C’è una famiglia italiana, normale, e sì cattolica. Marito e moglie, genitori di 11 figli e per giunta felici e non particolarmente angosciati. L’Italia ha nella denatalità la sua piaga più infetta. Eppure la famiglia, raccontata in un’intervista sul Corriere, è stata investita da una marea di commenti rabbiosi.
di Davide Vairani
L’avete vista tutti la “mamma record”, Claudia Guffanti, undici figli.
Sorriso al settimo cielo con in braccio Giuditta, 3 chili e 100 grammi, nata alle 22.04 di mercoledì 27 febbraio in quel di Valle Intelvi, nel comasco.
Lei 38 anni, casalinga e mamma a tempo pieno, lui, Diego Pianarosa, il marito, 41 anni, consulente informatico. La piccola è la quarta bimba della coppia, gli altri 10 figli hanno dai 2 ai 16 anni.
Accogliamo la vita come un dono, non facciamo calcoli e non ci siamo prefissati un numero di figli — dichiara Claudia —. Non è stato un peso per me rinunciare al lavoro.
È un impegno – prosegue -, perché non è facile la vita di tutti i giorni con una famiglia così numerosa, ma non mi è mai pesato dedicarmi a tempo pieno ai miei figli, nella gioia e nel dolore. Non è sempre tutto rose e fiori. I momenti difficili ci sono, ma si affrontano in coppia e si superano ed è sempre una gioia ritrovarci uniti.
Ma è sull’affermazione “non ci fermiamo qui” che parte il trionfo di insulti sui social. Dai più sarcastici -che ruotano attorno ai conigli – per passare a quelli più penosi– “di sicuro sono neocatecumenali, quelli che tanto ci pensa Dio e non pensano a che razza di futuro li mandano” – fino ad arrivare al top: quelli che fanno riferimento alla chiusura delle tube per la giovane mamma & varianti sul tema, fino al “questi scopano e fanno figli a nastro, tanto li paghiamo noi”.
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A parte il “tanto li paghiamo noi” (tra bonus vari, assegni familiari, detrazioni per i figli a carico, parliamo di mancetta), più penso alle scomposte reazioni (uso un eufemismo evidentemente) e più mi interrogo su cosa ci sia al fondo di tanto diffuso iroso disgusto e sprezzo per una famiglia italiana che decide – oggi – di investire sui figli.
Dato che non pare trattarsi di famiglia con patologie psichiatriche acclarate – almeno a quanto si legge sui media –, assodato come elemento oggettivo il declino demografico cui ci stiamo infilando da anni, non restano che tre possibili “spiegazioni” di cotanto ringhioso risentimento: invidia; cristianofobia; inconscio malthusianesimo.
Sarà una sorta di malcelata invidia (ma molto malcelata!) per una famiglia normale che riesce a campare dignitosamente pur spendendo 11 anni di vita per fare figli e tutta la vita a crescerli, educarli e magari a mantenerli perché il lavoro per i giovani in Italia è un miraggio?
Può essere, ma non mi convince del tutto.
Sarà la dilagante cristianofobia che si mischia all’anti-clericalismo ogni qualvolta che in Italia si avvistano creature umane inneggiare alla vita sempre e comunque? Può essere, ma non mi convince del tutto.
Inconscio malthusianesimo. Non vorrei dar troppa importanza ai social e a commenti semplicemente idioti, ma ho la sensazione di non andar troppo fuori dalle righe nel tirar fuori Malthus e le sue teorie demografiche, seppur in salsa 2.0.
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Thomas Malthus era un economista e demografo inglese, che visse a cavallo tra il 1700 ed il 1800 e dal quale deriva la dottrina moderna del malthusianesimo. In soldoni, secondo l’economista inglese, il progressivo aumento della popolazione rischia di avere esiti davvero funesti, perché le risorse disponibili non sono illimitate e sono destinate ad esaurirsi. Se quindi non viene posto un freno alla crescita demografica, la povertà e la fame nel mondo sono destinate a crescere sempre di più fino a raggiungere esiti catastrofici.
Che c’entra Malthus con la famiglia di 11 figli? Ci riflettevo leggendo negli scorsi giorni alcuni articoli della stampa estera a proposito di Alexandra Ocasio-Cortez, la nuova scommessa dei democratici americani. Classe 1989, madre portoricana, laureata alla Northeast, supporter di Bernie Sanders, vince le primarie democratiche nel quattordicesimo distretto di New York per poi approdare alla Camera dei Rappresentanti spodestando il precedente titolare del seggio che era lì da 10 mandati. Nata nel Bronx, AOC serviva ai tavoli di un ristorantino di taco chiamato Flats Fix.
Il suo volto è affascinante, simmetrico in modo quasi impossibile, il suo stile millennial, le sue risposte affilate e ben costruite.
Ocasio-Cortez “esprime i desideri repressi del movimento progressista – come Trump lo ha fatto per una parte significativa del movimento conservatore -, probabilmente il leader de facto del partito democratico, anche se detiene poco potere formale”, scrive di lei il “National Review”.
Uno dei suoi cavalli di battaglia politica è la necessità di un “Green New Deal” per salvare il mondo da una catastrofe annunciata. Tre milioni di follower su Twitter, centinaia di migliaia su Instagram.
In un lungo live-Instagram dal suo appartamento, intenta a preparare un vassoio di verdure tritate, AOC si prodigava in discettazioni attorno ai cambiamenti climatici, intenta a convincere gli americani dell’urgenza di provvedimenti drastici e radicali in salsa ambientalista.
Ad un certo punto, la giovane afro-americana si lancia così nella realtà virtuale:
C’è ormai un consenso scientifico sul fatto che la vita dei bambini sarà molto difficile.
E penso che i giovani possano legittimamente porsi una domanda – ‘ sai, ha senso avere ancora dei figli? va bene avere ancora dei bambini?-.
Non intendo solo finanziariamente, perché lo sappiamo bene che la gente si sta laureando con venti, trenta, centomila dollari di debiti sulle spalle per potere finanziare i propri studi e dunque non possono nemmeno permettersi di avere figli in casa.
Ce la dobbiamo porre, moralmente, questa domanda: ‘come si fa? Quanto è sostenibile?’
E anche se non hai figli, ci sono ancora bambini qui nel mondo e abbiamo un obbligo morale nei loro confronti, cioè lasciare un mondo migliore per loro. (…).
Una mancanza di senso d’urgenza ci ucciderà.
Non importa se sei d’accordo sul fatto che il cambiamento climatico sia una questione importante o meno.
A questo punto non importa.
Il problema è ‘con quale urgenza senti il bisogno di risolverlo’.
Chiaro il messaggio?
Se vi guardate attorno e leggiucchiate qua e là, vi accorgerete che tutto trattasi tranne che di pensieri solitari in libertà. Prendete – ad esempio – uno studio pubblicato recentemente su “Environmental Research Letters”, secondo cui il miglior modo possibile per limitare le emissioni di CO2 a due tonnellate a testa è fare meno figli. Il messaggio della Ocasio-Cortez fa il paio con un recente studio scientifico secondo cui fare un figlio costerebbe 11 anni di vita alla madre. Per non parlare della orribile riforma dell’aborto decisa nelle scorse settimane dallo Stato di New York che prevede la soppressione del feto fino al nono mese, grazie a un artificio linguistico secondo cui essere nato (born) non significa necessariamente essere vivo (alive), il tutto tra gli applausi e i sorrisi dell’illuminato mondo democratico americano.
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A parte le riflessioni di AOC, quella stessa proposta non è nuova. In effetti, questo schema radicale è stato sostenuto e promosso per oltre un secolo, spesso con la forza. L’ideologia chiamata ambientalismo può anche far risalire le sue radici all’eugenetica, lo schema sostenuto dal governo per “abbellire” l’America attraverso la sterilizzazione forzata di persone “manifestamente inadatte” ad essere americane. Terrificante. L’ideologia dell’eugenetica – che ha ispirato i nazisti come Josef Mengele a mettere alla prova le loro teorie di superiorità razziale su esperimenti umani – è ancora viva e vegeta.
Oggi si chiama “controllo della popolazione” ed è spinto da attivisti professionisti finanziati con decine di milioni di dollari da importanti finanziatori, come Gates e Rockefeller Foundations. Potrebbe sembrare poco plausibile che le maggiori fondazioni note per le loro opere caritatevoli siano coinvolte in una causa così aberrante. La filantropia, tuttavia, ha sempre spinto per il cambiamento sociale, a volte troppo lontano.
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Per nulla. Lo sostiene – tra i tanti – Hayden Ludwig, ricercatore del “Capital Research Center” (“The Government-Funded Population Cabal”, di Hayden Ludwig, “Capital Reserch center”, 01 marzo 2019).
Per restare in Italia, andatevi a fare un giro sul Blog “Critica Scientifica”di Enzo Pennetta e googolate “malthusiamesimo”, “darwinismo”, “eugenetica” e vedrete che cosa vi salterà fuori.
“A guidare questo sforzo negli Stati Uniti oggi – scrive Ludwing – è il ‘Population Council’che – con una dotazione di 82 milioni di dollari – è probabilmente il più importante sostenitore del controllo della popolazione nel paese, o ciò che definisce family planning(pianificazione familiare) , con l’obiettivo formale di aiutare ‘le coppie a pianificare le loro famiglie e a tracciare il loro futuro’ (‘couples plan their families and chart their futures’). Il Population Council fu creato nel 1952 da John D. Rockefeller III, nipote del famoso magnate del petrolio e fondatore della Fondazione Rockefeller. A differenza di suo nonno – un devoto battista la cui definizione permanente di filantropia era ‘aiutare i meno fortunati’ con piccoli doni -, Rockefeller III usò la sua fortuna e l’influenza della sua famiglia per spingere sul ‘controllo della fertilità’ quale strumento per contrastare le popolazioni in rapida crescita in Asia. (…)
Secondo Matthew Connelly nel suo libro del 2008 ‘Fatal Misconception’ , il Consiglio è stato il prodotto di conferenze a cui hanno partecipato le Nazioni Unite, la Planned Parenthood Federation of America , diversi eugenisti e le Fondazioni Ford e Rockefeller, tutte spinte all’azione da Rockefeller III. Lo stesso Rockefeller III è stato il presidente fondatore del Consiglio dopo aver messo $ 100.000 nel capitale iniziale. Connelly scrive: ‘La prima bozza della dichiarazione di missione del Consiglio della popolazione specificava che avrebbe cercato anche di creare condizioni tali che ‘i genitori che sono al di sopra della media in intelligenza, qualità della personalità e affetto tenderanno ad avere famiglie più grandi della media’.
E mentre il Consiglio alla fine si stabilì su una dichiarazione di missione più vaga, meno discutibile, la sua attività rimase saldamente radicata nell’eugenetica. Il gruppo ha finanziato la American Eugenics Society per oltre due decenni, un gruppo i cui fondatori includono Harry H. Laughlin, assistente alla regia insieme a Charles Davenport del famigerato ‘Eugenics Research Office’ di New York e un sostenitore della sterilizzazione obbligatoria”.
Cinquant’anni fa, nel maggio del 1968, usciva un libro che segnò un’epoca con le sue previsioni fosche sul futuro che attendeva l’umanità sulla Terra, “The population bomb”, la bomba demografica, di Paul Ehrlich: un autorevole studioso dell’Università di Stanford (California) – che proprio grazie a quel libro diventò famoso in tutto il mondo – nel quale si sosteneva che il nostro pianeta era alle soglie di una crisi drammatica e irreversibile e che con la crescita esplosiva della popolazione stava per aprirsi un’era in cui non ci sarebbe stato abbastanza cibo per tutti.
Paul Ehrlich, oggi 85enne – scrive “Focus” -, ha dichiarato di recente in un’intervista che considera il contributo maggiore del suo libro l’aver posto al centro dell’attenzione come argomento di dibattito pubblico il tema scottante del controllo della popolazione. Il libro, che fu scritto in sole tre settimane, non fu un successo immediato. Anzi, inizialmente e per diversi mesi venne del tutto ignorato, nonostante il suo autore andasse in giro instancabilmente a presentarlo.
La battaglia per nutrire l’umanità è persa”; “centinaia di milioni di persone moriranno di fame”; “il tasso di mortalità aumenterà nei decenni a venire”: “le frasi di apertura del libro suonavano come sentenze definitive e il tono era catastrofista – scrive sempre “Focus” -. Il messaggio di base era che sovraffollamento, carestie e guerre attendevano gli abitanti della Terra se non si fossero presi subito provvedimenti per contenere la crescita della popolazione.
“Anche da allarmi come quello lanciato da Ehrlich – prosegue “Focus” – derivarono le campagne intraprese da vari organismi e agenzie internazionali per contenere la crescita demografica, e i programmi per il controllo delle nascite nei Paesi poveri o in via di sviluppo, come quella avviata in India negli anni Settanta garantendo sussidi e benefici economici a chi si sottoponeva a sterilizzazione. Influenzò anche la politica del figlio unico in Cina, abolita ufficialmente nel 2013, che ha provocato non pochi problemi sociali e demografici”
Ma tranquilli, conclude “Focus”:
“Gli scenari a tinte fosche dipinti da Ehrlich cinquant’anni fa non sembrano più così attuali, e pochi studiosi concorderebbero oggi con i toni usati, ma certo il pianeta può dirsi tutt’altro che fuori pericolo. E benché ci sia ormai consenso sul fatto che il controllo della popolazione non può essere imposto dall’alto e che l’educazione e l’indipendenza economica delle donne sono i fattori che maggiormente contribuiscono al declino della natalità, anche il tema della quantità degli abitanti del pianeta continua ad essere di stringente attualità”
(in “La bomba demografica è ancora innescata?”, di Chiara Palmerini, “Focus”, 14 gennaio 2018).
Gli input che ci arrivano quotidianamente attecchiscono più o meno consciamente. Nel brodo di rabbie e rancori nei quali – volenti o nolenti – siamo immersi dalla mattina alla sera si semina di tutto, comprese le tentazioni più oscure dell’animo umano.
E allora non stupisce che di fronte ad una famiglia che scommetta sul futuro di una società, di fronte ad una famiglia che “sforna” lo sproposito di 11 figli, le reazioni medie vomitino una violenza pericolosa e preoccupante.
“Che fine hanno fatto le famiglie numerose?”, si chiede “Il Sole 24Ore”.
Prendiamo dieci donne nate nel 1933 e che quest’anno hanno festeggiato gli 85 anni di età. Ebbene, in media nel corso della loro vita hanno partorito complessivamente 23 volte. E le loro dieci nipotine del 1977? Per queste è accaduto ‘solo’ 14 volte. I dati pubblicati da Istat ci dicono di più: quello che è venuto a mancare nella struttura sociale del paese, in modo costante e continuo dalle ragazze della leva del 1933 a quelle del 1977, sono le famiglie numerose.
Se non la norma, per le donne nate prima della guerra era abbastanza comune fare tre o più figli. Tanto per restare all’esempio precedente, sui 23 bambini partoriti dalle donne nate nel 1933 ben 7 avevano almeno due tra fratelli e sorelle. Considerando l’intera popolazione, il rapporto tra i figli nati in famiglie numerose e quello di coloro che sono figli unici o con un solo fratello o sorella era di uno a due. Per i loro pronipoti nati dalle ragazze del 1977, invece, tale rapporto è sceso al 12%, praticamente ridotto di un terzo in meno di 50 anni.
Il tasso di fecondità per ciascun anno di nascita, cioè per una coorte, riferito alle donne che hanno avuto un solo figlio è anch’esso calato nello stesso periodo, ma meno sensibilmente: era 861 per mille per le nate nel 1933, è diventato 780 per quelle del 1977.
Il grafico ci mostra come questo valore sia iniziato a scendere per le donne nate nel 1955, mentre la flessione del tasso di fecondità per coloro che hanno avuto due figli è iniziata per quelle nate nell’immediato dopoguerra.
In sintesi: ciò che sembra mancare dai dati Istat non è tanto la voglia (o la possibilità) di fare figli, quanto quella di farne molti. Le famiglie con figli unici e quelle con due figli sono diminuite nel lungo periodo ad un ritmo modesto (considerando almeno fino alle attuali quarantenni), con valori inferiori ma non troppo lontani rispetto alla situazione pre-bellica. Le famiglie numerose, quelle con tre, quattro, cinque o più figli sono oramai una rarità”.
E poi venite a dirci che il Reddito di Maternità ci farebbe fare quattro salti indietro nel tempo …