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Gli astronomi rendono onore al sacerdote belga: “Lemaître come Hubble”

El Jesuita belga Georges Lemaître, en su cátedra en la universidad de Lovaina, autor de la teoría del Big Bang erróneamente atribuida a Edwin Hubble.

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 18/08/18
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Una bella pagina di scienza ed etica della ricercaDal 20 al 31 gli astronomi si riuniranno come fanno ogni tre anni per discutere di stelle e soprattutto per stimolare la cooperazione scientifica internazionale, ma anche per definire protocolli o definire – per esempio – cosa sia un pianeta e cosa no, cosa che nel 2006 declassò Plutone da “pianeta” a “pianeta nano”. Durante la prossima riunione, la XXX Assemblea Generale dell’Unione Astronomica Internazionale (IAU) che si svolgerà a Vienna ha all’ordine del giorno anche una questione di “etica della ricerca”. Come spiega Avvenire:

quest’anno verrà presentata una Risoluzione (la B4) che, se approvata, richiamerà l’attenzione generale: si propone infatti di modificare il nome della famosa ‘Legge di Hubble’, utilizzata per indicare la recessione delle galassie e l’espansione dell’universo, chiamandola ‘Legge di Hubble-Lemaître’.

Per spiegare perché gli astronomi vogliono dare questo onore al sacerdote belga che fu collega di Einstein e che corresse Pio XII sul Big Bang bisogna riprendere in mano la storia della scienza di quel periodo.

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Tutti conoscono la teoria del Big Bang. Pochi però sanno che uno dei primi ad aver capito che l’universo si espande, e dunque ha avuto un inizio, è stato un sacerdote-cosmologo belga: George Lemaître. Il suo contributo a questa scoperta, tra le più affascinanti del ‘900, è rimasto a lungo oscurato dalla fama di Edwin Hubble. La legge su velocità e distanza delle galassie che si studia a scuola è intitolata soltanto allo scienziato americano, lo stesso a cui è dedicato uno dei più grandi telescopi spaziali. Ma come mai?

Nel 1927, il sacerdote e astronomo belga George Lemaître (1894-1966), applicando alla totalità dell’universo le equazioni della Relatività Generale, enunciate da Albert Einstein pochi anni prima, scopriva che la soluzione matematica prevedeva che l’universo fosse in espansione: un risultato assolutamente inaspettato. Lemaître, raccogliendo dalla letteratura i pochi dati allora disponibili sulla velocità di spostamento delle galassie, verificava che essi confermavano in maniera convincente la sua previsione teorica. Il sacerdote, certamente cosciente della portata rivoluzionaria della sua scoperta, pubblicava subito il risultato su una rivista belga di astronomia, in lingua francese, ma la scarsa diffusione della stessa lasciò la notizia quasi disattesa.

L’anno successivo però si tenne a Leiden, in Olanda, la terza Assemblea Generale dell’Unione Astronomica Internazionale cui Lemaître partecipò, unitamente ai più importanti astronomi dell’epoca. La sua scoperta destò grande interesse, ma anche notevole scetticismo: Einstein ne definì ineccepibile la matematica, ma ‘abominevole’ l’interpretazione fisica. L’americano Edwin Hubble invece, da valente astronomo sperimentale, ritornò in America eccitato dalla discussione avuta con Lemaître e iniziò subito una campagna osservativa con il nuovo telescopio da 100 pollici di Mount Wilson per verificare l’ipotesi del sacerdote belga. Un anno dopo, nel 1929, pubblicava il famoso articolo che confermava, con l’evidenza dei nuovi dati, la legge di espansione dell’universo che, da allora, prese il nome di ‘Legge di Hubble’.

La storia, come in un intrigo poliziesco, non finisce qui perché, sollecitato dell’astronomo reale Sir Arthur Eddington, George Lemaître tradusse in inglese il suo lavoro originale per la nota rivista inglese Monthly Notices. La versione inglese però, mentre riporta fedelmente il modello teorico, tralascia di pubblicare i dati osservativi che ne rappresentavano la verifica sperimentale. Per qualche tempo gli storici sospettarono un complotto editoriale, ordito per non oscurare la fama già conquistata dall’astronomo americano, finché da una lettera ritrovata negli archivi di Lemaître si capì che lui stesso aveva deciso di omettere i dati perché, dopo la pubblicazione di quelli di Hubble, riteneva quest’ultimi più numerosi e convincenti dei suoi.



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All’Assemblea vogliono, almeno i promotori della petizione, rendere onore innanzi tutto alle qualità scientifiche di padre Lemaître e poi anche alla sua onestà intellettuale.

Piero Benvenuti, segretario generale dell’Iau, ci tiene a ricordare la doppia veste di Lemaître: astronomo e sacerdote. Identificare il Big Bang scientifico con il Fiat lux biblico sarebbe stata un’ingenua forzatura, e fu lui a sconsigliarla a Pio XII. Per continuare su questa via, sarebbe opportuno aggiornare le formulazioni di quei dogmi di fede che con l’avanzare delle conoscenze «sono diventati incomprensibili e rischiano di trasformarsi in un insostenibile fardello per gli uomini di scienza» (Corriere della Sera)