Padre E. trascorre le sue giornate in confessionale ad aspettare chi ha bisogno di incontrare la tenerezza di DioQualche tempo fa ho “scoperto” padre E.
Si nasconde in un confessionale della chiesa conventuale vicino a casa mia. Ha passato la novantina, ma è estremamente lucido, ha una memoria di ferro ed uno sguardo furbo e vispo. Ma in quello sguardo pieno di simpatia e ironia danzano gli angeli.
Padre E. fa parte di una piccola ma significativa schiera di “santi” che ho incontrato in vita mia. Quando una persona ha il paradiso dentro, lo vedi dai suoi occhi e dal suo sorriso. E ti viene subito da pensare: se uno può essere così luminoso in questa vita, ed è un essere umano in carne ed ossa come me, cosa mai sarà la Luce vera, quella che illumina ogni uomo?
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Padre E. passa le sue giornate in confessionale. E’ sempre lì, sulla sua seggiola, ad aspettare chi ha bisogno di incontrare la tenerezza di Dio. E, tramite lui, la si incontra certamente.
Ha una capacità straordinaria di farti sentire amato; di mostrarti il bello della vita, il Bello di Dio in modo così affascinante e limpido che ti viene subito voglia di seguirlo. Non ti fa prediche, non ti rimprovera, non ti dà nemmeno “regole di vita”: semplicemente, ti indica e ti dimostra la felicità di Dio, e tu non puoi che esserne conquistato.
Più di una volta mi ha fatto venire i lacrimoni di commozione, e io non sono una dalla lacrima facile. E altrettante volte mi ha lasciata senza fiato per la sua capacità di leggerti dentro. Non è uno “scrutare” impietoso e imbarazzante; è invece il capire, al volo e senza che tu glielo debba dire, di quali parole ha bisogno il tuo cuore in quel momento.
Anche qui, io non sono una che indulge facilmente al prodigioso ed al miracolistico; ho una fede un po’ terra-terra, e non mi sento particolarmente attratta dalle manifestazioni straordinarie. Però, davanti ad una sapienza come quella di Padre E., non puoi non dirti che c’è qualcosa di più grande dell’umano che si manifesta in lui.
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Questa mattina volevo confessarmi; praticamente, padre E. non mi ha lasciata dire nulla, ma ha iniziato a parlarmi del senso del far musica, del senso di quella che io ritengo la mia missione e la mia vocazione di musicista, in un modo così bello, così giusto e profondo, e così pertinente al momento particolare della vita che sto attraversando, che mi ha davvero commossa intensamente.
“La musica”, mi diceva, “è come l’acqua: se è dolce e delicata penetra nel terreno, se è violenta travolge tutto. Quando fai un concerto, le persone sono radunate per ascoltarti: con ogni nota tu puoi seminare l’amore di Dio nei loro cuori. Anche chi non lo sa o non ci crede ha bisogno di consolazione, e con la musica puoi farti tramite dell’amore di Dio per loro”.
Questo, e tanto altro mi ha detto oggi Padre E.; e nei suoi occhi danzavano gli angeli.
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