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Guida di viaggio per maniaci del controllo: meglio la meraviglia del pellegrinaggio!

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Paola Belletti - Aleteia Italia - pubblicato il 02/08/17
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Dal magazine online alle poesie di Baudelaire e Montale, agli aforismi di S. Agostino. Un viaggio nel viaggioPagina web di Vanity Fair. Scorro la homepage tra consigli dell’ultimo minuto per lo shopping, look terribili da evitare, prevedibili quanto ardui e sensati elisir di lunga vita (mangiare sano e fare movimento); arrivo alle Vanity Stars. Al centro Daria Bignardi e un titolo, con un suo mordente. Forse trova appiglio anche in una mia reminiscenza giovanile.

Vacanze terribili? Aspettiamo l’imprevisto che ci ricordi chi siamo davvero.

L’ho letto con sincera attesa, invece mi è dispiaciuto averlo trovato quasi subito pretestuoso e presuntuoso. Inizia così:

“Hanno tutti paura delle vacanze ma rinunciarvi è impossibile. Eppure qualcosa di inatteso potrebbe dare un senso anche a questa estate”.

Ma non è vero! Tutti chi? Perché tutti (e non lei sola o il suo entourage, per esempio) dovremmo averne paura? Non è una delle più classiche interpretazioni per generalizzazione o semplificazione o meglio un’estensione di ciò che prova l’autore sui suoi indifesi lettori?

Non vorrei risultare pedante ma nemmeno la seconda affermazione è vera: impossibile rinunciarvi? Ma se per milioni di persone è impensabile concepirle! Per migliaia di famiglie o giovani o anziani è impossibile trovare le risorse per concedersi anche una piccola trasferta.

I dati che si reperiscono facilmente in rete oscillano tra i 32 e i 38 milioni; è questo il numero degli italiani che andranno in vacanza, quasi tutti all’interno dei confini nazionali. Comunque poco meno della metà degli italiani non ci va, in vacanza. E non credo che sia per tutti una scelta di distacco sdegnoso da queste abitudini nazional-popolari.

E anche le paure elencate una dietro l’altra con ritmo studiato e furbo sono piuttosto esclusive. Solo una certa fascia di persone può permettersi questi timori. Bersaglio facilissimo di questo svagato, impigrito sguardo di disapprovazione, manco a dirlo, la famiglia.

Secondo la Daria nazionale la famiglia, ogni famiglia sarebbe terrorizzata all’idea di passare del tempo tutt’insieme anziché restare “felicemente lontani” come scuola, lavoro, impegni ci costringono a restare durante l’anno. E così, disgustandosi e autocommiserandosi, senza darlo troppo a vedere, la giornalista ci trascina alla non troppo attesa, ormai, svolta positiva. Quella che, indicata già per allusione nel titolo, ci fa pensare al grande Eugenio Montale e alla sua poesia Prima del viaggio.



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“Un imprevisto è la sola speranza”, dice Montale, poi non resiste forse alla vertigine dell’attesa e rientra subito nelle carreggiate ciniche del moderno con l’ultimo verso “ma mi dicono che sia una stoltezza dirselo”. Ecco, la Bignardi, penna e mente meno affilate del Montale, e con una disperazione più sciatta e standard perché lei vuol salvare solo la vacanza e non la vita, decide di chiudere il suo contributo web con una sferzata di maggiore speranza.

Dice anche lei che basterebbe un imprevisto, che è proprio quello che ci serve. Che ci basterebbe poco. E che in fondo ci vogliamo così bene: “Qualcosa che sfugga al nostro controllo, ci ricordi chi siamo, che cosa vogliamo veramente, perché in fondo ci vogliamo così bene”.

Ora capisco bene che accostare Montale e la Bignardi su un tema così non sia proprio un’azione meritoria e aggiungo che ora vorrei fare un ulteriore temerario passo.

Il problema è che entrambi non sanno bene cosa sia un viaggio perché hanno smesso di conoscere quella dimensione meravigliosa, reale e simbolica, che spiega la vita umana: il pellegrinaggio. Per questo sono più smaniosi di controllo, più spocchiosi nelle conclusioni, più nevrotici nell’organizzare itinerari, più ansiosi nel vivere problemi inesistenti.

La vita stessa è viaggio. La vita mia e la loro. La vostra e dei nostri nipoti, le nostre vite distese e regolari come una lunga maratona o rapide come uno strappo da velocista come quella di Charlie Gard, ad esempio, sono una strada.

E la dimensione orizzontale, la latitudine e la longitudine di questa distesa di terra acqua, ghiacci, rocce e sabbia; quella che ci fa girovagare per i dintorni del nostro borgo o pianificare gite in città d’arte; oppure partire con lo zaino dei nostri 20 anni alla volta di un paese lontano per chilometri, cultura e beni che mancano, la si può gustare davvero se si conosce il verso della storia.


CHARLIEGARD
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O almeno se è la smania di conoscerlo che ancora ci spinge. Insieme all’attesa vigorosa di una possibilità che la ragione dice sì, può pure essere. Può essere davvero che il Dio di tutte queste storie, il creatore di anime e corpi, ci si sia avvicinato per dirci che mondo e storia non sono illusioni. Sono le apparenze, l’apparire, l’epifania parziale della verità. E alla fine del nostro viaggio terreno la vedremo intera.

Chi non ha idea del perché è al mondo non ha nemmeno tanta voglia di conoscerlo. Può solo trascinarsi per le sue strade e ripetere ad ogni incrocio il tentativo di depistare noia e disperazione. Angoscia e non senso. Che ritrova invece alla rotonda successiva.

Terreno e terrestre sono una insolita antinomia oppure sono tardiva io ad accorgermene.

Basta così, basta considerazioni vaganti e forse a loro volte un po’ pretenziose.

Gustiamoci qualcuna delle parole che i giganti che ci portiamo in spalla ci hanno fatto arrivare. Partiamo malinconici e poi grevi con la poesia di Eugenio Montale e con un aforisma di Pessoa; risvegliamoci come un ragazzino febbricitante in piena notte, con l’ardore dei versi di Baudelaire e torniamo a casa, finalmente, con lo sguardo di S. Agostino. Amante del mondo prima e dopo la conversione. Scopritore di nuovi universi. Interiori.

E mettiamoci a studiarli, col Doctor Angelicus poiché anima est quodammodo omnia.

Prima del viaggio, E. Montale, Satura 1962-1970

Prima del viaggio si scrutano gli orari,
le coincidenze, le soste, le pernottazioni
e le prenotazioni (di camere con bagno
o doccia, a un letto o due o addirittura un flat);
si consultano
le guide Hacchette e quelle dei musei,
si cambiano valute, si dividono
franchi da escudos, rubli da copechi;
prima del viaggio si informa qualche amico o parente;
si controllano valige e passaporti, si completa
il corredo, si acquista un supplemento
di lamette da barba, eventualmente
si dá un’occhiata al testamento, pura
scaramanzia perché i disastri aerei
in percentuale sono nulla;
prima
del viaggio si é tranquilli ma si sospetta che il saggio
non si muova e che il piacere
di ritornare costi uno sproposito.
E poi si parte e tutto é O.K. e tutto
é per il meglio e inutile.

E ora che ne sará
del mio viaggio?
Troppo accuratamente l’ho studiato,

senza saperne nulla. Un imprevisto
é la sola speranza. Ma mi dicono
che è una stoltezza dirselo
.

 

Il libro dell’inquietudine di Bernardo Soares, F. Pessoa

(…)

Desidero partire: non verso le Indie impossibili o verso le grandi isole a Sud di tutto, ma verso un luogo qualsiasi, villaggio o eremo, che possegga la virtù di non essere questo luogo.
Non voglio più vedere questi volti, queste abitudini e questi giorni. (12. 20-06-19931)

Il viaggio, C. Baudelaire, (Les fleurs du mal, 1857)

Per il ragazzo, amante delle mappe e delle stampe,

l’universo è pari al suo smisurato appetito.

Com’è grande il mondo al lume delle lampade!

Com’è piccolo il mondo agli occhi del ricordo!

Un mattino partiamo, il cervello in fiamme,

il cuore gonfio di rancori e desideri amari,

e andiamo, al ritmo delle onde, cullando

il nostro infinito sull’infinito dei mari:

c’è chi è lieto di fuggire una patria infame;

altri, l’orrore dei propri natali, e alcuni,

astrologhi annegati negli occhi d’una donna,

la Circe tirannica dai subdoli profumi.

Per non esser mutati in bestie, s’inebriano

di spazio e luce e di cieli ardenti come braci;

il gelo che li morde, i soli che li abbronzano,

cancellano lentamente la traccia dei baci.

Ma i veri viaggiatori partono per partire;

cuori leggeri, s’allontanano come palloni,

al loro destino mai cercano di sfuggire,

e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!

I loro desideri hanno la forma delle nuvole,

e, come un coscritto sogna il cannone,

sognano voluttà vaste, ignote, mutevoli

di cui lo spirito umano non conosce il nome! (…)



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Le persone viaggiano per stupirsi delle montagne, dei mari, dei fiumi, delle stelle;

e passano accanto a sé stessi senza meravigliarsi.

Abbiamo fatto la strada panoramica. Volevamo semplicemente augurarvi buon viaggio, in tutti i sensi, dal letterale – che sia seguito e preceduto da vacanze gradevoli e rigeneranti- all’allegorico. Buone vacanze, buona vita.