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Chi è Paolo Savona e perché fa così paura alla UE?

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Lucandrea Massaro - pubblicato il 25/05/18
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Profilo del possibile ministro dell’Economia del governo ContePaolo Savona nasce alle cronache politiche come il ministro dell’Industria nel Governo Ciampi nel 1993, il periodo in cui venivano varate le misure per l’ingresso dell’Italia nella moneta unica. Il suo incarico durò un anno poi si sono un po’ perse le tracce. Nato a Cagliari il 6 ottobre 1936, economista e politico, ex direttore di Banca d’Italia quando Guido Carli ne era governatore, ex direttore generale di Confindustria, studioso del sistema monetario internazionale, autore di numerosi saggi scientifici, collaboratore del padre del liberismo Franco Modigliani (Nobel nel 1985).

Il suo curriculum comprende anche la presidenza o comunque la collaborazione con numerose fondazioni, associazioni e comitati scientifici, tra cui l’Aspen Institute, un think tank americano che – come la Trilateral o il Club Bilderberg – è spesso al centro di oscure teorie del complotto un tempo molto citate da parlamentari e dirigenti del Movimento 5 Stelle (queste citazioni sono molto diminuite da quando Di Maio è diventato capo politico del Movimento) (Il Post).

Negli anni, la sua fiducia verso l’architettura della UE e dell’Euro è via via scemata fino a diventare – a tutti gli effetti – un paladino dell’antieuropeismo e di un certo grado di ostilità verso la Germania, considerata matrigna d’Europa e perseguitrice di un progetto neo-coloniale. È su queste basi che Salvini e Di Maio premono per lui come erede di Padoan: «È una garanzia per gli italiani», ha detto il leader della Lega lasciando Montecitorio dopo l’incarico a Conte; «per me e Salvini è una persona all’altezza della situazione, un valore aggiunto», ha ribadito poi il capo politico dei 5 Stelle.


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L’Euro come gabbia

Nel suo ultimo libro «Come un incubo, come un sogno» in uscita a breve e di cui il quotidiano La Stampa ha anticipato alcuni stralci, la posizione di Savona è netta: «L’euro? E’ una gabbia tedesca. La Germania ha sostituito la volontà di potenza militare con quella economica. L’UE è viziata da una innata ingiustizia. Bisogna ricorrere a un piano B per uscire dall’euro, se fossimo costretti». Sulla moneta unica, in quelle pagine, il ministro «in pectore» non risparmia critiche al vetriolo: «L’euro è una creatura costruita male, con una modifica di fatto della Costituzione, attuata con leggi ordinarie da parlamenti impreparati e superficiali subordinate a élite che illudono i popoli».

Per il professore l’ingresso nell’euro del nostro Paese è stato prematuro, tuttavia questo non vuol dire che la sua proposta sia una uscita disordinata dall’unione monetaria. E Savona quei trattati li conosce bene e ne discusse lungamente con Guido Carli, all’epoca Governatore della Banca d’Italia, esprimendogli tutta la sua contrarietà quando decise di porre quella firma su regole che lui giudicava arbitrarie e restrittive.

Quelle idee furono riassunte nel volume del 1996 ‘L’Europa dai piedi d’argilla‘. E quei giorni sono stati ripercorsi nel recente pamphlet ‘Quando a Carli tremò la mano’, scritto a quattro mani con Carlo Panerai. “Nella vita di Governatore ho messo tantissime firme. Quando ho firmato il trattato la mano mi tremava”, è la confidenza di Carli che Panerai sostiene di aver raccolto, “sapevo che era necessario far entrare l’Italia nel vertice dell’Europa, ma sapevo anche che l’Italia non è pronta. Speriamo che lo diventi” (AGI).


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La Germania despota d’Europa?

Per Paolo Savona la Germania anche nell’era post bellica non ha abbandonato la sua idea di estendere il proprio dominio sul continente. Sempre nel suo libro – in uscita a breve – possiamo leggere un giudizio molto pesante dell’economista su Berlino: «La Germania non ha cambiato la visione del suo ruolo in Europa dopo la fine del nazismo, pur avendo abbandonato l’idea di imporla militarmente. Per tre volte l’Italia ha subito il fascino della cultura tedesca che ha condizionato la sua storia, non solo economica, con la Triplice alleanza del 1882, il Patto d’acciaio del 1939 e l’Unione europea del 1992. È pur vero che ogni volta fu una nostra scelta. Possibile che non impariamo mai dagli errori?».

Una posizione che fa capire la preoccupazione del capogruppo del PPE Manfred Weber o quella di Sergio Mattarella sul varo di un governo così euroscettico. Il Manifesto ricorda che le posizioni di Savona sono di lungo periodo:

D’altronde 7 anni fa in un’intervista al Foglio Paolo Savona diceva quello che negli anni successivi Salvini e il Beppe Grillo della prima ora avrebbero ripetuto più volte: «Anche se si fa finta che il problema non esista, il cappio europeo si va stringendo attorno al collo dell’Italia. E’ giunto il momento di comprendere che cosa stia effettivamente succedendo nella revisione del Trattato di cui si parla e nella realtà delle cose europee, prendendo le necessarie decisioni; compresa quella di esaminare l’opportunità di restare o meno nell’Unione o nella sola euro area, come ha fatto e fa il Regno Unito gestendo autonomamente tassi di interesse, creazione monetaria e rapporti di cambio». Ancora più esplicito l’anno dopo: «Chiediamo di chiamare gli italiani a votare se desiderano stare nell’euro e assumersi le relative responsabilità e i conseguenti oneri per eliminare l’incertezza politica di cui si parla e di consolidare il debito pubblico a breve, garantendone il valore reale al rimborso, riconoscendo un interesse pari all’inflazione e, se proprio si vuole incentivare l’operazione, una quota della crescita del pil reale».

Un atto di accusa che coinvolge tutta l’élite italiana ma che non è – si difende Savona – un antieuropeismo pregiudiziale.

«Io sarei per l’Europa unita, per questo non posso che dire peste e corna di quello che vedo a Bruxelles. Le difficoltà dell’Ue sono colpa delle élite che la guidano: dicono di interessarsi del popolo ma si occupano solo di loro stesse e non ammetteranno mai il fallimento dell’Europa perché significherebbe autocondannarsi. E questo acuisce i problemi. La mancanza di diagnosi comporta l’assenza di terapia. Le élite italiane hanno voluto questa Europa, sbagliando. Si prendano la colpa o qualcuno gliela attribuisca»

Un anno fa, in un’intervista a Libero, Savona sosteneva: «Quelli che oggi si dicono europeisti in realtà sono anti-italiani» e che: «Non esiste un’ Europa, ma una Germania circondata da pavidi».

Insomma il nome di Savona, pur nella sua autorevolezza, rischia di diventare un problema per la nascita del nuovo esecutivo, Mattarella potrebbe arrivare a mettere un veto sulla sua presenza nell’esecutivo, il che determinerebbe probabilmente la morte del governo del professor Giuseppe Conte, ben prima del suo insediamento reale.