E’ la bellissima Ester. La sua intercessione ha salvato un intero popolo. Per i cristiani è una “antesignana” della Madonna nel suo essere avvocata dell’umanità sofferente
Giovane, bellissima, eroina. E’ lei la star della Bibbia. Stiamo parlando di Ester, il cui omonimo libro fa parte dell’Antico Testamento.
La sua bellezza, fuori dal comune, è citata espressamente nel racconto biblico. In realtà Ester si chiamava originariamente Hadassa, nome ebraico che significa “mirto”, come riporta il cardinale Gianfranco Ravasi, autore di Cuori Inquieti (edizioni San Paolo).
Orfana dei genitori, Ester-Hadassa era stata adottata dallo zio Mardocheo. Nel racconto, pieno di colpi di scena, entrambi diverranno strumenti di salvezza nei confronti del loro popolo sottoposto al rischio dello sterminio a causa delle macchinazioni ostili di Aman, un ministro del re di Persia Assuero.
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Al vertice dell’harem
Il tutto si svolge a Susa, nell’attuale Iran, metropoli persiana le cui gloriose rovine con l’acropoli e il palazzo reale sono state messe in luce dagli archeologi.
L’editto reale di sterminio degli Ebrei, da mettere in esecuzione in una data determinata attraverso il ricorso alle “sorti” (Purim), è alla fine cancellato proprio per intercessione di Ester, che Assuero aveva posto al vertice del suo harem, scalzandovi Vasti, la prima moglie.
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Da lutto a Carnevale
La parte finale del libro è dedicata, allora, al gioioso sbocco a sorpresa della vicenda: la data delle “sorti” diventa non più l’occasione di un lutto – evitato per merito di Ester – bensì di una festa, quella appunto di Purim, ancor oggi celebrata in modo folcloristico dagli Ebrei e per molti versi simile al nostro carnevale, sia pure sempre con un’impronta religiosa.
Due qualità
L’intercessione decisiva della giovane ebrea per il suo popolo, applicata liberamente dal cristianesimo a Maria, è dunque il cuore della narrazione. Ester incarna due qualità che, purtroppo, spesso non coincidono: era bella e buona, capace di affidare al suo fascino una funzione di speranza e di gioia, confermando idealmente una curiosa caratteristica della lingua ebraica nella quale un solo vocabolo, tôb, indica contemporaneamente il “bello” e il “buono”.
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La piccola sorgente
Questa giovane della diaspora di Israele è così cantata nel libro a lei intitolato: «C’era una piccola sorgente che si trasformava in fiume, c’era una luce che spuntava, c’erano il sole e l’acqua abbondante. Questo fiume è Ester… Attraverso lei il Signore ha salvato il suo popolo, ci ha liberato da tutti questi mali e ha operato segni e prodigi grandi quali mai erano avvenuti tra le nazioni» (dal capitolo 10 del testo greco del Libro di Ester).
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