È uno dei programmi più longevi della nostra TV e continua a registrare ottimi risultati di ascolto. Sentiamo come ce ne parla l’autore e regista, Padre Gianni Epifani.Noi di Aleteia Italia abbiamo avuto occasione di intervistare Padre Gianni Epifani, delegato dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, che è anche regista e responsabile della trasmissione A Sua Immagine. Il programma che, in collaborazione con la Rai, trasmette da oltre 20 anni la Santa Messa in tv. Una realtà durevole e preziosa, che avvicina la liturgia a chi è impossibilitato a muoversi e mostra ai fedeli telespettatori scampoli di popolo cristiano e di bellezza artistica altrimenti poco accessibili. Gli abbiamo sottoposto alcune domande perché potesse emergere il valore di questa realtà così amata dal pubblico in Italia e all’estero. Cosa succede insomma quando il contenuto da comunicare è la celebrazione eucaristica?
La prima Messa è andata in onda nel ’54. E insieme alla Domenica sportiva è diventata subito un appuntamento fisso della tv italiana. Come è cambiato negli anni questo appuntamento?
La Rai ha iniziato le sue trasmissioni regolari proprio nel 1954 e tra i primissimi programmi troviamo la Santa Messa. Nel corso dei decenni il racconto della Santa Messa è rimasto abbastanza invariato, registrando ovviamente i cambiamenti liturgici introdotti dal Concilio Vaticano II. A mutare è stato di certo il linguaggio televisivo, dai movimenti di macchina allo studio delle inquadrature, come anche l’uso della tecnologia. Oggi abbiamo elevatissimi standard tecnici per assicurare un racconto attento e rispettoso della liturgia, mai invadente o dispersivo. In linea con la tradizione, si è sempre cercato di trovare soluzioni stilistico-narrative attuali e coinvolgenti.
Dal ’97 esiste la trasmissione “A Sua Immagine” con il doppio appuntamento del sabato con i diversi servizi e la domenica mattina con la celebrazione eucaristica. Cosa significa “trasmettere la S.Messa”? Bastano una telecamera ben piazzata e un commento pulito?
Per la diretta domenicale della Santa Messa su Rai Uno dalle varie località italiane c’è uno studio accurato. La scelta delle chiese viene effettuata con largo anticipo, sulla base delle richieste che provengono dal territorio, corredate sempre dal nullaosta del vescovo diocesano. Per la trasmissione ci rechiamo sul posto generalmente alcuni giorni prima per effettuare un sopralluogo e stabilire dove posizionare le telecamere in chiesa; verifichiamo poi i vari momenti della liturgia con il celebrante e il coro. Ancora, realizziamo delle riprese esterne per la composizione della cosiddetta “cartolina” iniziale, che illustra bellezze paesaggistiche e culturali del luogo. Le riprese durante la messa, come indicato, sono accurate e tecnologicamente avanzate, ma realizzate del tutto in sottrazione: non si deve percepire mai la presenza della troupe. Tutto avviene comunque secondo le linee guida ufficiali della Conferenza Episcopale Italiana (pubblicate nel dicembre 2007). È un servizio alla comunità del tutto gratuito, offerto dalla Rai insieme alla CEI: proponendo la Santa Messa si valorizza anche un territorio, affinché possa essere conosciuto e magari visitato.
Da sacerdote e da esperto di comunicazione: il mezzo televisivo che meriti ha?
Come rivelano i vari rapporti sulla diffusione e consumo dei media in Italia, emerge chiaramente che ancora oggi la televisione è il primo mezzo per utilizzo e gradimento, quello che abbraccia il maggior numero di italiani. Alla televisione vanno riconosciuti molti meriti: nel passato, ad esempio, ha favorito il processo di unificazione linguistica nazionale negli anni ’50-’60, accompagnando la ripresa economica. La tv è tuttora una grande risorsa per assicurare un approfondimento informativo e culturale nella nostra società; non va dimenticato, in particolare, la presenza accanto ad anziani o ammalati impossibilitati a uscire di casa. Certo, sono innegabili in alcuni casi delle esagerazioni nell’uso del mezzo, che hanno generato smarrimenti. Sono comunque convinto delle grandi opportunità della Tv, ancora così influente nel vivere sociale anche alla luce della rivoluzione digitale.
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A che bisogno risponde la trasmissione della Messa? Non può soddisfare il precetto ma di sicuro favorisce la preghiera, la riflessione, l’offerta delle proprie sofferenze…
Parlando nello specifico della Santa Messa, il nostro servizio – in Italia e all’estero tramite il canale internazionale della Rai – è quello di permettere alle persone, magari impossibilitate a recarsi in chiesa, di accostarsi comunque alla celebrazione liturgica, assicurando un momento di preghiera e meditazione. Nello spazio poi del programma “A Sua Immagine” riserviamo un’attenzione ai temi della religione, ai valori della nostra tradizione cristiana, allargando lo sguardo al racconto della società, della famiglia, dei giovani. Passiamo dai problemi più stringenti alle belle pagine di testimonianza. Non manca poi il focus sull’arte e la bellezza, una costante delle nostre puntate. Tutto questo viene fatto con un linguaggio attento e accessibile a tutti, giovani e anziani, credenti o non credenti. Dagli ascolti registrati notiamo un gradimento elevato con fasce di pubblico differenziate; questo ci rende molto orgogliosi, perché il nostro desiderio è arrivare a un pubblico più ampio possibile, attivando anche un dialogo interculturale e interreligioso.
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Fate vedere tanta bellezza e ricchezza artistica collegandovi da chiese grandi, piccole, famose o modeste, antichissime o moderne. Ha qualche episodio particolare, qualche incontro con le chiese che le è rimasto maggiormente nel cuore? E oltre alle chiese di mattoni, l’incontro con queste porzioni di popolo cristiano così vivo?
Negli anni come regista e poi responsabile della Santa Messa, mi è capitato di vedere un po’ tutte le chiese del nostro Paese. Noi visitiamo regolarmente chiese impreziosite dall’arte, veri gioielli del Barocco o del Rinascimento, ma anche chiese spoglie eppure così luminose per umanità e partecipazione. Certamente vivo con molta emozione la celebrazione del 4 ottobre da Assisi, per la festa di San Francesco; ho trovato poi molto intense la celebrazioni all’interno di ospedali e carceri, luoghi dove l’umanità è afflitta dal male o dal senso di colpa, ma comunque desiderosa di un incontro che apra alla speranza e alla possibilità.
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Ci sono dei “fan” particolari? Di cosa vi ringraziano quando magari scrivono o telefonano in redazione?
Siamo molto seguiti dal pubblico, negli ascolti di “A Sua Immagine”, della rubrica “Le ragioni della speranza” il sabato e la Santa Messa domenicale, così come nei profili social. Penso ad esempio all’interazione che fa la conduttrice Lorena Bianchetti, che condivide con la community i dettagli della puntata poco prima di andare in onda; un appuntamento divenuto ormai fisso, che genera seguito e interazione. Attività social che poi rilanciamo quotidianamente con il nuovo portale informativo della Chiesa cattolica italiana, CEINews.it, online dallo scorso maggio 2018.
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Circa “A sua Immagine”, nella storia della trasmissione ci sono momenti emblematici e particolarmente significativi che vuole sottolineare?
Tanti i momenti da richiamare in questi vent’anni di programma. In particolare, in una puntata abbiamo raccontato la vicenda di un senzatetto, un uomo caduto in un grave stato di indigenza, costretto a vivere in una macchina. Tutta la redazione è rimasta toccata da quell’incontro, al punto da attivare spontaneamente un aiuto per questa persona; il team di lavoro si è organizzato così raccogliendo offerte e beni necessari. Ho visto agire una vera famiglia, un agire misericordioso.