L’anno scorso era già stata insignita del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana dallo stesso Presidente e oggi ringrazia tutti, genitori, insegnanti e amici e sottolinea che nella sua vita ci sono fatiche ma anche molte soddisfazioniLo smalto sulle dita delle mani richiama la tinta dei suoi capelli: fuxia. Il suo viso sbuca da dietro il volume rilegato della sua tesi di laurea. Siamo all’Università di Siena, lei è Ilaria Bidini e il corso che ha portato a termine con 101/110 è quello di Scienze dell’educazione e della formazione. Questa donna di 32 anni è affetta da osteogenesi imperfetta, causa della imponente disabilità fisica che la costringe su una carrozzella – ma non all’infelicità!-e l’ha esposta per mesi, forse anni, alla ferocia degli insulti più vigliacchi; quelli che diventano più crudeli dietro un qualche schermo.
Siamo abituati a chiamarlo bullismo e cyberbullismo questo fenomeno che affonda le proprie radici in un luogo meno nuovo dei social e che da sempre può essere oscuro e inaccessibile: il cuore dell’uomo. Certo è vero che la possibilità di evitare di specchiarsi nella persona che si colpisce, il non dover affrontare le sue emozioni, le reazioni, la sua stessa presenza fisica apre il recinto ad una bestia che altrimenti sarebbe più mansueta, ma quando si parla di bulli (o di carnefici all’arma bianca) non si tratta mai di alieni, di persone geneticamente modificate venute da chissà dove. Si tratta di nostri consanguinei.
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Non conosco il contenuto dell’elaborato di Ilaria eppure il titolo è pieno di saggezza e speranza, oltre che di sano realismo. Come il suo sorriso: Sconfiggere il bullismo. Il contributo dell’educazione.
Ecco cosa si prefigge questa tenace aretina: uscire dal ruolo che, si vede, le va strettissimo, di vittima e liberare i suoi stessi aguzzini di un altro ruolo, troppo piatto e alla fine ingrato. Perché educare non è separare i buoni dai cattivi, ma il bene dal male; è combattere in noi stessi le inclinazioni distruttive e fare crescere quelle benefiche. Certo chi ha incontrato la verità di Cristo unico Salvatore sa che questa guarigione è impossibile senza la Sua grazia ma sa anche che spesso questa grazia agisce preventivamente o in incognita fino a che non venga apertamente riconosciuta e abbracciata, o tragicamente rifiutata.
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Era stato un video di FanPage di Saverio Tommasi nel luglio del 2017 a portare alla luce per la prima volta la vicenda: paradossalmente, di schermo in schermo, questa storia ha cambiato volto e anziché intristirsi fino all’esito più tragico di chi decide di togliersi di mezzo (è la stessa Ilaria che lo ammette. Alle volte ci ha pensato eccome) è diventata occasione di gioia per tanti. Ilaria, che aveva accettato di leggere a favore di telecamera una selezione tra i peggiori insulti che le venivano così cortesemente tributati, si è mostrata una vera forza nella sua fragile fisicità. Ci mette dell’enfasi ironica quando dice per esempio “mio Dio, che orrore sei!” che segue ad altri peggiori e pure sgrammaticati come questo “handicappatta”(…) “gli amici che hai gli fai pena a tutti”. Questo stesso video, visualizzato milioni di volte, era arrivato anche al Presidente della Repubblica che decise di insignirla del titolo di Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, nel febbraio del 2018:
Qualcuno di quegli haters aveva pronosticato per lei una laurea omaggio per via della pena che avrebbe suscitato e pure la totale impossibilità di trovare un compagno poiché nessuno avrebbe mai potuto innamorarsi di lei. Ilaria invece si trova costretta a smentirli tutti. La laurea se l’è guadagnata, il fidanzato ce l’ha, i genitori, gli amici pure e ora anche diverse migliaia di fan social.
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Ma non vogliamo banalizzare, non faremmo affatto un buon servizio né ad Ilaria né alla verità. La sua condizione è difficile, le menomazioni che offendono il suo corpo ci sono, la sofferenza interiore di sicuro non è mancata; i suoi genitori avranno patito tanto nel vederla patire, proprio per l’amore che le portano. Lo sappiamo noi papà e mamme di bimbi disabili gravi. Non è buttandola in caciara che ci sentiamo consolati, ma guardando i nostri figli per quel che sono, creature preziose, amate da Dio, amata da noi e da tanti; creature ferite e per questo più vicine al mistero divino. Per questo, proprio per questo, ancora più preziose in questo mondo che Cristo ha messo sottosopra con le sue braccia fortissime ma appese in croce; lo ha fatto mettendo i poveri, i miseri, i sofferenti, gli ultimi per primi. Dicendo beati a quelli che per il mondo non lo sarebbero. E che invece, davvero, lo diventano e non solo dopo.
Congratulazioni di cuore, cara Ilaria, e grazie per la tua battaglia! Se non ti dispiace è anche un po’ la nostra.