Uno splendore che scende dalle stelle e viene fra noi col nome di Amore: così il marmo parla ai nostri cuori.
Aveva appena 23 anni quando diede forma a questo capolavoro, e ora un nuovo progetto di illuminazione ci permette di contemplare in modo ancora più intenso la Pietà di Michelangelo Buonarroti.
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Madre e figlio
È una Pietà, ma sembra un presepe: una Maria dal volto giovanissimo tiene in braccio Suo Figlio morto, eppure non c’è nulla che parli dell’angoscia della crocifissione, del patimento del corpo, dello strazio di una madre afflitta. Il bianco, poi, così assoluto non è il colore del dolore, ma forse di una luce piena che ha lavato via ogni ombra del buio del peccato.
Il volto di Maria è pensieroso e innamorato, non dilaniato dalla sofferenza. Guarda il corpo di Gesù, invitando anche noi a fissare su quella carne di marmo bianco il nostro pensiero, mentre le sue mani lo sostengono quasi a dire: possibile contenere nell’abbraccio umano tutto ciò che è fiorito da questa morte che morte non è più?
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Figlia del tuo Figlio, la chiamò Dante. Ed è evidente nella scultura di Michelangelo che qualcosa più di un tempo umano forgia i volti e l’anima di Maria e Gesù. Non siamo sotto la Croce, tra le urla e le bestemmie dei soldati e i volti stravolti dei parenti; lo scultore ci fa stare sospesi in un compianto già illuminato dalla Salvezza che ringiovanisce i volti e rimargina le piaghe. Cosa contempla Maria in quel corpo?
Penso a come Manzoni raccontò di un’altra madre, quella che teneva la piccola Cecilia morta di peste in braccio come se fosse viva e la stesse portando a una festa. Che follia mai attraversa il volto di queste donne che abbracciano un cadavere sfigurato eppure vedono già distintamente le membra curate, risorte, eternamente vive.
Ci provò in tutti i modi Michelangelo a parlare di Redenzione, lo fece coi colori e col marmo, anche con le parole. Ogni strumento, un avvicinamento diverso, uno scorcio in più. In un suo testo poetico c’è un crescendo velocissimo e impetuoso che passa dall’abiezione crudele della Crocifissione alla bontà che ci ha ripuliti dal peccato:
O carne, o sangue, o legno, o doglia strema,
giusto per vo’ si facci el mie peccato,
di ch’i’ pur nacqui, e tal fu ’l padre mio.
Tu sol se’ buon.
Tu solo sei buono. Noi questo dobbiamo continuamente ricordare, guardare, non smettere di portare agli altri.
Il nostro cuore, duro come pietra
Il 21 maggio 1972 con un atto vandalico compiuto da Laszlo Toth la Pietà di Michelangelo fu colpita da quindici martellate che danneggiarono seriamente l’opera, poi restaurata e posta in una teca di vetro antiproiettile.
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Il marmo, apparentemente così duro, subì i colpi come li subì Gesù flagellato. E’ questa in fondo la differenza tra la misura dell’uomo e la misura di Dio: noi crediamo che solo la forza e l’imposizione siano la strada del cambiamento, martelliamo la realtà finché non è conforme alla misura nostra. Martelliamo ancora più forte lì dove la misura ci risulta incomprensibile.
Dio ha cambiato il cuore di pietra dell’uomo con la debolezza inerme di un Crocifisso e se penso a Michelangelo intento a dare una forma così leggera – quasi morbida – al marmo, lo penso come a un uomo affaticato che prega: fa che anche io abbandoni la durezza del mio rigore egoista e mi lasci modellare da un disegno di Misercordia; che io possa davvero essere fatto a Tua immagine.
Nuova luce, eterno mistero
Ben venga questa nuova illuminazione per la Pietà ospitata in Vaticano. In fondo, non c’è compito più necessario che guardare con occhi sempre nuovi quel messaggio di bene che ci accompagna da sempre. Siamo facili a dimenticare, a trascurare; siamo anche assetati dell’ebrezza di cose nuove e inaudite, il già detto e già visto ci stufa.
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Così, il bianco potrebbe sembrare monotono quanto il silenzio e vuoto come un foglio intonso. Può invece essere l’intensità della luce piena, quella del sole che non siamo in grado di fissare perché abbaglia. L’artista ha anche il compito di prenderci per mano per osare un passo oltre le capacità umane, come fece anche Dante salendo al Paradiso guardando negli occhi Beatrice. Temeva di non sostenere la vista, invece vide.
Anche Michelangelo c’invita a fissare il bianco che abbaglia senza timore:
Dalle più alte stelle
discende uno splendore
che ’l desir tira a quelle,
e qui si chiama amore.
Questi suoi versi danno in un certo senso voce alla Pietà, ci svelano il messaggio più incredibile e vero che l’umano possa incontrare: la luce del cielo scendendo tra gli uomini si è fatta amore. Era luce candida e perfetta, ora la puoi vedere in un abbraccio tra Madre e Figlio.