separateurCreated with Sketch.

Un diacono al posto del prete? A Roma accade nella parrocchia di San Stanislao

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 07/12/18
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Andrea Sartori, sposato con quattro figli: la mia missione è di non essere di intralcio al piano di Dio

C’è un luogo, a Roma, dove la sinodalità sta diventando prassi, esercizio quotidiano, vita vissuta: è la comunità di San Stanislao, a Cinecittà, che da tre mesi è guidata da Andrea Sartori, un diacono che abita nella canonica con la moglie Laura e quattro figli – tre maschi di 20, 19 e 17 anni e una bambina di 10.

Messa e confessioni

Alla Messa e alle confessioni pensa il viceparroco della vicina San Giuseppe Moscati (con un gruppetto di altri preti che stanno offrendo la loro disponibilità), mentre il lavoro pastorale viene portato avanti con un’équipe di diaconi. «Bisogna fare una storia sinodale, sperimentando la comunione con il popolo e con la comunità ministeriale», sottolinea il diacono che, con la sua famiglia, ha intravisto in questa vocazione il modo per «andare verso Dio e verso gli uomini».



Leggi anche:
Perché i sacerdoti (e i diaconi) indossano una stola?

Prima del matrimonio

Del resto, il servizio è un filo rosso che attraversa l’esistenza di Sartori e la tesse con quella di Laura, conosciuta durante un’esperienza di volontariato con ragazzi disabili. «Prima del matrimonio – racconta – entrambi volevamo andare in missione. Così, appena sposati, abbiamo deciso di partire con i salesiani per il Togo per tre mesi per studiare la realtà e poi, con in mano un progetto che abbiamo elaborato in Italia, siamo tornati in Africa per un anno: di giorno giravamo per la Savana per formare animatori sociali che potessero essere leader nelle microimprese e di sera stavamo in una casa famiglia con 24 bambini di strada» (Avvenire, 7 dicembre).

Una diaconia

Sartori, evidenzia: «Mi preoccupo poco se questa sia una parrocchia o una diaconia; mi preoccupo di non essere di intralcio al piano di Dio, di fare quello che Dio vuole. Per me il diacono è un ministro dell’amore di Gesù – aggiunge – Carità è amore, e amore si declina in tanti modi».

Il diacono, prosegue, deve «sentirsi “minus”, cioè al di sotto di una comunità. Non guida, pastore, ma accanto ai fratelli, con i quali deve camminare insieme verso Dio. Questa è un’occasione per la comunità cristiana di prendere in mano la propria vita, l’occasione per ciascun fedele di riscoprire il proprio posto».



Leggi anche:
Donne diacono? La posta in gioco

Il vescovo

«San Stanislao vive una speciale vocazione – sottolinea il vescovo ausiliare del settore Est di Roma Gianpiero Palmieri – che è quella di diventare una diaconia: una comunità cristiana che, in sinergia con le parrocchie del territorio della prefettura, diventa uno spazio di accoglienza e di accompagnamento dei poveri e delle persone sole, in vista del loro sviluppo umano integrale».

L’idea che c’è dietro, spiega, è quella di «recuperare una prassi antica della Chiesa, che prevedeva il sorgere di diaconie a fianco alle parrocchie, per il servizio dei poveri del territorio. A Roma ne è documentata l’esistenza fin dal VII secolo».

Ratzinger e Bergoglio

Papa Benedetto, prosegue Palmieri, «ha scritto di questa antica istituzione ecclesiale in “Deus Caritas est”; Papa Francesco ha parlato spesso del primato diaconale nella Chiesa e della necessità di mettere i poveri al centro della vita ecclesiale. La diaconia di San Stanislao rappresenta l’inizio di un cammino che riguarda non solo la prefettura XX ma tutta la comunità diocesana» (Romasette, 8 novembre).



Leggi anche:
Era un noto stregone, oggi è diacono permanente