Sarebbero molte di più, quelle degne di nota. Ne scegliamo solo 5 per porre l’accento su alcuni tratti del genio femminile
1) Connie Yates
Primo volto, primo accento.
La mamma di Charlie Gard. Connie Yates ha partorito quel bimbo, lo ha amato, ha lottato e sofferto per lui, con una forza che ha del sovrumano; più propriamente del femminile. Lo sappiamo, la maternità, senza attingere alle tinte forti e stucchevoli della retorica più scontata, ma prendendo spunto dalla storia e dal Vangelo, è quella cima sulla quale vengono di preferenza conficcate gioie e croci. A volte contemporaneamente. Connie ha combattuto, resistito, perso peso e sonno; ha pianto, studiato, bene e in fretta, compreso la patologia del figlio, trovato cure sperimentali, e non i fiori di Bach. Telefonato e scritto in tutto il mondo. Dal Papa a Trump, dal Bambin Gesù a tanti medici di ottima competenza e larga umanità si sono resi disponibili e si sono esposti per quel bimbo.
Ha attraversato come incendi devastanti tre livelli di giudizio: Alta Corte, Corte d’Appello, Corte Suprema. E anche in sede europea, qualche testa staccata dal cuore e pure dalla ragione ha respinto le loro richieste. Che consistevano nel tentare di fare tutto per il bene di Charlie. Curarlo anche senza guarirlo.
Era sola nel suo essere madre, ma sostenuta dal marito, che ha patito e lottato da uomo, anche lui eroicamente. Ed erano confortati da parenti, amici e da intere armate, in tutto il mondo. Il battaglione più agguerrito? In Italia. Le armate di Charlie. Connie ha fatto tutto questo e, alla fine, ha ceduto.
“Gli ultimi 11, quasi 12 mesi sono stati i migliori, i peggiori ed in ultima analisi quelli che hanno cambiato le nostre vite, ma Charlie è Charlie e non lo cambieremmo per niente al mondo. Tutti i nostri sforzi sono stati fatti per lui”.
Lo hanno scritto lei e Chris in una lettera rivolta ai tanti arruolati, anche noi, nelle Armate di Charlie.
A lei, a quella forza continua, che avrebbe verosimilmente speso nei giorni normali se la vita di suo figlio fosse stata diversa, e pure nella sua vita di bimbo gravemente malato ma con un suo possibile benessere, a Connie, il nostro primo omaggio. Che il Signore consoli, perdoni quel che ci fosse da perdonare e col Suo solito incoercibile amore paradossale usi la potenza inerme di Charlie, così “Cristosimigliante”, a favore di tutta l’umanità, che non lo merita. Proprio perché non lo merita.
Leggi anche:
La Via Crucis per Charlie Gard: come da cristiani possiamo accompagnarlo in Cielo
2) Paola Bonzi
Secondo volto, altro accento.
La conosciamo già in tanti e non è solo il 2017 a vederla come eroica protagonista. Il suo Cav esiste dal 1984, al Mangiagalli di Milano. Per sua volontà. Lei, Paola Marozzi Bonzi, può vantare un intero esercito di debitori del bene per eccellenza, la vita. Sono quasi ventimila i bambini scampati alle spesso disperate intenzioni di aborto di mamme schiacciate dalla paura. Oppure oppresse dalla miseria, terrorizzate dal rifiuto o le minacce di compagni, mariti, madri, suocere, datori di lavoro. O altro. Le storie sono tutte diverse.
E’ andata persino in Russia, all’inizio di questo burrascoso anno arrivato agli ultimi giri. Invitata da Russia Cristiana e daA parlare di vita nascente. In un incontro promosso dal patriarcato ortodosso e da una Russia preoccupata per la grave crisi demografica. La Russia ha il tristo primato di avere inaugurato l’era dell’aborto legale. Tutt’ora ha uno dei tassi più alti al mondo. E i medici non possono invocare l’obiezione di coscienza. Le misure fino ad ora adottate non hanno portato all’inversione di tendenza sperata. Cosa manca? Lo hanno chiesto anche a lei. E lei, come vediamo abitualmente sulla stampa e sul web, racconta le storie che incontra. E conosce storie perché ascolta le donne. Si mette lì, seduta, e le ascolta. Una cosa poco monetizzabile, parrebbe. Invece sono migliaia le vite che hanno potuto continuare fuori da placente che altrimenti sarebbero state svuotate e buttate con quei corpi in formazione. Lei ascolta e insegna ad ascoltare. Dopo quella fine di gennaio anche a colleghi russi, su su, fino in Siberia.
Leggi anche:
Una “partigiana della vita” come Presidente
Poi promette sostegno, suo malgrado spesso piccolo, ma mirabilmente quasi sempre più che sufficiente a far sì che quelle donne dicano “sì, ci sto. Avanti. Avrò questo figlio. Grazie”
3) Annamaria Berenzi
E’ una professoressa di scuola superiore. Insegna matematica; è amata dai suoi studenti, circa 150 al punto che una di loro, a sua insaputa, l’ha candidata al premio Italian Teacher Prize, una sorta di Nobel per gli insegnanti, recita la stampa. Era la prima edizione e l’ha vinta lei.
Alessia, la sua allieva, sostiene infatti che fare matematica era il modo migliore per non pensare alla chemio. Alessia e gli altri 149 bambini e ragazzi sono degenti, alcuni lungodegenti, di oncologia, oncoematologia e neuropsichiatria.
Chiusi dentro quella cittadella che sono gli Spedali Civili di Brescia si vive sottratti al flusso quotidiano delle cose, con una speranza alle volte robusta, altre sottile o moribonda e consegnati a terapie, controlli, esami, accertamenti, interventi.
Annamaria ha confessato di avere iniziato temendo di non riuscire a reggere tutto quel dolore. Tutto quel carico.
Perché andare a fare scuola a dei ragazzi che devono lottare con malattie terribili? Che non sanno se usciranno vivi da quei corridoi? Perché non aspettare che quella terrificante, innominabile parentesi si chiuda per poi riprendere la vita normale?
Leggi anche:
«Il cancro è un dono». Così David Buggi, una notte, ha incontrato Dio
Semplicemente perché quella è già vita. E nella vita esistono dolore, malattia, fatica. E grazie a Dio ospedali, pure. E anche se qualche ragazzo dovesse morire prima di aver mandato a memoria le basi della trigonometria avrà fatto bene a studiare, spendendosi nel suo presente, come tocca a ciascuno, pure ai sani.
Annamaria non rinuncerebbe mai, ora, a questo suo incarico. Si ritiene una privilegiata.
4) Maria Teresa Pitoni
Anche questa signora viene dal mondo della scuola. La scuola buona, quella del futuro, la scuola interattiva, quella trasparente, la scuola delle avanguardie. O la scuola fonte di disagio, la scuola che non prepara, quella che indottrina. La scuola che a volte, crolla. Sì, questa tenace professoressa insegna e dirige un polo scolastico risorto poco più in là delle macerie della scuola originaria, venuta giù il 24 agosto del 2016, a Capranica. Ha convinto i genitori spaventati. Ventiquattro moduli prefabbricati fanno da sfondo alle giornate eroicamente normali di 176 studenti. Molti dei quali hanno dei compagni deceduti in quelle prime fortissime scosse. Ha ricevuto come la collega bresciana che insegna nella sezione ospedaliera un alto riconoscimento da parte dello Stato.
Leggi anche:
I sogni e le persone che fanno rinascere Amatrice
“Già a capo di quattro istituti tecnici a Rieti, per un totale di 850 ragazzi, da settembre 2016 è anche la nuova dirigente scolastica di Amatrice, Accumuli e Cittareale. All’inizio dell’anno scolastico è andata nei campi di accoglienza nelle tendopoli nelle frazioni più isolate, ha scritto messaggi sui social, ha incoraggiato bambini e ragazzi a non cambiare città o indirizzo di studi e trasformando il primo giorno di scuola in un giorno di festa”.
Si legge nelle motivazioni indicate per l’assegnazione dell’onorificenza Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
5) Francesca Izzo
Francesca Izzo ha insegnato Storia del pensiero e Filosofia della politica all’Università di Napoli “l’orientale”. E’una delle fondatrici del movimento Se non ora quando e poi di Se non ora quando–Libere. E’ stata deputata nelle fila del partito Pds/Ds nella legislatura 1996/2001.
Leggi anche:
Cosa pensano le vere femministe dell’utero in affitto
La motivazione di questa segnalazione anche da parte di un Media come il nostro sta proprio nella distanza abituale che potrebbe separarci e nella felicissima consonanza sul tema dell’utero in affitto. Pur non ottenendo il patrocinio della Camera dei Deputati – e questo, se possibile, aggiunge e non toglie autorevolezza alla faccenda- le donne del movimento hanno portato a Montecitorio una istanza divenuta per circostanze eroica e necessaria. Nonché squisitamente femminista e femminile. Era il 23 marzo del 2017 e questo il titolo dell’incontro internazionale promosso e organizzato dal movimento: “Maternità al bivio: dalla libera scelta alla surrogata. Una sfida mondiale”.
Obiettivo: una moratoria mondiale per la messa al mando della orribile pratica dell’utero in affitto. Lesiva della dignità delle madri e dei bambini.
“La maternità surrogata fa sì che il processo unitario venga segmentato in tante parti: gli ovociti; la gravidanza; il bambino…E sono addirittura soggetti diversi. È un qualcosa che riduce la maternità, che noi femministe volevamo elevare a una scelta, a una dignità pienamente umana, e che invece diventa un processo meccanico, scomposto. Per cui una donna diventa un forno per fare bambini, dove si mette un ovocita per farlo maturare: cioè qualcosa che nega in radice l’idea stessa di dignità della maternità” (Francesca Izzo spiega le ragioni della moratoria, Radio Vaticana)
Chiedono che l’istanza arrivi all’ONU.
Possiamo anzi dobbiamo ricordare che un piccolo e pugnace quotidiano nato senza fondi pubblici aveva già raccolto migliaia di firme. Era il febbraio del 2015. E il giornale si chiama La Croce.
Ma così deve essere! Chiunque faccia un uso retto della ragione, credente o meno, deve potersi riconoscere in questo rifiuto categorico e senza distinguo della riduzione delle persone a cose.