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Padre Aldo: se non fossi aggrappato a te, Gesù, cadrei nel baratro del nulla

GRAVE,RIP
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Il blog di Costanza Miriano - pubblicato il 05/03/18
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Di fronte a una nuda bara abbiamo bisogno di non sentirci creature finitedi Padre Aldo

Cari amici,

La Divina Provvidenza è instancabile. La Fondazione è diventata un porto di mare dove arriva di tutto. Ogni giorno riceviamo moltissimo pane che condividiamo con tantissimi poveri, i quali hanno fame di tutto. Ultimamente ci arrivano casse da morto di lusso, lasciateci in dono dai ricchi che alla sepoltura preferiscono la cremazione. Abbiamo il piano della Clinica sotterraneo che ne è zeppo.

L’altra sera sono sceso. Ero solo e mi sono appoggiato su una delle bare guardando lo spazio che un giorno sarà riempito da questo povero corpo e che poi andrà sotto un metro e mezzo di terra. Questo pensiero mi dava fastidio.

Immaginarmi solo sotto terra, nell’attesa di diventare terra, mi creava un po’ di “pel di gallina”. Ma ad un certo punto mi sono venute in mente le parole di S. Gregorio Nazianzeno: “Poi io muoio e la carne diventa polvere come quella degli animali che non hanno peccati. Ma io cosa ho più di loro? Nulla, se non Dio. Se non fossi tuo, Cristo mio, mi sentirei creatura finita.” La tragedia dell’uomo moderno è la censura di questa coscienza di sé, per cui vive come un idiota senza assaporare niente, definito dal nulla. Superare questa angosciante prospettiva è possibile solo se accade l’incontro con Gesù in ogni momento, senza spazi fra un istante e l’altro.



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Lo sperimentavo l’altra sera quando, guardando la bara, mi sono distratto fissando il vuoto per alcuni momenti. Ho provato un’angoscia terribile, vinta solo dalla mia familiarità con Gesù. Davvero se non fossi tuo, Cristo mio, il nulla sarebbe il mio destino. Ma non parlo solo del nulla come punto finale, ma come posizione di fronte a ciò che Pio XI chiamava “il terribile quotidiano”.

È la vita priva di senso per cui Trump, di fronte alla strage in Florida, propone come soluzione al non senso della vita l’armare i maestri. Vi ricordate quella famosa frase del gruppo terrorista autore della strage della stazione di Madrid? “Noi amiamo la morte (il nulla) più di quanto voi amiate la vita.”

Un’accusa terribile all’occidente cristiano, che ha perso Gesù e quindi l’amore, il gusto intenso della vita. Le bare vuote che riempiono il sottosuolo del mio ospedale mi ricordano il nulla: “polvere sei e in polvere ritornerai”. Mi ricordano la morte e, se non mi avesse preso, afferrato Gesù, sarei un disperato. Ma sono proprietà di Cristo e quindi ogni istante è l’esperienza della Resurrezione. Auguro a ciascuno di voi di non avere paura del vuoto, perché l’essenziale è che sia pieno di Gesù.



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L’angustia del vuoto ci attira, ma noi siamo afferrati a Gesù, che è infinitamente più sicuro dei chiodi ai quali mi aggrappavo scalando da giovane la Tofana di mezzo, sentendo allo stesso tempo l’attrazione del vuoto. Un’attrazione che mi faceva rabbrividire, perché si trattava di una questione di secondi: se avessi staccato le mani? Così è la sfida di ogni secondo: se mi stacco da Gesù, cado nel baratro del nulla di cui la bara è un’evidenza.

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