Lo scrittore popolare tra i giovanissimi: vedo tanti ragazzi in cerca di una vocazione
Attenti al piacere estemporaneo di un like su facebook! L’unico vero “mi piace”, quello autentico e che ti arricchisce te lo concede solo DIo.
Parola di Alessandro D’Avenia, lo scrittore molto popolare tra i teen-ager, intervistato da Alberto Galimberti in “È una Chiesa per giovani?” (Ancora editrice).
Paura di valere poco
D’Avenia racconta chi sono i giovanissimi con cui si è confrontato in questi anni sia a scuola che negli eventi a cui ha partecipato oppure attraverso le lettere e i messaggi che riceve quotidianamente.
«Vedo ragazzi in cerca di una vocazione – sostiene D’Avenia – Hanno paura che la loro vita non valga niente, perché l’educazione non li aiuta a concepire la propria vita come un inedito, una novità assoluta, una chiamata a portare nel mondo qualcosa che solo loro possono portare. Se non hai questa prospettiva ti ripieghi su te stesso e cerchi di risolvere il desiderio infinito con piccole cose che diventano assolute, ma finiscono per deludere. I ragazzi hanno il cuore di sempre, si ripiegano su se stessi se non offriamo loro progetti di vita anziché oggetti che si rompono».
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La ricerca della felicita
Ma che tipo di felicità cercano questi giovanissimi? «Il desiderio di felicità è piramidale – replica lo scrittore e insegnante – parte da un like di Facebook, che fa sentire la vita come importante per qualcuno, per arrivare all’unico like che può riempire totalmente questo essere amati profondamente come si è: il like di Dio. Quindi tutte quelle cose non sono altro che strade provvisorie di felicità, ma tutti cerchiamo Dio, che lo ammettiamo o no. Siamo il più grande spettacolo prima del big bang, perché siamo stati pensati, amati, voluti prima della fondazione del mondo».
E «andiamo a caccia di queste mani che ci hanno plasmato e solo quando le troviamo tutto il resto si rivela per quello che è, bello ma provvisorio».
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Scettici di fronte alla fede
Proprio questa ricerca porta inevitabilmente i ragazzi ad interrogarsi sulla presenza di Dio.
«Ricevo lettere in cui i temi del dolore, della morte, della vocazione e di Dio sono frequentissimi – osserva D’Avenia – I giovani sono scettici di fronte a qualsiasi forma strutturata di fede, ma perché troppo spesso li educhiamo alla fede come dovere e non come rapporto reale d’amore, che come ogni rapporto richiede riti che lo proteggano. Se non passassi del tempo con la fidanzata, che amore sarebbe? I riti sono conseguenza dell’amore, non del dovere».
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Cristo è giovane
La Chiesa di Papa Francesco intercetta questo modo di pensare delle nuove generazioni? Lo scrittore è laconico: «Cristo è giovane, è il sempre giovane, è colui che ci fa ringiovanire, qualsiasi età abbiamo. E la Chiesa è il corpo di Cristo. Quindi la risposta è sì, e così sarà sempre, chiunque sia il papa, che ha la grazia di mostrare agli uomini proprio questa giovinezza, che non c’entra con l’età, ma con ciò che è sempre nuovo a ogni incontro».