Sentenza della Corte Suprema. Bavaglio agli attivisti Pro Life che organizzano sit in davanti a cliniche per le interruzioni di gravidanza
La Corte suprema inglese, ha confermato il divieto di organizzare veglie di preghiera dinanzi all’ingresso delle cliniche abortiste.
Il divieto era stato già emesso in prima istanza dal consiglio comunale del distretto di Ealing, Londra, per disperdere i manifestanti davanti all’ospedale “Marie Stopes” e creare attorno alla struttura una sorta di “zona di esclusione” di almeno cento metri.
La notizia è stata diffusa dal Catholic Herald (2 luglio) e rilanciata da Corrispondenza Romana (4 luglio).
Leggi anche:
Madre di 5 gemelli rifiuta l’aborto selettivo: “Li amavo già tutti”
Evitare il “contatto”
Il provvedimento è stato voluto, per impedire alle donne, che abbiano scelto di interrompere la propria gravidanza, di entrare in contatto coi volontari dei gruppi pro-life, perchè potrebbero distoglierle dal loro proposito e convincerle ad accogliere la vita, che accolgono in grembo.
La storia di Alina
Insomma, chi si batte contro l’aborto, a Londra, è uno spettro da evitare! Eppure, riporta In Terris (10 luglio), grazie alla sensibilizzazione delle associazioni pro life, ci sono storie come quella della 34enne, Alina Dulgheriu, che hanno avuto un lieto fine.
“Sono rattristata e scioccata”
Ad Alina è stato offerto aiuto finanziario e morale, oltre ad un alloggio, e che avendo accettato l’offerta dei pro-life oggi è madre di una «bellissima» figlia di 6 anni. La donna ha così commentato la sentenza della Corte: «Sono rattristata e scioccata dal fatto che la Corte abbia sostenuto una misura che impedisce alle persone buone di dare aiuto alle madri che lo desiderano disperatamente».
Come riferisce il Catholic Herald, la madre sta valutando di fare ricorso contro la sentenza «per il bene delle donne vulnerabili e il futuro delle nostre libertà fondamentali».
Leggi anche:
Una diagnosi infausta, lo spettro dell’aborto e invece: è nata Greta, sana e vivace
“Duro colpo per i diritti umani”
Le fa eco Elizabeth Howard, portavoce della campagna pro-life Be Here for Me, la quale ha dichiarato: «Questa decisione è un duro colpo per la libertà di parola e per i diritti umani in questo Paese. Ma la lotta per i diritti umani non è mai stata facile. E continueremo a fare del nostro meglio per raggiungere quelle donne che sentono di non avere altra scelta che un aborto che non vogliono».
Del resto – ha annunciato la Howard – «questa decisione non è certamente la fine della testimonianza pro-vita in questo Paese».
Leggi anche:
Giornalista argentina si oppone all’aborto e viene cacciata dal canale televisivo per cui lavora