“Don’t worry about anything; instead, pray about everything. Tell God what you need, and thank him for all he has done. Then you will experience God’s peace, which exceeds anything we can understand. His peace will guard your hearts and minds as you live in Christ Jesus”.
Nonostante il mio inglese a macchia di leopardo sono riuscita a tradurmi da sola queste due frasi.
“Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Gesù Cristo” (Filippesi, 4, 6-7)
Ecco. Con questi due versetti della Lettera ai Filippesi Laura, una bellissima donna, americana, sportiva, bionda, occhi azzurri e sorriso largo, introduce un’immagine di lei col marito John, postata sul suo profilo Instagram. Conta 500mila followers.
Ah, gli sposi novelli! Tutto zucchero e occhi languidi! Ah, cari piccioncini ancora risparmiati dalle durezze della vita, ora la Parola di Dio vi sembra un leggero e profumato balsamo da applicare generoso sui vostri bei capelli vaporosi…
Va bene vi perdoniamo, perché siete giovani.
E invece no. Non è così come volevo farvi sembrare. Laura è sì bella, giovane, bionda, in forma smagliante (vedrete nelle sue foto le sue performances da istruttrice Pilates. Mi ha fatto venire voglia di cominciare questa disciplina. Di notte).
Il marito Jonathan Grant e lei si amano, sono innamorati, si sono sposati da relativamente poco tempo, 5 anni. Che saranno, le nozze di legno? Sì, google mi conferma che sono quelle di legno.
Ma poco prima del loro quinto anniversario Jonathan rimane coinvolto in un terribile incidente d’auto. Riporterà gravi danni cerebrali.
Lo vedrete, nelle foto e nel video, intubato, con gli occhi chiusi. Chissà, forse già qualcuno in quei 61 giorni si sarà fatto scappare l’epiteto “vegetale”?
Non lo so.
Lasciamo andare il file. Laura è con lui, sempre. Dorme al suo fianco. Certo avrà avuto momenti di stanchezza e impazienza, è giusto presumerlo.
61 sono i giorni di coma che vive John. E che Laura veglia, sempre.
Come professionista pare sia nota e affermata. La sua attività è presumibilmente redditizia. Bene!
(Risparmiatevi però se possibile i commenti un poco gretti che troverete in abbondanza sotto il video postato sulla pagina di FanPage, sul fatto che “eh, eh certo, troppo facile, lei è ricca. Eccome se poteva aiutare il marito. E le assicurazioni? Sono squali”. E via ammorbando).
Immediatamente dopo l’incidente lascia il lavoro e si dedica, insieme con i terapisti, alla riabilitazione del marito. 10 ore al giorno. Siamo abbastanza sicuri che i soldi non spieghino sempre tutto!
Nel frattempo continua ad allenarsi pure lei. Viene voglia davvero di imitarla!
Lo bacia, lo accarezza. Lo aiuta negli esercizi. E lui, piano piano sta recuperando. Pensate anche alla frustrazione, per lui, ex militare, alto, atletico, di dover riapprendere daccapo certi movimenti che noi tutti, anche lui prima, diamo per scontati.
Eppure affrontare questo percorso in salita, con la moglie a sostenerlo, ridere, sorridere, incoraggiarlo, a saltare e fare allunghi davanti alla sua sedia a rotelle deve essere davvero una consolazione grande. C’è un breve video in cui lei si offre per un bacio e lui la schiva. Cioè, non è che sia sempre qui pronto per te, cara mia, sembra ricordarle. MI ha colpito. Perchè sono pari. Sempre sullo stesso drammatico piano ontologico. Solo che a lui è toccato un incidente. Ok. E allora? Sembra dire con la sua vita Laura.
Bella questa storia, bello che sia vista, condivisa, riempita di like. Bello, l’amore di due sposi, al tempo dei social. Mutatis mutandis è tutto uguale. È tutto dove dovrebbe stare. Bello pure che lo raccontino in giro. Fa bene vedere il bene. Suscita amore o nostalgia dell’amore, vedere l’amore. Possiamo fermarci a constatarlo, prima di o senza lasciarci andare alla spesso doverosa critica della continua esposizione mediatica di tutti o quasi.
Direi, senza troppa enfasi, che alla fine, per stare bene, in pace, affrontando anche dolori e fatiche, basterebbe davvero che ci stessimo vicini, che ci aiutassimo. Insomma, le cose che, almeno fino a qualche anno fa, sono sicura insegnassero all’asilo.
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C’è pieno di persone così, in giro per i continenti; e nei quartieri. Magari almeno una per condominio? C’è pieno di coppie che sinceramente si amano e durano. Che onestamente resistono. I cui sposi restano vicini, l’uno all’altra, anche quando per fatica o paura o perché un po’ più in là sembra che andrebbero a stare meglio, avrebbero voglia di scappare. Che sperano e stanno.
Forse perché hanno già esposto le loro legittime richieste al Signore e ora sono in pace, la pace di Dio? Credo di sì. Si vede da come lavorano sodo e da come sorridono. Nella pace di Dio siamo al massimo della nostra operosità e vicini, vicinissimi alla totale espressione di tutte le nostre capacità e talenti.