separateurCreated with Sketch.

Due sposi, un figlio, il desiderio di aprirsi ancora alla vita e la paura di farlo

whatsappfacebooktwitter-xemailnative
5pani e 2pesci - pubblicato il 11/09/18
whatsappfacebooktwitter-xemailnative

La storia d’amore e Provvidenza di Sara e Mimmodi Sara e Mimmo Grimaldi

Era l’estate del 2012.

Io e Mimmo avevamo un desiderio che si riaffacciava nel nostro cuore: un bambino. Ma eravamo spaventati, Mimmo soprattutto. Avevamo già un figlio, Daniele, di un anno e poco più. Eravamo felici, il dono di quel bambino ci aveva riempito di gioia, tanto da desiderarne un altro… se proprio devo dirla tutta, la notte che avevamo deciso di sposarci, ci siamo confidati reciprocamente il sogno di avere quattro figli! Ma una cosa sono i sogni… la nostra realtà in quel momento ci spaventava.

Eppure avevamo fondato la nostra decisione di sposarci sulla Provvidenza di Dio, certi che non ci avrebbe fatto mancare niente… anzi… lanciati verso una vita regale! Decidemmo di sposarci dopo soli due mesi di fidanzamento, guadagnandoci da tantissime persone, anche care, la considerazione che fossimo pazzi. Mimmo, geologo, aveva da poco iniziato la sua professione, sulla quale in quel momento non poteva contare per mantenere una famiglia. Io ricevevo uno stipendio buono, ma il mio era un contratto a termine, che sarebbe scaduto un mese dopo la data del nostro matrimonio. Eravamo pazzi? No, avevamo la sincera convinzione che il nostro matrimonio sarebbe stato a tre: Dio, Mimmo e io. E così è stato! Tra tante difficoltà e incertezze, Lui ci ha sempre sostenuto, anche quando eravamo beffati dalla realtà. Il contratto a tempo indeterminato l’ho avuto poco dopo il nostro matrimonio, ma da quel momento, per diversi mesi, non ho più ricevuto lo stipendio perché l’impresa per cui lavoravo era in crisi. Ero già incinta di Daniele. Mimmo si arrangiava con le ripetizioni. Abbiamo vissuto più di una volta l’esperienza di non aver soldi e di riceverli nei modi più inaspettati, proprio come ci avevano raccontato una coppia di amici e un frate di Assisi, parlandoci della Provvidenza.



Leggi anche:
Emanuela e Marcello: 9 sotto un tetto… d’amore e Provvidenza

E allora perché avevamo paura di accogliere quel secondo figlio?

Un po’ perché le condizioni erano cambiate, un po’ perché eravamo cambiati noi. Un mese dopo la nascita di Daniele, l’impresa dove lavoravo fallì. Mimmo continuava con le ripetizioni, che però non garantivano nessuna continuità; il suo lavoro da libero professionista era spesso poco pagato, e comunque non abbastanza frequente. I miei genitori ci diedero un grosso aiuto, comprando per noi una casa. Era un sollievo non dover pagare più l’affitto, ma ci serviva comunque un lavoro, non solo per una questione economica, ma anche perché Mimmo desiderava realizzarsi come uomo professionalmente, oltre che nel nostro matrimonio. Cercava di farsi conoscere dai professionisti della nostra città, sperando di ingranare nel suo lavoro, ma spesso ne otteneva solo senso di frustrazione. Avrebbe potuto chiudersi nel vittimismo, rompere l’alleanza con Dio, perché la sua Provvidenza non era come l’avevamo immaginata: infatti dopo due anni di matrimonio non era ancora arrivato quel lavoro che credevamo sarebbe piovuto come manna dal cielo appena sposati. Ma noi conoscevamo Dio ancora poco, non sapevamo quanto gli piace vedere i suoi figli diventare adulti e protagonisti della loro vita.

Nei lunghi momenti di attesa, Mimmo si dedicava a una sua passione: dipingere. Mi faceva sorridere quando a volte, tornato a casa dopo una passeggiata, mi confidava: “Ho speso 30 euro per comprare tempere, teli, pennelli”. A me piaceva che coltivasse quella passione. Un giorno però mi disse una cosa che davvero mi spiazzò: “Mi piacerebbe molto seguire un corso di iconografia. Ne fanno uno nell’abbazia di Santa Maria di Pulsano, ma costa tantissimo, 650 euro!” Rimasi senza parole. Non avevamo che poco più di quella cifra sul nostro conto e di lì a pochi mesi avrei smesso di prendere anche la disoccupazione. Questa volta eravamo noi a domandarci: “Siamo pazzi?” Ma era chiaro che Dio non avrebbe dato passivamente un lavoro a Mimmo, forse ci aveva condotti a quel punto perché voleva che fosse lui a inventarsi il suo lavoro. E così decidemmo di provare.


BIMBO, NUOTARE, MANO
Leggi anche:
Cosa sei chiamato a fare oggi? Guida pratica per sperimentare la Provvidenza

Fu una settimana straordinaria! Mimmo dipingeva e io stavo con Daniele a giocare, intrattenendomi spesso in cucina e ascoltando i racconti di Marilù, un’energica signora che vive con i monaci e gestisce l’organizzazione del monastero: cucina, pulizie, bollette. Vedevo che lì erano ingigantite le spese rispetto a casa nostra: 30-40 persone a tavola ogni giorno, la maggior parte delle quali ospiti che davano solo una piccola offerta, se volevano; bollette stratosferiche da migliaia di euro da pagare; la manutenzione del verde, gli spazi esterni da sistemare, le riparazioni… Eppure i monaci vivevano in un abbandono filiale, con l’animo in pace. Quella loro pace, che veniva da Dio, entrò anche nei nostri cuori. La giornata scandita dalla preghiera, quello stile di vita semplice, essenziale, quel silenzio e quella bellezza che continuamente ci parlavano della presenza di Dio, ci conquistarono. E quel desiderio di accogliere un secondo figlio, che da qualche tempo bussava al nostro cuore, finalmente trovò una porta aperta e un felice Sì!

Un mese dopo quella straordinaria esperienza, rimasi incinta. Mimmo lavorava ogni giorno, imparando molto velocemente, ricercando con sempre maggior desiderio il volto di Cristo. Una beatitudine mi confidò di preferire: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”. Pian piano la sua passione per l’iconografia cominciò a diventare un lavoro. Intanto fantasticavamo su come avremmo chiamato il nostro bambino… se fosse stato maschio, ci piaceva tantissimo l’idea di dargli il nome Luca. E come spesso accade nella nostra amicizia con Dio, il nostro desiderio ci venne confermato da Lui. Quel nome che ci piaceva semplicemente per il suono, in realtà ha un profondo legame con la storia di Luca: abbiamo scoperto infatti che l’evangelista che porta il nome di nostro figlio fu il primo iconografo, colui che per primo dipinse il volto di Maria con Gesù. Un detto popolare dice dei bimbi particolarmente belli: “Chi ti ha dipinto, San Luca?” Ci piace pensare che la nostra storia sia bella non per merito nostro, ma perché sia stato Dio a dipingerla!



Leggi anche:
Graziella e Misael in missione con 9 figli: “Non abbiate paura di seguire Cristo”

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE