittorio Sgarbi alla mia affermazione che gli angeli erano presenti in quasi ogni pagina della Sacra Scrittura replicò che gli angeli erano presenti in quasi ogni sala di museo e se li avessimo tolti bisognava chiudere una buona parte dei musei d’arte. Alle obiezioni di coloro che erano contro la raffigurazione degli angeli avanzando la teologia della non-incarnazione degli angeli, i Padri del II concilio di Nizza (787) risposero che, sebbene incorporali, gli angeli possedevano un corpo “sottile” e “igneo” e che la loro rappresentazione era quindi legittima, allo stesso titolo di tutte le “sante immagini” di Dio, di Cristo, della Vergine e dei santi terrestri.
L’angelo allora si differenziò dalla antica Vittoria Alata e dai geni funebri del paganesimo. Egli è divenuto consueto nell’architettura e nei dipinti e sculture degli edifici religiosi.
L’attributo delle ali nelle rappresentazioni di angeli sembra essersi diffusa a partire dal IV secolo, tanto in Oriente che in Occidente. Quanto a questa rappresentazione sotto i tratti di un giovane uomo, a volte solo, a volte mentre conduce il suo piccolo protetto, essa è caratteristica del periodo moderno, ma non incompatibile con questa profusione di angeli che circondano la Vergine e il Cristo, putti dalle guance e dai glutei arrotondati che invadono le pale d’altare con nembi.
Leggi anche:
Come lottano gli angeli contro i demoni?
Molto influenzato dai gesuiti, il pittore Francisco Pacheco (1564-1644), che fu ispettore di quadri per l’Inquisizione, si risente di come alcuni pittori “li dipingono (gli angeli) con il viso e il corpo di una donna e non solamente con la testa ornata di ricci e di trecce ma anche con dei seni, ciò che è indegno per la loro perfezione” e consiglia vivamente di rappresentarli, al contrario, sotto forma di “giovani imberbi dai volti belli e piacevoli, dagli occhi vivi e brillanti”, concedendo che si “può anche far figurare degli angeli-bambini nudi: tra di essi alcuni che volano con decenza e onestà”. Nel secolo successivo, Honoré Lacombe de Prézel darà dei consigli analoghi nel suo Dizionario iconologico: “Gli artisti sono autorizzati dal secondo Concilio di Nizza a dipingere gli angeli, i Cherubini, i Serafini, ecc…, sotto forme umane. I primi sono comunemente rappresentati sotto le sembianze di giovani uomini di una bellezza singolare con delle grandi ali dispiegate dietro il dorso, per marcare l’impetuosità dei loro movimenti e la loro prontezza a eseguire gli ordini di Dio”. Fatto sta che queste raccomandazioni sono lontane dall’essere state strettamente applicate poiché l’iconografia del XIX secolo in particolare è ricca di esempi, alcuni imberbi e senza dubbio piacevoli da guardare, ma senza dubbio molto effeminati.
Leggi anche:
Cosa dice Gesù Cristo degli angeli?
A partire dal XVII secolo non è raro che l’angelo custode benefici di un altare proprio negli edifici religiosi, altare la cui erezione è spesso legata all’instaurazione di una confraternita. Allo stesso modo, quando il vescovo François d’Estaing instaurò la nuova festa nella sua diocesi all’inizio del XVI secolo non mancò di dedicare una cappella all’angelo custode nella cattedrale di Rodez. “Il pio prelato unì il culto dei santi Angeli all’altare di San Marziale, dove il vescovo solo poteva celebrare. Questo altare era situato vicino all’altare maggiore alla sinistra del celebrante; ed erano per questo detti contigui”, scrive Camille Belmon nella biografia che egli consacrò al prelato nel 1924. Di fatto, la programmazione gerarchizzata degli altari all’interno dei santuari è rivelatore di un certo numero di cambiamenti, in particolare dopo il Concilio di Trento: le devozioni valorizzate dalla Riforma Cattolica, come il Rosario, la Santa Famiglia e, per quel che ci riguarda, l’angelo custode, si appropriano dell’ “alto” del santuario mentre gli antichi santi terapeuti sono relegati al “basso”, vicino alla porta.
Così, quando le chiese dispongono di un altare all’angelo custode, esso è generalmente piazzato nella zona alta della navata. Il diritto canonico aveva definito l’altare come una tomba contenente le reliquie di un santo. Dunque ci sono ormai degli altari consacrati all’angelo custode, dedica che necessita di un’immagine che lo distingue dagli altri. Di fatto, il principale merito della rappresentazione iconografica dell’angelo custode è di proporre un’illustrazione specifica e stabile di questa figura tutelare che, laddove è presente, occupa un posto primario e soprattutto si distingue dalla moltitudine indifferenziata di angeli e di putti.
Leggi anche:
La visione degli Arcangeli e del Paradiso avuta dalla beata Emmerich
È più spesso l’arcangelo Raffaele che accompagna il giovane Tobia che serve da referente a questa iconografia dell’angelo custode. Ecco riassunto l’episodio vetero-testamentario di Tobia: Tobia, un uomo molto pio e colpito da cecità impone al suo figlio unico Tobia di cercare un compagno di viaggio al fine di andare a recuperare dell’argento che ha lasciato in deposito in Media. Tobia fa la conoscenza di un individuo che si presenta come un suo parente, ma che non è altro che l’arcangelo Raffaele che si propone di servire da guida al giovane uomo. In cammino, Tobia sposa Sara, sua cugina, ma questa unione suscita dei vivi timori poiché Sara è già stata spostata sette volte e, sette volte, gli sposi sono stati uccisi durante la notte di nozze da un demone chiamato Asmodeo. Sotto consiglio di Raffaele, Tobia utilizza le viscere di un pesce per sbarazzarsi del demone. Avendo compiuto la sua missione, egli può infine rientrare sano e salvo per compiere un ultimo prodigio: restituire la vista a suo padre con un rimedio preparato con del fiele di pesce, come gli ha raccomandato il fedele Raffaele.
L’arcangelo Raffaele prefigura così i ruoli dell’angelo custode personale, guida e protettore. Egli è spesso rappresentato munito di un pesce e, a immagine di questa figura in movimento che indica il cielo al bambino che egli tiene per mano, l’angelo custode non è solamente un angelo di consenso, ma ben rappresentativo di una intera devozione a parte. Pertanto, se l’arcangelo Raffaele e, perciò l’episodio di Tobia servono spesso da supporto iconografico all’angelo custode, essi non ne hanno il monopolio.
Sarebbe un viaggio delizioso cercare nei musei, nelle chiese soprattutto, le figure incantevoli degli angeli. Ma, per ammirabili che siano iconograficamente parlando tali rappresentazioni, in Paradiso, invece, dopo la nostra morte, gli angeli ci appariranno ornati d’una bellezza incomparabilmente superiore. Come li vedremo? E’ un mistero, ma è certo che godremo della loro amabilissima compagnia.
Leggi anche:
Gli angeli di cosa sono fatti? Si possono toccare?