Prosegue il nostro viaggio tra le schiere angeliche
In tutti i primi anni del XVII secolo, fu dato a un umile fratello converso francescano di contemplare una scena altrettanto impressionante dell’apparizione dei serafini. Discepolo del riformatore spagnolo Pietro d’Alcantara, fra Junipero De Castanjal aveva, se si può dire, abituato il suo vicinato alle singolarità della sua esistenza: frequenti estasi, penitenze spaventose, carismi eclatanti, miracoli disseminati a profusione. I monaci credevano di aver visto tutto, ma rischiarono di trovarsi male quando, allorché fra Junipero serviva la Messa conventuale a Priego, fu subito sollevato dal suolo, aureolato di luce, con gli occhi scintillanti, gridando con voce forte: «O amore, amore divino! Io vedo le porte del cielo aprirsi e l’Onnipotente che siede sul suo trono di luce, col Figlio e lo Spirito Santo. I Serafini, in piedi davanti a lui sui gradini d’avorio, si velano il volto con le loro ali di fuoco, e le Dominazioni sono prosternate ai suoi piedi, mentre risuona ai miei orecchi il celebre concerto: “Santo, Santo, Santo, il Signore Dio! Tutto l’universo è pieno della sua gloria».
Se la contemplazione estatica del canto del Trisaghion impressionò profondamente la comunità, essa ebbe anche ragione della salute del vecchio frate che, alcune settimane più tardi (il 4 agosto 1603), morì in un’ultima estasi, ancora tutto penetrato dagli splendori che aveva intravisti. Introdotta nel 1629, la causa di beatificazione di fra Junipero non ha avuto seguito.
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Le manifestazioni di Serafini ai mistici sembrano essere le più frequenti dopo quelle degli angeli custodi. La terziaria francescana Margherita da Cortona conobbe sovente questa grazia. La notte che precedeva la festa di Santa Chiara, la Beata, trovandosi in preghiera, vide apparire un angelo con sei grandi ali, che si degnò di benedirla e di eccitare in lei i sentimenti dell’amore più puro nei riguardi del suo Sposo celeste. L’abbondanza di questa consolazione fu così grande che il suo cuore ne fu inondato, e che apparve sui tratti del suo volto. Ella non poté contenere la sua gioia durante tutta quella notte; poiché quell’angelo la visitò diverse volte. Ella sentì un tale ardore nel cuore, che era tutto fiamma per amare il suo Dio, con lo stesso fervore con cui è amato dai Serafini in cielo.
La visione si rinnovò qualche tempo dopo. La seconda domenica d’Avvento, un po’ prima dell’aurora, mentre ella pregava il Signore secondo la sua abitudine, fu visitata da un angelo il cui volto era infiammato, e che aveva anche sei ali ammirevolmente disposte. Ma mentre i suoi occhi non potevano saziarsi di quella sublime visione, perché la sua anima era infiammata dagli ardori di quel Serafino, ecco che le forze le mancarono. Il suo spirito fu rapito nella contemplazione, ed ella fu sostenuta per molto tempo dalle braccia delle donne accorse, priva di sensi, assorta e assorbita in Dio.
L’angelo custode di Margherita le spiegò il significato di quei favori soprannaturali: “L’angelo dell’ordine dei Serafini che è disceso verso di te ti ha lasciato il fuoco dell’amore e dell’alta conoscenza di Dio”.
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Tali trasporti d’amore hanno talvolta delle conseguenze inattese. La conversa Maria D’Oignies (1177-1213) vide apparirle un Serafino “bruciante d’amore” che le mostrò il Cristo sofferente: perduta d’amore e di dolore, in preda a una vera ebbrezza mistica, la ragazza in estasi prese un coltello e si colpì il petto, infliggendosi una ferita paragonabile alla piaga causata dalla lancia sul costato del suo Benamato, al quale ella voleva essere conformata! Fortunatamente, i Serafini sono meno pericolosi d’abitudine, e questo incidente è un caso estremo.
Nelle sue estasi quotidiane accompagnate da levitazioni spettacolari, Madre Maria di Gesù Du Bourg (1788-1862) contemplava sovente lo splendore dei Serafini, che un giorno prima della sua morte la fecero esclamare davanti alla comunità stupefatta: “O Serafini, carissimi fratelli miei, come siete felici! Io non dico di essere nella gloria, ma di essere unita all’Amore. O miei beneamati, quando dunque canteremo insieme il Signore?”.
Spiriti infiammati dell’amore di Dio, che si comunica direttamente ad essi affinché lo effondano sugli altri cori angelici e in mezzo agli uomini, i Serafini sono talvolta associati al mistero d’amore che è la stigmatizzazione, come abbiamo visto per San Francesco d’Assisi.
Il 10 settembre 1602, la mistica spagnola Marina De Escobar riceve le stigmate esattamente allo stesso modo di San Francesco: la visione del Serafino realizza la trasformazione dell’amore poi, scomparendo, lascia le piaghe impresse nella carne della pia donna. Un anno prima, due angeli l’avevano preparata toccandole le mani coi chiodi della Passione di Gesù, il che le aveva causato un dolore indicibile.
Più recentemente, Speranza Gonzalez Puig sperimenta dalla mano di un Serafino la grazia della transverberazione del cuore: “Io mi vidi circondata da angeli e posta in mezzo a numerosi serafini e, come stavo così, notai uno di essi che, sotto la sembianza di un meraviglioso fanciullo, si accostava a me. Non vedevo quello che aveva in mano, ma quando diresse la sua mano verso il mio cuore, sentii una ferita penetrante, come se lo avesse traforato con un dardo di fuoco. Sentendomi morire, caddi a terra, come morta”.
Associati alle operazioni dell’amore divino nell’anima dei mistici, i Serafini non disdegnano pertanto di compiere altre missioni. Nel 1653, due Serafini intervengono presso la venerabile Maria De Jesus d’Agreda (1602-1665) per incitarla a riprendere il suo lavoro di redazione della Mistica Città di Dio. La povera monaca è alla seconda stesura, essendo stata confiscata la prima versione e gettata nel fuoco da un confessore poco incline ad accordare qualche credito a quelli che egli considera come sogni di donna.
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San Michele stesso aveva pertanto preso sotto la sua protezione – reputata così potente – il lavoro di suor Maria. Ma il confessore è stato più forte dell’arcangelo. L’8 dicembre 1655, Cristo appare alla religiosa in compagnia di due aitanti giovani vestiti di luce, che presenta come degli spiriti del coro dei Serafini: essi la assisteranno. Ella si scusa, finisce col cedere, un po’ per bassezza, molto per timore: gli angeli non hanno l’aria di voler scherzare. Si siede allora al suo scrittoio e il diavolo, che non aspettava che quell’istante, si leva subito per rovesciare il calamaio, strappare la carta, gettare per tutta la cella il modesto mobilio. Pazientemente, la religiosa raccoglie i pezzi, rimette ordine nella stanza, prosegue il suo lavoro. Come il demonio fa finta di accostarsi, i Serafini s’interpongono e con uno sguardo lo fermano. Infine, laboriosamente, suor Maria riesce a portare a termine il lavoro di scrittura che le è stato richiesto da Gesù in onore della sua Santa Madre: ella vi si è cimentata due volte. Il manoscritto viene riposto in luogo sicuro da un nuovo confessore più illuminato del precedente, i Serafini prendono congedo dalla santa monaca, con la stessa cortesia che le hanno sempre manifestata.
Nel 1813, Maria Caterina Ruel non pensa che a divertirsi. Ella ha quattordici anni, la Francia è stata da poco liberata dalla tirannia di Napoleone e la monarchica città di Marsiglia, già incline a divertirsi alla minima occasione, si stordisce in feste e balli popolari. Maria Caterina non è comunque meno pia, e un giorno va a confessarsi: sicuramente, non si attendeva la rampogna che le rivolge il sacerdote. Cosa, quelle risa, quelle danze innocenti sarebbero dei peccati, la trascinerebbero verso un male più grande? Ella non può crederlo. Come compie la sua penitenza, si sente venir meno: davanti a lei, l’inferno si è aperto, lo spazio di un lampo, ma così impressionante che crede giunta la sua ultima ora. Appena la visione svanisce, l’adolescente vede vicino a lei un personaggio maestoso: egli si presenta – è un Serafino e si chiama Spirito di Dio, Provvidenza di Dio – e l’informa che starà oramai in permanenza al suo fianco. Ella lo vedrà in ogni istante.
Il Serafino, che si chiama sua guida, intraprende la sua educazione. Per anni, egli si applica a inculcarle i tre amori che deve coltivare nel suo cuore: l’amore pratico della purezza verginale, l’amore disinteressato della volontà di Dio, l’amore costante ed effettivo delle croci e delle sofferenze. Convertita dalla sua mondanità, Maria Caterina cerca la propria strada: è dapprima istitutrice, poi sarta a domicilio, e il Serafino le suggerisce di insegnare ai bambini poveri. Poi la chiama a riunire intorno a sé una comunità di pie ragazze.
Nel 1822, le annuncia la visita della Vergine Maria che, al momento di un’apparizione, le mostra un convento che accoglie una congregazione ch’ella dovrà porre sotto i Santi Nomi di Gesù e Maria: ella sarà dunque fondatrice. Siccome esita, il Serafino la conduce presso padre Eugenio di Mazenod, nipote del vescovo di Marsiglia, che ha da poco istituito ad Aix-en-Provence l’ordine degli Oblati di Maria Immacolata. Il sacerdote incoraggia la ragazza e la invita a stabilire la sua casa madre a Marsiglia.
Fondata nel 1823, la congregazione è approvata definitivamente nel 1828. La nuova famiglia religiosa si pone sotto la protezione del Serafino che continua ad assistere visibilmente Maria Caterina, diventata Madre Sant’Agostino, e che l’accompagna nel suo cammino interiore: egli sarà presente al momento del suo matrimonio mistico, la sosterrà quando riceverà le stigmate, la illuminerà nel governo delle sue religiose, la proteggerà quando il demonio si accanirà contro di lei. Non la lascerà, compiuta la sua missione, che al momento della sua morte, il 26 luglio 1874, alla quale egli l’aveva preparata.