C’è una novità nelle politiche dedicate alla famiglia che non aggiunge quasi nulla. La tutela alla famiglia e alla sua espressione sorgiva che è la maternità rimane sempre ai margini. Fino a che non sarà troppo tardi?
Cambia con la manovra il congedo per le neomamme lavoratrici. Chi vorrà (con via libera del medico) potrà rimanere al lavoro fino al nono mese, portandosi ‘in dote’ l’intero periodo di astensione di 5 mesi a dopo il parto. E’ quanto prevede un emendamento della Lega dedicato alle politiche delle famiglia approvato dalla commissione Bilancio della Camera. Il nuovo sistema viene proposto come ‘alternativa’ all’attuale, che impone invece l’obbligo di astensione (di uno o due mesi) prima della nascita del bambino. (Ansa)
Non è sbagliato, come principio: può permettere un esercizio intelligente della libertà della mamma, della famiglia in vista del bene del nascituro e della nuova unità madre-figlio. Sempre che la salute, le condizioni del bimbo, quelle di lavoro e tutti i fattori che entrano in gioco in questo caso lo permettano.
Su Facebook qualche utente ha osservato con comprensibile sarcasmo: giusto! Attrezziamoci per partorire direttamente in ufficio e rientrare subito dopo l’espulsione della placenta.
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Se penso alla mia storia relativamente recente posso riferire di avere agito proprio così, quando mi è stato possibile, e ben prima di questa manovra. Quando, sempre da libero professionista, e alla mia prima gravidanza ho lavorato fino a circa 10 giorni dal parto per potermi dedicare di più alla mia bambina una volta nata. Ero comunque gentilmente ma perentoriamente invitata a non restare “a casa” (leggi ” a riposo”) per più di 5 mesi in totale.
Che dire? E’ sempre comunque pochissimo; meglio di niente, meglio di chi ha ancora meno tutele e diritti.
Rimane però un madornale errore di metodo; quello che sta sotto il concetto di conciliazione. E’ sempre la maternità ad essere costretta a “conciliarsi” con ritmi lavorativi di un mercato che le è sideralmente lontano.
Dovrebbe essere fatto un altro ragionamento, più coraggioso certo ma anche più razionale e lungimirante. Più proficuo, persino. Dovremmo, per una volta, fermarci e stare ore, giorni, mesi sul quadrante delle cose importanti e non urgenti. Prima che diventino solo urgenti al punto da essere irrecuperabili.
Se consideriamo il sistema paese, l’occupazione femminile è un obiettivo sempre proposto come urgente e perseguito in modo concitato ma poco sistematico e poco funzionale allo scopo più grande: la crescita stabile, continua del paese stesso. Se il paese non ha figli di cosa cresce? Per chi, con quali forze? Fino a quando?
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Allora piuttosto che accanirsi sugli asili nido aziendali meglio sarebbe rimettere al centro la maternità, capire di cosa abbia bisogno, cercare di garantirglielo e poi lasciarla da parte; a casa. Lasciare che mamma e bambino abbiano il tempo che la loro natura esige.
Lo dico da profana di politica ed economia ma da esperta di maternità: anziché stiracchiare sempre la stessa striminzita coperta, converrebbe rimettere mano ai ferri e tesserne una nuova, della misura e del filato giusto.
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