Soffrire, amare, riparare: il carisma spirituale dietro alla sconvolgente serenità della mistica portogheseÈ stato recentemente ristampato dalla casa editrice Elledici con alcuni aggiornamenti bibliografici l’avvincente volume di padre Gabriele Amorth, famoso mariologo ed esorcista: “Dietro un sorriso”, dedicato alla mistica portoghese e cooperatrice salesiana Alexandrina Maria da Costa.
L’autore nella presentazione racconta come in occasione dei suoi pellegrinaggi a Balasar, paese natale della beata, lo avessero colpito ed incuriosito le foto che la ritraevano sempre sorridente nonostante la sua lunghissima e dolorosa immobilità a letto, vissuta negli ultimi 13 anni della sua esistenza con il solo cibo dell’Eucaristia. Il mistero di questa straordinaria serenità gli si comincia a svelare leggendo il passo di un libro sulla sua vita in cui viene riportata la richiesta che le aveva fatto il Signore:
“Offrirai il tuo dolore nascosto nel sorriso. Rimani nella tua croce con amore e con gioia; nascondi il martirio della tua anima con il tuo sorriso, il più che ti sia possibile. È con il tuo sorriso che fai il bene, il massimo bene”.
È a questo punto che padre Amorth decide di indagare a fondo cosa c’era dietro quel sorriso per poterlo raccontare a quanti vorranno conoscere e ispirarsi a questo “gigante di santità”.
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Una misteriosa croce di terra
Alexandrina nasce il 30/3/1904, ma la sua storia inizia molto prima, quando nel 1832 – nelle vicinanze di quella che sarà la sua casa – compare sul prato una misteriosa croce fatta di terra che non si cancella nonostante i ripetuti tentativi, e che da allora sarà venerata all’interno di una piccola cappella eretta sul luogo. Il significato di quella croce viene rivelato alla beata in occasione di due estasi nel 1947 e nel 1955:
“È passato da poco un secolo da quando mandai, a questa privilegiata parrocchia, la croce, come segno della tua crocifissione. Era pronta la croce, mancava la vittima. Ma era già stata scelta nei piani divini: eri tu”.
Ma andiamo con ordine ad illustrare cronologicamente, seppur in estrema sintesi, i passaggi della sua vita e del suo percorso spirituale, rimandando chi fosse interessato alla lettura del libro e degli altri testi citati in bibliografia.
Fede, assistenza agli infermi e… umorismo
Alexandrina insieme alla sua inseparabile sorella maggiore Deolinda sono figlie di Maria Anna da Costa e di un avventuriero di cui la madre si era innamorata, ma che scompare rapidamente dalla loro vita per iniziare un’altra relazione. Le tre donne iniziano un’esistenza di grandi difficoltà economiche e di intenso lavoro per sopravvivere, sostenute dalla fede a cui le figlie vengono iniziate dalla madre che si riscatta pienamente dai suoi errori giovanili. Alexandrina si distingue fin da fanciulla per la sua inclinazione ad assistere i malati e i moribondi, oltre che per il suo senso dell’umorismo che faceva dire alla genitrice:
“I ricchi hanno un giullare per stare allegri; io ho qui chi pensa a questo”.
Paralizzata per sottrarsi ad un’aggressione sessuale
L’evento che segnerà per sempre la sua esistenza cade il giorno di Sabato Santo dell’anno 1918 quando, mentre nella loro casa insieme alla sorella ed un’amica sono impegnate in un lavoro di cucito, tre uomini tentano di violentarle. Alexandrina per sottrarsi al suo aguzzino si getta dalla finestra con un salto di circa 4 metri, da cui si rialza dolente e con grande difficoltà. Le conseguenze di quella caduta diventeranno man mano sempre più evidenti, con un progressivo peggioramento che ha il suo culmine il 14/4/1925 quando la ragazza, ormai paralizzata, si trova costretta stabilmente a letto.
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Soffrire, amare, riparare: la richiesta di Gesù ad Alexandrina
Fino al 1928, anno in cui i parrocchiani si recano a Fatima pregando per la sua salute, spera nella guarigione, sogno che non si avvera aprendo però la strada alla sua speciale vocazione: soffrire, amare, riparare per la salvezza delle anime. Nell’agosto del 1933 incontra il gesuita padre Mariano Pinho che dall’anno successivo, in cui Alexandrina inizia a sentire la voce del Signore, diventa il suo padre spirituale fino al 1942 quando, a causa delle maldicenze sempre più insistenti, verrà allontanato recando un immenso dolore alla beata che spererà fino alla morte di riaverlo vicino a sé. Uniformandosi alle indicazioni di padre Mariano inizia a dettare alla sorella Deolinda quanto il Signore le dice, ed in un’occasione viene ad udire le seguenti parole che per molto tempo le suoneranno misteriose:
“Dammi le tue mani; le voglio crocifiggere. Dammi i tuoi piedi; li voglio inchiodare con me. Dammi il tuo capo; lo voglio coronare di spine come fecero a me. Dammi il tuo cuore; lo voglio trafiggere con la lancia , come trafissero il mio. Consacrami tutto il tuo corpo, perché io ne faccia ciò che mi parrà”.
Desidero che tu faccia consacrare il mondo intero a mia Madre
Nel 1935 Gesù chiede ad Alexandrina che il mondo venga consacrato a Sua Madre, per cui padre Mariano l’anno dopo si convince ad inviare tale richiesta al Cardinale Pacelli, allora Segretario di Stato del Vaticano perché giunga al Papa. In seguito a ciò nel 1937 un inviato della Santa Sede va a trovarla riportando a Roma un’ottima impressione.
Alexandrina rivive la passione di Cristo
Il 3/10/1938 rivive per la prima volta la Passione: dopo 13 anni scende dal letto e attraverso movimenti del corpo animato da un’energia umanamente impossibile per le sue condizioni fisiche sperimenta nelle membra le fasi della cattura, del giudizio, della via crucis e dell’agonia di nostro Signore Gesù Cristo. Da allora questa esperienza, osservata da tanta gente comune, numerosi medici e sacerdoti, si ripeterà tutti i Venerdì fino al 1942. Intanto nel gennaio del 1941 un valente medico Emanuele Augusto Dias de Azevedo, dopo aver iniziato a frequentare la casa di Alexandrina decide di studiare a fondo il caso convincendola a farsi visitate ad Oporto da un famoso neurologo il quale conclude che la paralisi è dovuta a mielite (infiammazione del midollo spinale) escludendo in modo assoluto l’isterismo. Egli attesta:
“psichicamente perfetta, normale, intellettiva, affettiva, volitiva. Ha l’espressione viva, perfetta, affettuosa, buona, carezzevole, sincera, senza pretese, naturale. Nelle sue risposte non ha esitazioni; è intelligente, sottile. Non è esaltata, né facile a dare consigli. Ha un’aria di bontà spontanea”.
La consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria
Il dott. Azevedo rimarrà poi sempre amico e medico personale della beata, fornendole anche un grande aiuto spirituale nei momenti di maggiore solitudine ed aridità. Grazie a padre Mariano che nel 1938 scrive una seconda lettera al Cardinale Pacelli – senza nemmeno immaginare quanto sia vicina la sua elezione al Pontificato – e che convince poi l’episcopato portoghese a fare propria la richiesta di affidare il mondo alla Madonna, il 31/10/1942 Pio XII pronuncia in lingua portoghese il radiomessaggio di consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria.
Per 13 anni si nutre solo del Corpo di Cristo
Con il venerdì santo del 27/3/1942, dopo che Alexandrina vive per l’ultima volta la Passione accompagnandola con movimenti esterni, inizia il totale digiuno: da quel giorno non può più ingerire nulla a causa del vomito incoercibile che si scatena ai tentativi di farle assumere cibo o acqua, per cui si nutrirà unicamente e con gioia solo dell’Eucaristia. Da quella data ella continua a vivere e soffrire la Passione tutti i venerdì senza segni esterni: se qualcuno si trova ad assistere, il suo volto rimane sorridente. La diffusione della notizia di questa vita che continua senza alimenti aumenta a dismisura la schiera di credenti e curiosi che ogni giorno affolla la sua casa, per cui si decide di sottoporre il caso al vaglio dei medici e delle autorità ecclesiastiche. Dopo essere stata condotta in ospedale e sottoposta a 40 giorni di osservazione strettissima, il dott. Araùjo insieme ai dottori Azevedo e Lima constata che Alexandrina, in totale digiuno e completa anuria (assenza di emissione di urine), ha conservato il peso, la temperatura, la pressione, la normalità delle analisi del sangue e le piene facoltà mentali, arrivando a concludere:
“la scienza non può spiegare attraverso cause naturali ciò che è risultato dagli esami”.
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L’autorità ecclesiastica si schiera contro Alexandrina
Di seguito a questi accertamenti medici l’Arcivescovo di Braga nomina una commissione di tre sacerdoti che, senza avere alcun contatto diretto con Alexandrina, il 16/6/1944 redige il suo parere conclusivo che ascrive a nevrosi ed autosuggestione le estasi e il rivivere la Passione, a semplice anoressia il suo digiuno che non deve sorprendere visto che è naturale vivere senza mangiare e bere dal momento che già alcune sante sono vissute di sola Eucaristia (sic!). Pertanto non devono essere nemmeno ritenute autentiche le comunicazioni che ella afferma di ricevere dal cielo. Ne discende che i tre sacerdoti “prudenti, dotti, specializzati in scienze filosofiche e teologiche” esortano l’Arcivescovo ad assumere “tutte le misure necessarie per la gloria di Dio e la tranquillità di tante anime”, il quale non perde tempo ad emanare una circolare in cui si ordina di far silenzio sui fatti di Alexandrina, si ammoniscono i sacerdoti a impedire l’interessamento di chi vuole conoscerli, e si incarica il parroco di Balasar di far cessare le visite nella casa della donna.
“Solo da Gesù può essere conosciuto il mio dolore”
Quest’ultima, ammonita che se non si fosse conformata non le avrebbero più portato la Comunione, dichiara piena ubbidienza scrivendo sul suo diario:
“Solo da Gesù può essere conosciuto il mio dolore. Guardando voi, Gesù, anche le calunnie, le umiliazioni, gli odi, hanno la dolcezza del vostro amore. Mi avvenga tutto quello che a voi parrà. Muoia il mio nome, ma viva la vostra grazia nelle anime. Per questo mi lascio immolare”.
In un momento così difficile Dio manda in aiuto di Alexandrina il salesiano italiano don Umberto Pasquale, direttore del collegio di Mogofores, che sentendo parlare di questa donna prende contatti con il dottor Azevedo e per tre giorni va a trovarla assistendo ad un’estasi del venerdì. Egli che diventa il suo secondo padre spirituale la stimola a riprendere a dettare il suo diario, interrotto con la partenza di padre Mariano, e la fa iscrivere ai Cooperatori Salesiani per darle un maggior aiuto. Assolutamente convinto dell’autenticità delle sue esperienze inoltra una dettagliata controrelazione all’Arcivescovo che riscuote l’ effetto opposto portando a sempre maggiori limitazioni della frequentazione del sacerdote e finanche del loro rapporto epistolare, che culmina nel trasferimento di don Umberto in Italia nel 1948. Da quel momento Alexandrina, tenendo fede alle indicazioni del religioso, continua a scrivere e spedirgli il suo diario fino a pochi giorni prima della morte.
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Ancora più grandi sofferenze aspettano Alexandrina
Gli ultimi anni della sua vita sono segnati da sempre più grandi sofferenze, oltre che dalla totale mancanza di sonno e dalla progressiva perdita della vista, e scanditi da estasi ripetute. Interminabili cortei di persone affluiscono alla sua casa nonostante i divieti e le limitazioni dell’autorità ecclesiastica; la voce di Gesù le chiede di disporsi, anche se con sofferenza, ad incontrare queste folle:
“voglio che tu faccia il sacrificio di ricevere quanti verranno; ti tengo qui per questo (…) tu non puoi andare in cerca delle anime; ecco che esse ti vengono incontro”.
Muore con il sorriso che il Signore le aveva chiesto di conservare
I dolori degli ultimi mesi diventano terribili; il 12/10/1955 alla vigilia della morte le viene amministrata l’unzione degli infermi e chiede perdono a tutte le persone care; il giorno successivo, anniversario dell’ultima apparizione di Fatima e del miracolo del sole, alle ore 20,29 spira rimanendo sorridente fino alla fine. Dopo la morte la fama di santità aumenta progressivamente con un pellegrinaggio alla sua tomba di 20-30 mila persone al mese provenienti da tutto il mondo. Venuto a conoscenza del decesso, don Umberto si prodiga a raccogliere i documenti sulla vita di Alexandrina, e a soli 12 anni dopo la morte prende avvio il processo informativo diocesano che vede tra i suoi testimoni proprio il sacerdote presidente di quella infelice commissione vescovile che, da accanito detrattore, è ora diventato un sincero sostenitore della causa di beatificazione. Quest’ultima, supportata dal riconoscimento di un miracolo avvenuto il 5/3/1995 per intercessione di Alexandrina, si conclude con la dichiarazione di Beata da parte di Giovanni Paolo II in piazza S. Pietro a Roma il 25 aprile 2004. Parlando di lei durante il rito di beatificazione il Papa così ebbe a dire:
“Mi ami tu?, domanda Gesù a Simon Pietro. Egli risponde: Certo Signore, tu lo sai che ti amo. La vita della Beata Alexandrina Maria da Costa può riassumersi in questo dialogo di amore. Permeata e ardente di queste ansie di amore, non vuole negare nulla al suo Salvatore: dalla forte volontà, accetta tutto per dimostrargli che lo ama. Sposa di sangue, rivive misticamente la passione di Cristo e si offre come vittima per i peccatori, ricevendo la forza dell’Eucaristia che diventa l’unico alimento dei suoi ultimi tredici anni di vita. Nell’esempio della Beata Alexandrina, espresso nella trilogia soffrire, amare, riparare, i cristiani possono trovare lo stimolo e la motivazione per nobilitare tutto ciò che la vita ha di doloroso e triste, attraverso la prova d’amore più grande: sacrificare la vita per chi si ama”.