separateurCreated with Sketch.

Desirée Mariottini. Una morte atroce e l’omertà sulla natura del male

DESIREE MARIOTTINI
whatsappfacebooktwitter-xemailnative
Paola Belletti - pubblicato il 26/10/18
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

Un fatto che è passato dalla cronaca gialla a quella nera; una morte atroce in un contesto di degrado e criminalità che doveva essere sradicato prima.

La cosa più saggia del mondo è gridare prima del danno. Gridare dopo che il danno è avvenuto non serve a nulla, specie se il danno è una ferita mortale (Gilbert Keith Chesterton).

E invece siamo tutti qua, da qualche giorno, a gridare, dopo. Dopo il danno irreparabile della morte per scempio di una ragazza di sedici anni, uno scempio compiuto da numerosi uomini. Lei ragazzina, loro adulti. Lei ridotta a niente loro pure, ma nella brutalità più estrema. E secondo uno schema che, al di là della storia della povera Pamela Mastropietro, fa pensare ad una familiarità con queste pratiche. Gli indagati, per ora quattro, sono due senegalesi, un nigeriano e un gambiano (vedi roma.repubblica.it e ilgazzettino.it).

Le ultime ore di vita di Desirée

Riportiamo solo per dovere di cronaca e nel modo più essenziale e rispettoso possibile i fatti.

E’ il 17 ottobre e Desirée Mariottini si allontana da Cisterna Latina, chiama la nonna (a cui era in affido) le dice di aver perso l’autobus e che per questo si sarebbe fermata a dormire da un’amica. Il 18 un testimone dice ci averla vista davanti lo stabile di via dei Lucani intorno alle 4 di mattina.  E’ il quartiere San Lorenzo e il fabbricato ha una “destinazione d’uso” illecita ma nota a tutti e tollerata da chi avrebbe potuto e dovuto riportare la legalità: il “fortino dei pusher“, è famoso con questo nome. Tra il 18 e il 19 Desirée viene drogata e violentata da almeno 4 uomini ma altri testimoni parlano di 7, 8 persone (sempre uomini, adulti, di origine africana) intorno a lei.  Sempre secondo il teste queste persone ad un certo punto cercano di rianimare la ragazza, gettandole acqua in faccia. Qualcuno chiama i soccorsi che al loro arrivo la trovano già morta. (Ansa)

Dopo lo shock e le strumentalizzazioni, tentiamo un giudizio umano

Oggi è il 26 ottobre e forse lo tsunami di articoli, reazioni politiche, esternazioni e chiamate alle armi pervenute via fermo post, sta calando. Prima che si imponga alla nostra attenzione esausta e sotto infiammazione cronica un altro caso scabroso e tragico forse abbiamo il dovere anche noi di dare un giudizio. O chiederlo a chi conosce l’uomo e le sue infinite possibilità. Sono quelle di male che continuamente censuriamo e questa abitudine non ci stiamo facendo bene.

Un giudizio allora ma non sul problema epocale dell’immigrazione, che non può essere trattato a colpi di buonismo sciocco e irresponsabile (che forse copre ben più algidi calcoli) e nemmeno menando fendenti sovranisti da dietro lo scudo della tastiera. Non sullo stato di emergenza educativa continuo segnalato da tutte le agenzie coinvolte, che pure sta al cuore di tutti i problemi che ci affliggono. Sulla debolezza della famiglia dalla quale Desirée veniva: ma come impedirci di pensare che una famiglia salda, stabile, con un padre presente e in accordo con la madre avrebbe potuto tenere la figlia chiusa in casa e non “per sempre nel mio cuore” come ha scritto ora, a esequie fissate?


PAMELA MASTROPIETRO
Leggi anche:
Il caso Pamela: davanti all’orrore ma per ripetere la speranza di Cristo

Mi faccio coraggio e con la pochezza dei miei mezzi e della conoscenza che posso reperire sul caso ma eseguendo l’ordine perentorio che pure dentro di me sento risuonare vi offro alcune brevi riflessioni come appiglio per risalire a mani nude la altrettanto nuda roccia – e aspra – che si para davanti e sopra noi, ora che ci troviamo di nuovo precipitati in un baratro.

La memoria corre a Pamela Mastropietro e ai suoi assassini

Intanto bisogna tenere conto o perlomeno registrare la nazionalità degli imputati; il professor Meluzzi in merito a questa tristissima storia che ha fin da subito associato a quella di Pamela, parla di dinamiche mafiose e tribali tipiche di questi agglomerati umani. Gestiscono lo spaccio di droga, hanno gerarchie interne, sono violenti e praticano lo stupro come mezzo di sollazzo e di sopraffazione. A cosa è ridotto in questi casi l‘atto sessuale? Che tipo di esperienza può essere quella di infierire su una ragazza incosciente obbedendo ciecamente ad un impulso? Quale fame insaziabile soddisfa? Lei è vilipesa e insultata nella violenza che la riduce a cosa; ma loro?


PAMELA MASTROPIETRO
Leggi anche:
L’omicidio di Pamela è un “fallimento educativo”. Insegniamo ai giovani ad amare la vita!

Il razzismo è ingiusto, il male ci affratella tragicamente. Ma non dobbiamo semplificare

Lo ricordiamo, dobbiamo: non è esclusiva dei magrebini, né degli africani sub sahariani, la pratica dello stupro e nemmeno in questa versione, ovvero ad opera di un branco. Roma ha nei suoi annali casi raccapriccianti che hanno riempito giornali ed edizioni speciali dei tg e forse anche gli incubi di tante famiglie. E’ tra il 29 e il 30 settembre del 1975 che si consumerà il massacro del Circeo, una violenza di gruppo di tre rampolli della Roma benestante su due ragazze di origini popolari e modeste. Italianissimi, tutti quanti.

La naturale inclinazione al male dell’uomo: solo l’azione della grazia divina può guarirla. Lo dimostrano secoli di Cristianesimo

Però è una colpevole ingenuità voler cercare rifugio in questa internazionale democratica dell’orrore. I criminali sono ovunque, anche qua, anche nati in buone famiglie. Verissimo. Allora traiamone le conseguenze fino in fondo: significa che ovunque l’uomo è capace di male abissale, di crudeltà talmente atroce da togliere il fiato al solo pensarci.

Ma lungo il fiume della storia umana, faticoso e piena di anse, di  acquitrini e rapide, chi o che cosa ha potuto alzare gli argini, filtrare i detriti, opporre alte dighe? Quale presenza innegabile ha esercitato lentamente ma irresistibilmente un effetto di purificazione, di innalzamento, di guarigione dell’uomo dalle sue malattie più oscure?

E le loro ripetute recidive non sono la prova che questa presenza viene allontanata e respinta fino al desiderio ormai esplicito di esiliarla definitivamente dai confini delle nostre civiltà? Sì, è di Cristo e del popolo da Lui generato che sto parlando; della presenza del soprannaturale nella forma tangibile e sempre misteriosa della Chiesa come prolungamento di Cristo stesso nella storia (vedi Luigi Giussani); della sua azione sulla cultura, sulla convivenza umana, sull’arte, sull’industria, la scienza, su tutto.

Il mito tragico del buon selvaggio. Nessuno è buono

Lo sguardo compiaciuto e benevolo posato su un uomo immaginario, pensato come innocente e suo malgrado corrotto dalla società è un’idea germinata nei salotti degli illuministi che continua a gettare germogli nelle teste contemporanee. Ma i frutti di questa realtà, ovvero di una società dove l’uomo non è salvato da niente, non è educato né contenuto da nessuna disciplina seria, non ha un Dio sopra di sé ma tante divinità che cerca di imbonirsi e propiziarsi, del “buon” non c’è quasi più alcuna traccia mentre  il “selvaggio” la fa da padrone.

Uno sguardo superficiale che non vede l’abisso. Desirée, avremmo dovuto farti scudo!

Persino le parole dei genitori, dei vicini di Desy come spesso in quelle dei testimoni di vite di brave persone all’indomani di crimini atroci, denunciano una smemoratezza, anzi una censura vera e propria su chi è l’uomo e su cosa si nasconda nemmeno troppo bene nel suo cuore. Per Barbara, la mamma della ragazza, Desirée era “una ragazza solare, un’artista, un animo sensibile”.

Per la vicina era “timidissima ” e profondamente legata alla sorellina di 4 anni. Basta, niente altro. Certo, in una intervista frettolosa a ridosso dei fatti non credo si possa arrivare a dire tutto. Eppure Desirée a Roma ci andava già da qualche tempo; aveva usato almeno sporadicamente sostanze stupefacenti, persino un antiepilettico, qualche canna di sicuro. Spacciava pasticche di Rivotrill ad altre ragazzine (Il Messaggero). Quale disperazione allevava nel petto per precipitare così in fretta? Nessun giudizio sommario, solo la constatazione che il dolore interiore e la tentazione di disperare sono una forza simile a quella che trascina i gravi e forse hanno anche la stessa accelerazione. Ma bisogna saperlo, che siamo capaci di tanto male e di tanto dolore. Non siamo innocenti e non siamo perfetti, nemmeno da giovanissimi. E la separazione dei genitori per un figlio è e resta una sorta di lutto, sebbene condiviso con una quota spaventosa di coetanei.

L’uomo ha bisogno di un busto, se no cresce storto

Senza la legge a difesa dei deboli e la forza del diritto contro la prepotenza, imposti come un busto su una colonna scoliotica, l’umanità tende al deforme; l’uomo, ogni uomo, può arrivare a tanto e persino oltre. E lo vediamo allo stesso modo nelle frange disagiate di criminali che si associano per delinquere pressoché indisturbati e, mutatis mutandis con tutti i distinguo del caso, nelle reazioni scomposte sebbene solo verbali di chi tra noi propone la sua risposta a questi fatti agghiaccianti.

Come non capire il desiderio di fare giustizia alla povera Desy? Eppure prima di cliccare “condividi” a post del tenore di questo si potrebbe riflettere di più, e chiamare in soccorso la memoria, la storia, basterebbe anche solo la domanda giusta rivolta a google.

[protected-iframe id=”7f9ad8cc6d7d66b9f113a0277fbfe181-95521288-119775105″ info=”https://www.facebook.com/plugins/post.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Ffrancescofacchinettiofficial%2Fposts%2F10157140510014610&width=500″ width=”500″ height=”670″ frameborder=”0″ style=”border:none;overflow:hidden” scrolling=”no”]

Ha ragione il figlio d’arte (?) ad invitare ad uno sforzo di immedesimazione: Desirée è mia figlia, la tua, tua cugina, una sorella, un’amica. Fa bene anche ad invitare ad essere virili e a mettere le cose a posto, certo. Ma come? Dimostra invece di travisare totalmente il monito evangelico che mette in ridicolo quando parla della politica del porgere l’altra guancia.

I nostri corpi sono tempio di Dio. Anche quello di Desy

Se penso a Desirée la immagino appena nata, poi bimbetta, e in un attimo quasi donna; aveva già sedici anni quando si è infilata in quell’inferno, è vero, ma forse era già stata scandalizzata abbastanza quando ancora era una piccola e poteva avvicinarsi con più docilità al Signore. Meglio il richiamo alla macina da mulino legata al collo, allora, come evocazione evangelica.

E il suo corpo, così giovane e forse già violato e umiliato prima di questa ultima agonia, è stato in Cristo il tempio di Dio e né il Padre né il Figlio sopportano che se ne faccia mercato.

Ecco se devo pensare a Cristo e alla Sua indole in questo momento me lo immagino nel pieno della sua santa ira.