Così sostiene Hilaire Belloc, grande intellettuale inglese e migliore amico di Gilbert Chesterton, di cui contribuì in modo determinate alla conversione al cattolicesimo
Sessant’anni fa, nell’estate del 1953, si spegneva in Inghilterra Hilaire Belloc, uno dei più importanti intellettuali cattolici del Novecento. Fu il migliore amico di Gilbert Keith Chesterton, e contribuì in modo determinante alla sua conversione al cattolicesimo.
Discepolo di Newman
Purtroppo ancora non molto noto in Italia e poco tradotto, fu invece molto conosciuto e apprezzato in Inghilterra e Francia (era di padre francese e madre inglese); fu definito “la mente più versatile e brillante del cattolicesimo inglese”. Fu discepolo del cardinal Newman, di cui ereditò la trasparenza dello spirito e la chiarezza della prosa.
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Superiore a Chesterton
Se la notorietà di Chesterton ha resistito agli anni, altrettanto purtroppo non si può dire del suo grande amico e sodale di tante battaglie Hilaire Belloc. Eppure non furono pochi i critici e anche i lettori che ritennero Belloc superiore a Chesterton per lo meno dal punto di vista stilistico.
Anch’egli come l’amico Gilbert fu un eclettico, anche se la sua arte rimaneva ancorata alla solida e rigorosa preparazione che aveva ricevuto ad Oxford: fu giornalista, saggista, storico, apologeta cristiano ma anche politico, venendo eletto due volte al Parlamento di Londra.
La sua bibliografia può vantare oltre centocinquanta pubblicazioni in circa mezzo secolo di attività (Il Sussidiario, 22 agosto).
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“La lotta era il suo destino…”
L’essenza della vita e dell’attività di quest’uomo è riassunta nelle parole di un suo amico, a sua volta scrittore nonché uno dei protagonisti della rinascita cattolica inglese del ‘900, Monsignor Ronald Knox: «La lotta era il suo destino, e non l’amava…».
Le radici cristiane
Belloc, insieme anche a Chesterton, fu un grandissimo assertore di quelle che sono state correttamente definite (ma, purtroppo, non recepite nei trattati europei) «radici cristiane dell’Europa». Val la pena di rammentare, in proposito, che Belloc sostenne sempre l’idea che il presupposto di una unità non solo politica o economica dell’Europa non potesse prescindere dal dato religioso: «perché la Fede è l’Europa e l’Europa è la Fede» (Il Giornale, 22 agosto).
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Testimone della fede in Inghilterra
Per Belloc il cristianesimo deve farsi cultura e non diventare subalterno al mondo, difendendo la Verità nella Carità.
Belloc mostrò, da cattolico minoritario come lo erano (e sono) gli inglesi, come si testimonia la fede in una società ad essa largamente indifferente, non solo non più cattolica, ma nemmeno più cristiana.
La gloria di Dio
Nella vita viaggiò molto. Per Hilaire il viaggio era stato il desiderio di incontrare i segni della presenza di Dio nella storia umana. Non è un caso che amava ripetere questo pensiero:
«La gloria (che, anche se gli uomini non lo sanno, si cela dietro ogni certezza) illumina e dà vita al mondo che noi vediamo e la luce vivente rende le cose reali che ora ci vengono rivelate, superiori a delle verità assolute: esse ci appaiono come verità attive e creative».