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Che tipo è Papa Francesco quando è lontano dalle telecamere?

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 24/11/17
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Dalla cerniera inceppata del cardinale Napier al whiskey Jameson: alcuni aneddoti sul pontefice lontano da tv e taccuini

Conosciamo Papa Francesco per il suo estro e i suoi messaggi forti e pungenti che lancia davanti a milioni di persone. Ma come si comporta il pontefice quando è lontano dalle telecamere? Che tipo è Jorge Bergoglio nei momenti più personali e privati?

Lo racconta chi lo conosce da vicino nelle interviste di Deborah Castellano Lubov per “L’altro Francesco” (edizioni Cantagalli).

Libero e sincero

Joseph Edward Kurtz, Arcivescovo metropolita di Louisville, già Presidente della Conferenza episcopale statunitense, ricorda: «Papa Francesco è molto attento alla persona che ha di fronte, parla in modo libero e sincero, ascolta, pone domande, risponde a tono. L’accoglienza che ci riservò mi mise a mio agio, apprezzai molto quel primo incontro con il papa».

La cerniera inceppata

Wilfrid Fox Napier, Cardinale e arcivescovo di Durban, Sudafrica, spiega: «I nostri incontri sono stati molti, tuttavia mi fa piacere in particolare ricordarne uno, perché dà un’idea concreata del “personaggio”. Ero alla reception della casa Santa Marta, stavo prendendo qualcosa dalla mia borsa e mentre la sollevavo l’estremità della fascia rossa della mia veste si è incastrata dentro la cerniera della borsa, allora ho sentito qualcuno che mi strattonava leggermente il fianco… era Francesco che cercava di sganciare la fascia da dove si era incastrata!».



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“Cosa cucini?”

Maria Elena Bergoglio, sorella di Bergoglio, dice che da quando è diventato papa non è praticamente cambiato nulla. «Da allora mi ha telefonato molte volte. Ed abbiamo sempre parlato come fratello e sorella. Telefonate normalissime, come sempre! Mi chiedeva per esempio che cosa stessi cucinando. Ma aveva chiaramente sempre tanto da fare. Mi piacerebbe molto sentire più spesso mio fratello, ma purtroppo adesso non è possibile. Ora mi telefona ogni volta che ne ha la possibilità. È sempre lui a chiamare. Io non ho idea di come poterlo contattare e a dire il vero non voglio neanche saperlo, perché non voglio disturbarlo».



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“Piacere, mi chiamo Bergoglio”

Timothy Dolan, Cardinale e arcivescovo di New York, ha avuto il suo primo incontro con Bergoglio dopo le dimissioni di Ratzinger.

«Ero un cardinale relativamente nuovo al momento delle congregazioni, quindi prima e dopo le congregazioni cercavo di incontrare tutti miei confratelli cardinali che potevo. In una pausa, mentre bevevo una tazza di caffè, sentii qualcuno toccarmi sulla spalla. Mi voltai, quella persona mi strinse la mano e mi disse: “Mi chiamo Jorge Bergoglio. Penso che lei sia Timothy Dolan e volevo conoscerla”. Sono rimasto impressionato dal suo approccio così diretto per conoscermi, e questa sua caratteristica mi ha colpito fin dall’inizio».

Il sedile posteriore

Dolan ha in comune con il papa un forte senso dell’umorismo. «Mi prese in giro – evoca il cardinale di New York – quando eravamo nel bel mezzo dei preparativi per la sua visita pastorale a New York nel 2015. Ricordo che voleva usare una comune automobile, ma aveva detto al suo accompagnatore di assicurarsi che potessi stare sul sedile posteriore di qualunque macchina usasse! Penso che sapesse che ero un uomo corpulento, che stavo agli scherzi e che anche a me piaceva scherzare, così mi sono sentito immediatamente a mio agio con lui».

Le due gocce di whiskey

Poi, a conclusione della sua visita a New York, «quando eravamo sull’elicottero che lo riportava all’aeroporto per dirigersi verso Philadelphia – ricorda Dolan – prese una bottiglia d’acqua e chiese se ne volevo una anch’io. Gli risposi: “Santo Padre, in verità sì, ho molta sete. Ho bevuto poco nelle 34 ore in cui lei è stato qui, perché non si sa mai se si riesce a trovare un bagno!”. Rise e disse: “So cosa vuol dire. Non beve nulla?”. Sorrisi e ammisi: “Prenderò poi un goccio di whiskey Jameson”, e lui rise di gusto. Qualche minuto dopo, una volta atterrati, mentre si dirigeva verso la scaletta dell’aereo, fui l’ultimo a stringergli la mano. Si fermò, mi guardò e disse: “Oggi beva due gocci di Jameson per festeggiare una visita così bella”».

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