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Il Vangelo di Marco e l’Apocalisse? Leggeteli…in dialetto napoletano

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia Italia - pubblicato il 15/09/17
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A scriverli don Antonio Luiso, vice-parroco al quartiere Arenella di Napoli. Dalla trasfigurazione di Gesù (“se smatamurfiaje”) alla crocifissione (“cacciaie fora o spireto”). Così sono stati tradotti i testi sacri

Con il latino va da sempre a braccetto. Lo utilizza per celebrare la messa (due volte a settimana, dal 2014, su indicazione del cardinale Crescenzio Sepe) e… per tradurre i testi sacri in napoletano.

Per Don Antonio Luiso vice-parroco presso la Chiesa di San Giovanni Battista dei Fiorentini al quartiere Vomero il latino è più d’una passione e dice che si intreccia perfettamente con la lingua napoletana.

«Il napoletano si presta magnificamente alla traduzione di opere del genere: in molte occasioni, infatti, ho riscontrato la maggiore a”rispondenza” della nostra lingua napoletana ai testi sacri» (www.quicampania.it).

MARCO E GIOVANNI

E così, sempre sotto sollecitazione del cardinale, si è cimentato dapprima nella traduzione del Vangelo di Matteo. L’opera uscì nel 2013 con il titolo: «’o Vangelo cuntato a Santu Marco vutato a llengua nosta».

E da allora non si è più fermato, scrive Il Mattino (15 settembre). Nel 2015 ha sfornato «o libbro e ll’Apocalisse e San Giuvanne Apustulo, vutato a llengua nosta».



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PASSIONE LICEALE

La passione per il latino, cominciata da studente al liceo “Genovesi” di Napoli, però don Antonio non l’ha mai abbandonata e oggi – dopo avere tradotto il Vangelo di San Marco e l’Apocalisse – spiega: «Le mie traduzioni sono figlie della Vulgata. Traduco direttamente dal latino, d’altronde non avrebbe avuto senso una doppia traduzione».

“VANNO CERCANNO A TE”

Così nell’episodio del ritrovamento di Gesù al tempio «Ecco, tua madre e i tuoi fratelli ti cercano» («Ecce mater tua et fratres tui et sorores tuae foris quaerunt te») diventa «O bbì ca mammeta, e frate e e ssore toie stanno Ila fora e vanno cercanno a te?».



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“SE SMATAMURFIAJE”

Nell’episodio di Gesù e l’emorroissa «Chi toccò le mie vesti» («Qui tetigit vestimenta mea?») si trasforma in «Chi m’ha maniato a vesta mia?».

Così il Gesù della trasfigurazione «transfiguratus est» si trasforma in un plastico «se smatamurfiaje» che il napoletano prende in prestito dal greco metamorfosis.

“CACCIAIE FORA O SPIRETO”

Quando Gesù libera i posseduti dai demoni, impediva a questi di parlare, «…quoniam sciebant eum». La traduzione recita «…pecche ‘o sapevano buono». Vi è perfetta coincidenza nell’uso del verbo (“scire”= “sapè”).

Fino alla morte sulla croce, dove «expiravit» viene reso con «cacciaie fora o spireto».


CROCIFISSIONE CRISTO
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A PARAUSTIELLO

La parabola viene tradotta col termine “paraustiello”, che deriva dallo spagnolo “para usted” (per voi) e che non è di uso propriamente comune. Un termine che sta ad indicare un ragionamento che viene sviluppato ad uso altrui, in modo a volte pretestuoso, per non manifestare chiaramente il proprio pensiero.

MASTU-VVI’

L’ultimo lavoro di Don Luiso si intitola «Io e (d)io» ed è una vera e propria disputa teologica che il sacerdote e professore ingaggia col teologo Vito Mancuso.

«Ma po’, agge pacienza, mastu-Vvì, famme capì: e de san Paulo che nne vulimmo fà a cchistu punto? O vulessemo scancellà da dint’ a Bbibbia?»: è più o meno questo il tenore con il quale don Antonio prova a confutare, con ironia, le tesi di mastu-Vvì, alias Mancuso, che con il libro «Io e Dio» aveva provato a delineare il quadro di una religione per don Antonio «più vicina all’uomo, forse troppo terrena».

Spiega il sacerdote: «Mi sono divertito ad utilizzare il napoletano per prendere garbatamente in giro Mancuso che io chiamo mastu come qualche tempo fa ci si sarebbe rivolti ad un altro grande teologo come Hans Kung con il termine meister».


DR JOSEPH UZEIL
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INNOCENZO E SANT’ANSELMO

Prossimi progetti? Per don Antonio non c’è che l’imbarazzo della scelta: «Nel cassetto sono già pronte le traduzioni sempre dal latino del De contemptu mundi di papa Innocenzo III e il Cur Deus Homo di Sant’Anselmo d’Aosta».