Un astronomo americano ha trasformato in musica i movimenti della Via Lattea ed è quasi un invito ad alzare lo sguardo all'armonia di Dio che non è poi così nascosta
Cielo e terra, si sfiorano all’orizzonte ma non si mescolano. Parlare di musica e armonia fa pensare al cielo, perché qua sulla terra siamo tutto tranne che accordati.
Tutti i modi di dire su «canti celestiali», «note paradisiache», «voci angeliche» sono diventati una melodia reale, perché l’astronomo americano Mark Heyer si è cimentato in un esercizio affascinante: ha tradotto in musica la Via Lattea, vale a dire ha trasformato in suoni 20 anni di segnali raccolti dai radiotelescopi impegnati a registrare i movimenti dei gas nella nostra galassia (da Ansa.it).
Addentrarsi su come abbia fatto è arduo per noi analfabeti di matematica complessa, però ci è riuscito, con un algoritmo: ad ogni specie di gas è stato attribuito uno strumento musicale e ora noi possiamo ascoltare la musica della Via Lattea.
Vorrei – neanche troppo sommessamente – ricordare che quei geni del Medioevo avevano un percorso di studi chiamato Quadrivio che fondato sulla somiglianza di queste quattro materie: aritmetica-geometria-astronomia-musica.