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Se togliamo Cristo muore l’uomo: ecco la secolarizzazione dell’Occidente

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PEPEONLINE - pubblicato il 04/09/18
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Il lavoro, la materia, il tempo e la persona hanno un valore da quando all’uomo è stata data la buona novella che Dio è entrato nella storia umana. La luce dell’Occidente è nata da questa immensa luce che è una persona, Cristo.

di Anna Bono

La “buona novella” è che esiste un solo Dio, che quell’unico Dio è onnipotente e misericordioso. La buona novella è che siamo nati e non moriremo mai, che ci attende l’eternità. La buona novella è che “ogni creatura è bene”, che ogni uomo è nella mente di Dio prima di tutti i secoli, pensato e amato. La buona novella è che perciò non dobbiamo mai più temere demoni, streghe e spiriti maligni e che nessun essere vivente – sia esso uomo o animale – va sacrificato per propiziarsi un Dio, schivarne la collera e i capricci. Lo provano, dandone certezza assoluta, la passione e resurrezione di Cristo e il sacramento del battesimo, uguale per tutti, senza possibile esclusione per etnia, sesso e qualsiasi altro fattore, ascritto o acquisito.

Chi è vissuto dove la buona novella non è arrivata o risuona ancora debole sa quanto sollievo, gaiezza, fiducia, speranza generi il suo annuncio, quanto renda lo sguardo dell’uomo sul mondo sereno, e benevolo l’atteggiamento verso il prossimo, responsabile quello nei confronti della natura. Chi invece è nato dove la buona novella ha modellato nei secoli società e coscienze può non capirlo, inconsapevole di ciò che si patisce in paura, ansia, solitudine, avversione, dolore, impotenza oltre i confini della civiltà in cui vive.


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C’è una pagina scritta da don Luigi Giussani nel 1986 che con poche frasi descrive questa civiltà e quanto essa debba al cristianesimo:

La cultura occidentale possiede dei valori tali per cui si è imposta come cultura e operativamente, socialmente, a tutto il mondo (…) tutti questi valori la civiltà occidentale li ha ereditati dal cristianesimo: il valore della persona, assolutamente inconcepibile in tutta la letteratura del mondo; (…) il valore del lavoro, che in tutta la cultura mondiale, in quella antica ma anche per Engels e Marx, è concepito come schiavitù, è assimilato a una schiavitù, mentre Cristo definisce il lavoro come attività del Padre, di Dio; il valore della materia, vale a dire l’abolizione del dualismo tra un aspetto nobile e un aspetto ignobile della vita della natura, che non esiste per il cristianesimo; la frase più rivoluzionaria della storia della cultura è quella di San Paolo: “ogni creatura è bene”; il valore del progresso, del tempo come carico di significato, perché il concetto di storia esige l’idea di un disegno intelligente. Questi sono i valori fondamentali della civiltà occidentale, a mio avviso. Non ne ho citato un altro, perché è implicito nel concetto di persona: la libertà. (“Appunti da una conversazione di Luigi Giussani con un gruppo di Comunione e Liberazione, New York, 8 marzo 1986”, Tracce-Litterae Communionis, febbraio 2002).

Se la persona non ha valore, allora quel che conta, a cui tutto e tutti vanno sacrificati, è il bene, l’interesse della comunità di lignaggio, di clan, famigliare, tribale. Se il lavoro non ha valore, si praticano economie arcaiche, di sussistenza, fatica e sudore toccano a donne e bambini. Se il progresso non ha valore, si guarda al passato, ad esso fedeli a oltranza, riproducendo istituzioni dettate dagli antenati fondatori, si deplorano le innovazioni, il cambiamento è visto come trasgressione. Se la libertà non è un valore, valgono gli status ascritti che prescrivono il destino di ogni individuo, i suoi diritti e i suoi doveri, dalla nascita alla morte.

La gloria della razza umana è l’unicità di ogni individuo – scriveva Murray N. Rothbard nel 1971 – il fatto che ogni persona, quantunque simile a ciascun’altra per molti aspetti, possiede una propria personalità ben individuata. È il fatto dell’unicità di ogni persona, il fatto che non esistono due persone pienamente intercambiabili che rende ogni uomo insostituibile e che rende importante se egli vive o muore, se è felice o se è oppresso. E, infine, è il fatto che queste personalità uniche hanno bisogno della libertà per il loro pieno sviluppo che costituisce uno dei maggiori argomenti a favore di una società libera. (Freedom, Inequality, Primitivism and the Division of Labor, Institute for Human Studies, Menlo Park, 1971).

Quelle di don Giussani e Rothbard sono affermazioni che ancora suonano per molti come una sfida, una minaccia all’ordinato, giusto, consueto andamento dell’esistenza.


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Intanto lo diventano, o si fanno irrilevanti, sotto i nostri occhi, proprio nel cuore dell’Occidente cristiano, se la buona novella non viene più annunciata o non viene ascoltata. Si chiama secolarizzazione, vuol dire dimenticare Dio, vivere senza fede. Quel che la buona novella ha donato, la secolarizzazione si porta via… non incolpiamo gli smarthphone, i social network, WhatsApp, twitter, meri mezzi di comunicazione, prodigiosi; e ringraziamo Dio che ha dato all’uomo l’ingegno e la volontà di realizzare sempre nuove, benefiche conquiste tecnologiche, sempre più alla portata di tutti.

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