Torture psicologiche, sopratutto notturne, a cui assistettero anche i suoi amici. Ecco le testimonianze di quello che accadde tra il 1862 e il 1864
Riguardo alla lotta che don Giovanni Bosco dovette sostenere contro gli angeli cattivi o diavoli, Don Marcello Stanzione in “Gli angeli di San Giovanni Bosco” (La Fontana di Siloe) riferisce una serie di testimonianze, raccolte dal suo biografo ufficiale, Don Lemoyne.
Il Santo, scrive il biografo, «lavorava intensamente al bene della gioventù, alle “Letture Cattoliche” e al ravvedimento di alcuni valdesi. Il demonio, rabbioso di questo apostolato, prese a sfogare contro di lui la sua ira. Questa fu la più terribile delle persecuzioni!».
Una vera vessazione diabolica incominciata coi primi di febbraio del 1862. Monsignor Cagliero, amico di Don Bosco, afferma: «Noi ci eravamo accorti che la salute del Servo di Dio andava di giorno in giorno peggiorando: lo vedevamo pallido, abbattuto, stanco più del solito e bisognoso di riposo. Gli si domandò qual fosse la causa di così grande spossatezza e se si sentisse male. rispose: «Avrei bisogno di dormire! Sono quattro o cinque notti che non chiudo occhio».
Il libro che spariva
Gli amici gli consigliarono di dormire, ma Don Bosco ammise che il suo sonno era alterato da presenze diaboliche.
«Appena addormentato, sento un vocione all’orecchio che mi stordisce e anche un soffio che mi scuote come una bufera, mentre mi rovista, disperde le carte e disordina i libri. Correggendo a sera tarda il fascicolo delle “Letture Cattoliche” intitolato “La Potestà delle tenebre” e tenendolo perciò sul tavolino, all’alba talora l’ho trovato per terra, tal altra era scomparso e io dovevo cercarlo or di qua or di là per la stanza. È curiosa questa storia. Sembra che il demonio ami starsene coi suoi amici, con quelli che scrivono di lui!».
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La candele e la coperta
Gli episodi di infestazione erano molteplici. «Sono tre notti che sento spaccar legna. Stanotte poi, essendo spenta la stufa, il fuoco si accese da sé ed una vampata terribile pareva volesse incendiare la casa».
«Un’altra volta – prosegue Don Bosco – essendomi gettato sul letto e, spento il lume, cominciavo a sonnecchiare, quand’ecco le coperte tirate da mano misteriosa muoversi lentamente verso i piedi e lasciar a poco a poco metà della mia persona scoperta (..) Allora, sospettando ciò che poteva essere, accesi il lume, scesi dal letto, visitai minutamente ogni angolo della stanza, ma non trovai nessuno e ritornai a coricarmi abbandonandomi alla divina Bontà. Finché il lume era acceso, nulla succedeva di straordinario; ma, appena spento, dopo qualche minuto ecco muoversi le coperte. Preso da misterioso ribrezzo, riaccendevo la candela e tosto cessava quel fenomeno per ricominciare quando la stanza ritornava al buio. Una volta vidi spegnersi la lucerna da un potente soffio».
I movimenti del letto
I tormenti notturni erano di ogni tipo. «Talora il cuscino cominciava a dondolare sotto il capo, proprio al momento in cui stavo per appisolarmi: allora mi facevo il segno della croce e cessava quella molestia. Recitata qualche preghiera, di nuovo mi componevo nella speranza di dormire almeno per qualche minuto, ma, appena iniziavo il sonno, il letto veniva scosso da una potenza invisibile. La porta della mia camera cigolava e pareva cadesse sotto l’urto d’un vento impetuoso».
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Gli scossoni
Quelle di Don Bosco erano tutt’altro che allucinazioni. In più d’un occasione i suoi amici provarono a tenergli compagnia di notte ma per lo spaventò, a causa di questi movimenti e rumori strani che videro e ascoltarono, scappavano via.
Questa guerra psicologica tra il prete e i diavoli durò due anni: dl 1862 al 1864. Il chierico Don Bonetti annotò una serie di episodi. Uno dei più gravi avvenne il 12 Febbraio 1862.
Don Bosco raccontò: «La notte del 6 o del 7 di questo mese ero appena coricato e già incominciavo ad assopirmi, quando mi sento prendere per le spalle e darmi uno scossone tale che mi spaventai grandemente. “Ma chi sei?”. Mi misi a gridare. Accesi tosto il lume e mi alzai, guardai sotto il letto e in tutti gli angoli della stanza per vedere se vi fosse nascosto qualcuno, causa di quello scherzo, ma nulla trovai. Esaminai l’uscio della biblioteca: tutto era calmo e tranquillo (…) Tentai di mettermi supino, ma provai sullo stomaco un peso enorme che mi opprimeva e quasi mi impediva il respiro. Non potei tenermi dal gridare: “Che cosa c’è?”, e diedi contemporaneamente un forte pugno, ma nulla toccai. Mi posi sull’altra parte e si rinnovò quell’oppressione. Così passai tutta la notte. La sera dopo, prima di coricarmi, volli dare una benedizione al letto, ma a nulla valse, perché continuò quel brutto scherzo che da quattro o cinque notti si rinnova continuamente».
L’orso
Don Bosco soffriva gravi suggestioni diaboliche ogni volta che stava per intraprendere qualche opera importante a maggior gloria di Dio. Un mattino avendogli uno domandato se nella notte avesse riposato bene, gli rispose: «Non molto, perché fui molestato da un brutto animalaccio, sotto forma di orso, il quale mi pose sul letto, e tentò, opprimendomi, di soffocarmi». Questo fatto non avvenne una volta sola; e D. Bosco diceva chiaramente come fossero molestie infernali.
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Il manoscritto imbrattato
La notte poi nella quale finì di scrivere le prime “Regole della Pia Società Salesiana”, frutto di tanta preghiera, meditazione e lavoro, mentre scriveva la frase di conclusione: «Ad Maiora Dei Gloria», ecco apparirgli lo spirito diabolico: «Il tavolino si mosse, si rovesciò il calamaio, mentre s’udivano grida così strane da incutere profondo terrore; e in fine restò tutto così imbrattato il manoscritto da non essere più leggibile, e dover poi D. Bosco ricominciare il suo lavoro». (M. B. V, 694).
L’apparizione del mostro
Questo uno dei fatti più terribili: «Spesso udivo insoliti e spaventevoli rumori sopra la mia camera, come di ruote di molti carri correnti. Talora un acutissimo grido improvviso mi faceva trasalire; e una notte vidi spalancarsi l’uscio della mia camera ed entrare colle fauci aperte un orribile mostro, il quale si avanzava per divorarmi. Fattomi il segno della Croce, il mostro disparve» (M. B. VII, 68‐70).
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