La mistica aveva frequenti estasi precedute da palpitazioni cardiache anomale. Chiese al Signore di soffrire al posto della cara sorella. E il “desiderio” fu esauditoL’amore divino provocava nel petto di Orsola Benincasa, nata a Napoli nel 1547, un vero incendio che cercava di spegnere versando acqua ghiacciata sul petto, ma l’acqua evaporava come su un ferro rovente e il fumo spesso usciva anche dalla sua bocca.
Spesso Orsola era circondata da una luce straordinaria, come se la stessa luce angelica la investisse e la circondasse tutta, e la si sentiva gridare: “Brucio! Sono in mezzo al fuoco! O Amore! O Amore!”.
Fondatrice dell’Ordine delle Teatine, era nata a Napoli e, grande mistica, ebbe le stigmate alle mani all’età di 69 anni. Ma fin da giovane ebbe le palpitazioni estatiche, che preannunciavano l’estasi. Ella sentiva allora il cuore incendiarsi e alla sua morte, all’autopsia, i medici trovarono che il suo cuore era bruciato e quasi consumato. Orsola fu estatica già a dieci anni e i rapimenti divennero così frequenti che presto la voce si sparse e dame e cavalieri cominciarono ad affollare la sua casa. Una volta, mentre era in chiesa, la gente la vide sollevarsi dal suolo. Quando la vedevano esanime e trasfigurata, la pungevano con degli spilloni, la bruciavano in viso con la fiamma, o la scuotevano forte ma lei restava immobile, insensibile come il marmo.
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Ella aveva anche, come abbiamo detto, le palpitazioni estatiche, prodromi dell’estasi. Il cuore batteva così violentemente che sembrava andare a colpire l’interno del petto. Aveva trentaquattro anni quando manifestò un altro straordinario carisma, che qualcuno ha chiamato “canto estatico” e che durò fino alla morte. Spesso, soprattutto quando si comunicava, senza che aprisse la bocca o muovesse la lingua, uscivano dal suo petto dei canti armoniosi e cadenzati. Il petto funzionava come un organo. Fenomeno raro nella storia della mistica; ed erano gli stessi angeli a cantare attraverso di lei – così appariva a chi l’ascoltava.
Il fatto più importante nella vita pubblica di Orsola fu la missione che ricevette da Dio di andare a Roma dal Papa per parlargli del rinnovamento della Chiesa e dei mezzi per eliminare i mali che la minacciavano. Ma prima di partire per la città eterna ella annunciò che avrebbe sofferto il martirio. Vi arrivò il 3 maggio 1582, accompagnata dalla sorella Cristina, da due nipoti e da qualche figlio spirituale. Gregorio XIII le chiese quale segno avesse della sua missione divina e lei rispose che Dio le aveva dato le estasi. Il Papa allora nominò una commissione composta da cardinali prelati e religiosi fra i quali san Filippo Neri, che aveva il dono soprannaturale del discernimento.
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Alla prima seduta, san Filippo prendendo la parola si mise a trattare Orsola da pazza, orgogliosa e ipocrita. Forse che Dio aveva bisogno di una persona così vile da affidarle una missione presso il Papa? – disse san Filippo Neri. Certamente era venuta a Roma spinta dal demonio per farsi passare per santa: “Attenta a te! – avvertì – La tua condotta sarà presto scoperta e tu sarai severamente punita”. Da quel giorno Orsola per sette lunghi mesi fu sottoposta ai più duri esami, subì accuse, maltrattamenti, segregazione: andava in estasi, ma era accusata di stregoneria e veniva sottoposta a esorcismi, finché un giorno san Filippo Neri fu illuminato sull’origine divina dei rapimenti estatici dell’imputata da un’apparizione di Cristo che gli dichiarò la santità della sua serva fedele.
Orsola ebbe le stigmate due anni prima della morte. Nel frattempo aveva condotto una vita di espiazione per i peccati del mondo. Aveva spinto la sua carità fino a sopportare i fuochi del Purgatorio per liberare le anime dei defunti. Aveva chiesto al Signore di soffrire i tormenti dei martiri e a ogni ricorrenza della morte di questi testimoni di Cristo era sopraffatta fin dai primi vespri dai dolori procurati dal genere di supplizi che essi avevano sopportato, come il fuoco di san Lorenzo, lo scorticamento di san Bartolomeo, la lapidazione di sant’ Etienne. Quando ricevette le stigmate, le fu impossibile di usare le mani e di poggiare la testa sul cuscino durante la notte per la violenza dei dolori.
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Orsola fu sempre infiammata di sacro amore, tanto che in certi momenti il suo cuore si dilatava come se non potesse restare chiuso nel petto e si dibatteva causandole violente agitazioni. Quando cominciava ad avere dei rapimenti estatici, il battito del cuore cessava in parte, ma l’incendio suscitato nel petto che bruciava e consumava il cuore aumentava a tal punto che anche d’invero si era costretti, per mitigare quest’ardore, a gettare su Orsola una gran quantità di acqua fredda. Alla sua morte, quando il suo corpo fu aperto, i medici trovarono il cuore tutto bruciato e consumato.
Ebbe grande devozione per le Anime del Purgatorio e talvolta prese su di sé le loro pene. Si narra di un episodio avvenuto mentre assisteva sua sorella Cristina che stava per morire. La Venerabile si accorse che la sorella era stata prese da un terribile paura del Purgatorio. Per confortarla e liberarla da quell’angoscia, Orsola pregò Dio che volesse condonare alla morente le pene del Purgatorio e far soffrire piuttosto lei al suo posto. Il Signore accolse la sua preghiera e Cristina fu subito liberata dal tormenti e dalla paura, morendo serenamente. Orsola, invece, venne immediatamente colta da grandi dolori che non l’abbandonarono già fino alla sua morte. Suor Orsola morì nel 1608.
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