Il cardinale Bassetti, presidente della Cei: gravi errori nel passato, con Giovanni Paolo II c’è stata la svolta
A 80 anni dalla promulgazione delle leggi razziali del fascismo, il tema del rapporto tra la Chiesa cattolica e il regime di Mussolini lascia ancora aperta alla riflessione la questione dell’atteggiamento cattolico di fronte a tale indirizzo razziale e antisemita.
Perché l’opinione pubblica cattolica non espresse condanne esplicite? Quali furono le posizioni dell’episcopato italiano? Come reagì la Chiesa alla svolta antisemita del fascismo e all’adozione di politiche razziali?
Questi interrogativi sono stati posti al centro dei lavori, il 19 novembre, del Convegno internazionale sul tema “Chiesa, fascismo ed ebrei: la svolta del 1938” che ha avuto luogo alla Galleria del Primaticcio di Palazzo Firenze (Roma Sette, 20 novembre).
Il mea culpa di Bassetti
La tavola rotonda è stata aperta dal cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana. «Come vescovo, sento il dolore per il fatto che i cattolici italiani avrebbero potuto fare di più quando gli ebrei venivano discriminati con le leggi razziali ma purtroppo non c’era ancora stato il Concilio Vaticano II».
L’amarezza di Pio XI
Lo dimostrano, ha proseguito Bassetti, «le parole di Pio XI il 6 settembre 1938, quando disse: “Ma l’antisemitismo è inammissibile. Spiritualmente siamo tutti semiti”. C’è in germe quel pensiero che il Concilio e Giovanni Paolo II avrebbero sviluppato successivamente. Pio XI così confidava a padre Tacchi Venturi nel 1938: “Io non come Papa ma come italiano mi vergogno! Il popolo italiano è diventato un branco di pecore stupide. Io parlerò, non avrò paura. Mi preme il Concordato, ma più mi preme la coscienza”».
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Il perdono di Wojtyla
«Per questo – ha sottolineato l’arcivescovo di Perugia – colgo l’occasione, come presidente della Conferenza episcopale italiana, guardando a quel triste 1938, di fare mio il pensiero di San Giovanni Paolo II che disse a proposito della persecuzione degli ebrei: la resistenza dei cristiani “non è stata quel che l’umanità era in diritto di aspettarsi”».
Ma, soprattutto, ha aggiunto, «faccio mia l’invocazione di perdono e di speranza che Wojtyla depose a Gerusalemme nelle fessure del Muro del Pianto nel 2000, durante il suo viaggio in Terra Santa: “Dio dei nostri padri, tu hai scelto Abramo e la sua discendenza perché il tuo Nome fosse portato alle genti: noi siamo profondamente addolorati per il comportamento di quanti nel corso della storia hanno fatto soffrire questi tuoi figli, e chiedendoti perdono vogliamo impegnarci in un’autentica fraternità con il popolo dell’Alleanza”».
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La svolta degli anni 2000
Oggi, però, il clima tra cattolici ed ebrei è cambiato. «La coscienza del legame tra la Chiesa e gli ebrei è divenuta per noi cattolici un fatto di popolo, diffuso e radicato in profondità. Si fonda – ha dichiarato Bassetti – sulle grandi arcate della dichiarazione conciliare Nostra Aetate, che ricorda il profondo vincolo tra cristiani ed ebrei».
Nostra Aetate
Al di là del legame, conclude il presidente della Cei, «c’è l’impegno contro ogni forma di antisemitismo. La Nostra Aetate afferma: “La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque”» (La Stampa, 20 novembre).
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