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Audrey Hepburn: solo quando è diventata madre ha trovato se stessa

AUDREY, HEPBURN, CHILD
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Annalisa Teggi - pubblicato il 25/03/19
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“Perché in cucina come nella vita – racconta il figlio Luca Dotti – mia madre si era liberata a poco a poco di tutte le cose che non le appartenevano per conservare solo ciò che per lei contava davvero”.Elegante, bella, cortese. Con lei si sente la voglia di tirar fuori dal dizionario tutti quegli aggettivi semplici, garbati e insieme superlativi che è proprio difficile trovare. “Icona” è la corona che le attribuisce l’idolatria moderna e che, credo, lei avrebbe declinato con un sorriso o ridendo addirittura. «Ridere è il miglior modo di bruciare calorie» è una delle sue frasi celebri, e come si fa a non ritenerla una voce ancora opportuna da ascoltare anche se ci ha lasciato nel 1993?

AUDREY, HEPBURN, SEA

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Il nome Audrey Hepburn spunta in questi giorni tra i titoli dei giornali perché il suo secondo figlio Luca Dotti, avuto dal medico italiano Andrea Dotti, ha pubblicato per Mondadori un libro di foto e ricordi su sua madre; si intitola, con la semplicità cara alla genitrice, Audrey mia madre.


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L’idea nasce dal ritrovamento di un quaderno dove mamma Audrey trascriveva le ricette (possiamo immaginarla col grembiule e non solo con cappello e occhiali giganti davanti alla vetrina di Tiffany?). Ricorda il figlio Luca:

Molte descrivevano piatti complessi, imponenti e ambiziosi, che però non sono mai arrivati fino alla nostra tavola da pranzo. Perché in cucina come nella vita, mia madre si era liberata a poco a poco di tutte le cose che non le appartenevano per conservare solo ciò che per lei contava davvero. (da Marie Claire)

Ne esce il ritratto quotidiano di una donna semplice, autoironica, con scarsa autostima e che non aveva costruito tutto il suo spessore umano sulle fondamenta di Hollywood.

 Il suo più grande successo? La pasta al pomodoro

Voleva fare la ballerina, ammaliata dalla grazia di Margot Fontain. La Seconda Guerra Mondiale interruppe bruscamente i suoi sogni, portandole in dono molti incubi: la fame e la lontananza del padre, tra gli altri. L’esperienza traumatica della povertà estrema, il rapporto interrotto per 20 anni con la figura paterna hanno segnato la vita della Hepburn ben oltre il termine della guerra e tutto il successo raggiunto come diva del cinema non ha cancellato le ferite. Dietro le quinte, a tu per tu con se stessa, Audrey ha desiderato profondamente diventare madre ed è stata un’esperienza che le è costata altro dolore, insieme – poi – a una gioia immensa:

È riuscita a diventarlo due volte di Sean Ferrer e Luca Dotti e, purtroppo, condividendo gioia e dolori dovuti ad aborti spontanei. Si dice che il suo esile corpo fosse tormentato da una forma di anoressia causata dall’abbandono del padre, dalla guerra, dalla deportazione del fratello e dalla fame che aveva sofferto con la famiglia, in Olanda. Ma sul set del film Gli inesorabili il primo figlio di Mel Ferrer lo perse dopo una caduta da cavallo. Audrey Hepburn figli ne voleva molti. Ma sembrava che la diva di Colazione da Tiffany Vacanze romane fosse destinata a non realizzare mai il suo sogno. Ci è riuscita in parte, anche se a distanza di dieci anni l’uno dall’altro, Sean nel 1960, Luca nel 1970, e fu una delle madri più amorevoli di sempre.

Il rimpianto che Luca Dotti confessa è quello di non averla vista nei panni di nonna, anche se il suo impegno come ambasciatrice dell’Unicef a favore dei bambini ci ha lasciato tracce del suo affetto disarmato e disarmante per i più piccoli. Era una donna introversa che affermava: “Non voglio essere sola, voglio essere lasciata sola”, reclamando ogni tanto per sé quel necessario spazio di solitudine dove l’io si allontana dalla prepotenza delle parole altrui; era una donna altrettanto bisognosa di relazioni intime e vere, “se non hai più nessuno a cui preparare una tazza di thé, la vita è finita“.


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La tazza di thé ci suggerisce la sua misura, il recinto che scelse per crescere e maturare. Avrebbe potuto usare il metro della fama, della ricchezza, dei riconoscimenti; riconobbe nello spazio domestico qualcosa che non ingabbia la donna ma la accompagna a dare un nome a se stessa, senza che l’esito di un successo sia scandito da applausi e statuette d’oro.

Così nel 1982 Audrey Hepburn si congedò quasi definitivamente dai riflettori per vivere in Svizzera in una dimensione di esclusiva quotidianità familiare:

Luca ricorda come nel momento in cui ha lasciato il cinema, sua madre è diventata se stessa. Dimenticati gli abiti dell’adorato amico Hubert de Givenchy, indossava solo jeans e le sue priorità erano cambiate totalmente. Essere lontana da casa per ritirare un premio le sembrava solo un’opportunità persa per portare a spasso il suo vecchio Yorkshire Mr Famous insieme al figlio. (da Marieclaire)

AUDREY, HEPBURN, CHILD

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Senz’altro non sarebbe stata tra le attrici che oggi ci inondano di vita vissuta dai loro profili Instagram, avrebbe tenuta per sé l’intimità coi suoi figli e anche i battibecchi con la cuoca sarda che non le permetteva di toccare i fornelli. Veniamo però a sapere che appena aveva campo libero in cucina adorava preparare la pasta al pomodoro, da mangiare guardando Canzonissima con suo figlio. E, come ogni vera mamma, era capace di improvvisare.

 […] quando sceglieva ricette particolari si era specializzata nell’adattarle a modo suo, se non aveva a disposizione qualche ingrediente. Come quando invitò a cena Valentino Garavani e gli promise un piatto di linguine al pesto. Ma non riuscì a trovare il basilico da nessuna parte, in Svizzera, e lo sostituì col prezzemolo. Il figlio lo ricorda come qualcosa che venne comunque buonissimo. (Ibid)

Altrettanto semplice e accogliente era con gli amici dei figli che venivano a trascorrere i pomeriggi a casa loro; il timore di stare al cospetto dell’intramontabile diva di Hollywood scompariva di fronte ai suoi modi garbati e per nulla schivi.


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Amare, a piccole dosi e incondizionatamente

Per tutti Adudrey Hepburn è la bellezza e lo stile per eccellenza, un fascino ammaliante ma non sfacciato. Lei, lo ricordano entrambi i suoi figli, si vedeva con una gobba sul naso e i piedi troppo grandi, ma non cambiò una virgola del suo aspetto anche quando le rughe le segnarono il volto. Era anche anemica e questo le segnava profondamente le occhiaie. Un video su Youtube ripercorre i cambiamenti del suo volto nel tempo; per lei chirurgia estetica non fu mai un’opzione. Restò bellissima, a onore del vero, e non solo perché – diciamo – il materiale di partenza era ottimo, ma perché la sua presenza, fosse in Africa accanto a bimbi malnutriti o fosse a un evento di gala, era quella di una persona autentica che dà al mondo ciò che ha. Non solo sorrisi, anche le proprie zone d’ombra.

AUDREY, HEPBURN, OLD

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Forse si fa pace coi propri difetti, anche piccoli, quando si accetta di essere anche feriti dentro, e non aver timore di nasconderlo. La sua magrezza era il segno di una guerra vissuta sulla pelle. Quel momento storico le tolse il padre: aveva solo 6 anni quando lui lasciò la famiglia, ebbe modo di ritrovarlo solo 20 anni più tardi. La Hepburn chiamò questa ferita il trauma più grande della sua vita; nonostante il rapporto ricucito malamente, e le forti divergenze reciproche, lei lo sostenne economicamente fino alla morte. I legami sono legami, non ci sono percorsi prestabiliti per gestirli e comandarli. Non è forse esagerato indicare in questo rapporto reciso, e nel dolore, che le procurò l’origine di un’affettività sincera ma precaria; tre grandi storie d’amore si contano: quella con Mel Ferrer, suo primo marito e padre di Sean, poi la relazione con Andrea Dotti da cui nacque Luca e infine un altro matrimonio, con Robert Wolders.


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Altrettanto aggrappato al bene piccolo incontrato di giorno in giorno fu il suo senso spirituale, nessuna religione professata ufficilamente ma un’aperta accoglienza all’imprevedibilità della vita:

Ho deciso assai presto di accogliere la vita incondizionatamente; non mi sono mai aspettata nulla di speciale, eppure mi accorgo di aver raggiunto molto più di ciò che osavo sperare. Il più delle volte è accaduto senza che lo cercassi.

La voce di una madre

Il rischio è sempre quello di voler etichettare una persona. Allora qual è la morale della storia della Hepburn? Vuol forse dirci col ditino alzato che le donne sono più felici a casa che realizzate nel mondo del lavoro? No. Ma è l’esempio di una persona che ha riscoperto, con la sua libertà assoluta, il dono che è essere madre. Non ha condannato il resto della sua vita, ha messo da parte i riflettori e il successo in piena gioia e consapevolezza. Forse ci sono donne che non hanno la sua stessa libertà di azione ed è un rammarico; forse però ci sono anche donne che hanno bisogno di sapere che il loro compito quotidiano di madri non è quella prigione medievale che sempre più spesso ci vogliono far credere.

AUDREY, HEPBURN, SMILE

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Per dovere di par condicio bisogna trovare un’attrice che ha seguito il percorso opposto ed è stata altrettanto felice? I giornali traboccano non tanto di testimonianze, ma soprattutto di saggistica astratta sulla necessità che le donne si liberino dal gravoso retaggio di dover essere madri. Per questa volta, dunque, non mi opprime eccessivamente il senso di colpa di rimanere a fuoco su questa figura femminile che, avendo un’ampia gamma di opzioni a cui affidare la sua felicità, scelse di preferire la maternità.


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Anche quando si trovò alle Nazioni Unite per difendere i diritti dei bambini indifesi non volle per sé altro epiteto che quello di madre. E sappiamo bene quanto ci sia più che mai bisogno non di esperti e luminari titolati, ma di madri a perorare la causa di chi non può parlare per sé:

Per comprendere appieno il problema dei bambini nel mondo, sarebbe bello essere un’esperta di educazione, economia, politica, tradizioni religiose e culture. Non sono nulla di tutto ciò, ma sono una madre. C’è un tremendo bisogno di più grandi difensori per i bambini che soffrono di malnutrizione, malattia e corrono il pericolo di morire. (da Audrey 1)