Il misterioso caso dell’avvocato marchigiano alla antivigilia di Natale del 1949. Padre Pio gli rivelò che cosa gli era realmente accaduto
L’avvocato Attilio De Sanctis di Fano (Pesaro) racconta: «Il 23 Dicembre 1949, antivigilia di Natale, dovevo recarmi da Fano a Bologna con la Fiat 1100 che allora possedevo, insieme con mia moglie e due dei miei figlioli, Guido e Gian Luigi. Scopo del viaggio era di andare a rilevare il terzo figlio, Luciano, che era a studiare nel collegio “Pascoli” di Bologna. Stabilimmo la partenza per le ore sei del mattino. Mi svegliai alle 2,30 di notte, né potei più addormentarmi, cosicché, al momento della partenza, ero tutt’altro che in eccellenti condizioni fisiche».
Ricorda l’avvocato: «Guidai fino a Forlì, dove, a causa della stanchezza, fui costretto a cedere la guida al più grande dei miei ragazzi, Guido, che era munito di patente. Giunti a Bologna e rilevato Luciano dal collegio, indugiammo alquanto in città, quindi decidemmo di ritornare a Fano. Erano le due del pomeriggio. Avevo ceduto un’ennesima volta il volante a Guido ed ora volli riprovarmi a guidare almeno fino alla periferia. Guido era al mio fianco, mentre gli altri, con mia moglie, erano a discorrere seduti sul sedile posteriore. Oltrepassata la zona di San Lazzaro, accusai maggiore stanchezza e pesantezza di testa. Non reggevo più dal sonno e ricordo che spesse volte mi si chiusero gli occhi e chinai il capo. Allora desiderai di nuovo essere sostituito di nuovo al volante, ma guido si era addormentato e non ebbi l’animo di svegliarlo. Ricordo di aver fatto poco dopo qualche altra…riverenza, del seguito più nulla».
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A un certo punto, confessa l’avvocato, «ripresi conoscenza, svegliato bruscamente dal rumore assordante della macchina, quasi avessi premuto sull’acceleratore. Guardai davanti: mancavano un paio di chilometri da Imola! Fuori di me dalla costernazione, domandai: “Chi è stato a mandare avanti la macchina? Ma che cosa è mai questo? E’ accaduto nulla? “, chiesi quindi con ansia ai miei che continuavano a discorrere tranquillamente. “No – mi si rispose – perché questa domanda? “. Dissi il fatto. In quel momento Guido si svegliò. Nessuno mi credeva: potevano mai credere che la macchina aveva camminato da sola? Ma poi tutti finirono con l’ammettere che effettivamente io ero stato immobile per un lungo tratto, non avevo mai risposto alle loro domande né fatto eco ai loro discorsi».
Talvolta, soggiunsero i due figli, «la macchina sembrava stesse per scontrarsi con qualche altra, sennonché io avevo destramente sterzato. Inoltre avevo incrociato molti automezzi, fra i quali il noto corriere Renzi. Replicai che non mi ero accorto di nulla, per la semplice ragione che avevo dormito, e adducevo come prova anche il fatto che mi sentivo bene, libero dal peso del sonno e della stanchezza. Calcoli fatti, il mio sonno al volante era durato il tempo impiegato dalla macchina nel percorrere circa 27 chilometri!».
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Come era stato possibile? «La considerazione di tutto ciò e della catastrofe alla quale ero scampato con tutta la famiglia, mi produsse una violenta emozione. Ero pieno di spavento e, come dissero i miei, pallidissimo. Ma poi, pensando con commozione ad un aiuto straordinario del Signore, mi calmai alquanto».
Due mesi dopo questo accaduto, e precisamente il 20 Febbraio 1950, l’avvocato ritorna a san Giovanni Rotondo per raccontare l’episodio a Padre Pio, a cui era spiritualmente legato. «Ebbi la fortuna di incontrarmi col padre sulle scale del convento. Egli rea con un cappuccino che non conoscevo, e che poi seppi essere il padre Ciccioli della provincia di Macerata. Chiesi al padre una spiegazione circa l’incredibile avventura. Padre Pio rispose, dopo essere stato assorto un certo tempo: “Tu dormivi e l’angelo custode ti guidava la macchina”. “Ma dite sul serio padre? E’ proprio vero?”. Ed egli: “Tu hai l’angelo custode che ti protegge – quindi, posando la mano sulla mia spalla, soggiunse – si, tu dormivi e lui guidava».
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