Su Teen Vogue propongono contenuti molto pericolosiStavo vagolando per il web per lavoro e siccome non ci vuole niente a profilare una quarantenne, ogni due tre click mi viene consigliata una pagina di stile o diete. A parte che ritengo di dovermi sentire offesa: quindi, impersonale profilatore di utenti, asettico gestore di Mega Data, intendi dire che sono grassa? No, perché continuare a dire ad una signora se vuole risolvere il problema della pancia gonfia (si sa che poi il gonfiore addominale è uno dei principali argomenti di conversazione) o se vuole perdere i suoi pesi (sì, il servizio di traduzione di certi spot andrebbe un tantinello migliorato) non mi pare per niente carino.
Comunque di click in click sono finita in una pagina che avrei tanto voluto non incontrare. Anzi vorrei che fosse impossibile per le mie figlie incontrarla. Trattasi di TeenVogue.
Nasce come Spin Off della ammiraglia Vogue, sotto la supervisione editoriale della famosa (o famigerata) Anna Wintour.
Vi eviterò i dettagli per non fare male a me e a voi. Ma devo fornirvi alcune indicazioni perché, come una sentinella che ha avvistato il pericolo, riferite con precisione al suo ed altri natanti le coordinate esatte, possiate evitarlo.
È una pagina rubricata come Health sexuale+ identity. Segue un articolo pieno di principi indimostrati e di indicazioni pseudo igieniche.
Solo una notazione. Per distinguere il maschio dalla femmina le locuzioni utilizzate sono “possessore” o “non possessore di vagina e/o di prostata”.
In testa all’articolo un’immagine stilizzata, da libro di scienze della scuola secondaria. Con nomi anatomici e relative frecce.
Basta. Non avrete altri dettagli. Perché il rischio è che se non siamo in allerta, con i muscoli dell’autodifesa pronti a tendersi, se la coscienza è un poco rilassata tutti, tutti noi possiamo dare seguito alla curiosità morbosa che suscitano queste tematiche ed esporci ad un inganno. Quello che qui viene chiamata informazione è menzogna. E le immagini anche non fotografiche che ci si formano nella mente possono solleticare pensieri e azioni psicofisiche e spirituali dannose.
Vorrei solo dire due cose. Una è appunto un segnale di pericolo, con latitudine e longitudine per evitarlo. È una rivista, in edizione dapprima cartacea che da bimestrale in primavera è passata a quadrimestrale e ora soprattutto presente in digitale e rilanciata sulle pagine social, rivolta espressamente alle giovanissime.
Ovvero, ad esempio, ad almeno due delle mie figlie, fra un paio d’anni, quando cioè la marcia dell’agenda del progresso malamente inteso avrà presumibilmente ottemperato ancora di più ai suoi obblighi (l’autrice, Gigi Engle, scrittrice, sex -educator, femminista, recita la sua bio, ha una formazione specifica in merito. Volevo avvertire anche voi).
L’esca è che questi prodotti editoriali sono sempre stati, dal punto di vista del contenuto moda, molto ben costruiti, di alta qualità, piacevoli anche al tatto e alla vista. Le rubriche sui più diversi argomenti proposte al loro interno, fino a qualche lustro fa, erano ritenute generalmente innocue o comunque non in aperta rotta di collisione con i valori proposti dalla morale cristiana e per lungo tempo assorbiti, confermati dal senso comune.
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Certo, non serviva questa sguaiata degenerazione perché ce ne accorgessimo ma ugualmente mi pare un adeguato servizio alla verità e alla tutela delle più giovani far sapere agli adulti, genitori ed educatori, che questi prodotti sono molto pericolosi.
La seconda cosa che intendo esporre è una contestazione filosofica dell’impianto che permette loro, ai media prepotentemente Main Stream, di rifilare questi contenuti alla nostra gioventù.
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Avvertenza
Il tema è la pratica erotica della penetrazione anale. Proposta come opzione naturale per qualsiasi soggetto? Persona? Essere umano? Non so quale formula potrebbe essere considerata rispettosa dell’equality che ha in mente questa -ed altre- femminista. Non si dice maschio o femmina. Si parla per parti anatomiche e si distinguono i due sessi – temo che lei considererebbe una illazione infondata questa mia conclusione- in base alla presenza o meno di prostata e vagina. Le donne non hanno nemmeno una qualificazione specifica, alla faccia del femminismo, è come se fossero non uomini (dichiara l’Indipendent, in un post del 9 luglio, criticando proprio questo articolo); e gli uomini, possessori di prostata, sembrano i meri esecutori di approcci pornografici, tristissimi, alla sessualità imparata più dagli schermi che attraverso l’incontro con una donna o peggio con un altro uomo. Sono del tutto omessi i rischi reali, gravi, a volte irreparabili ai quali ci si espone con queste pratiche con l’aggravante che alcune approssimative indicazioni appunto pseudo igieniche sono fornite. Una ragazzina potrebbe sentirsi rassicurata e fidarsi della rivista più che di altre “agenzie” di informazione.
Tutto viene presentato come opzione possibile, piacevole, equivalente ad altre alle quali viene affibbiata una nuova grottesca perifrasi. Il linguaggio viene come abusato e forzato a deformare la realtà. Anche se potrebbe sembrare un’operazione semplicemente bizzarra o innocua, riferirsi alla conoscenza carnale tra un uomo e una donna descrivendo semplicemente il fatto genitale è invece una riduzione violenta e colpevole. Riduce il gesto ad una specie di ginnastica. Faccio Pilates, faccio Yoga, corro e faccio quello.
La cosiddetta educatrice newyorkese allude nel suo articolo, che vanta 6 mila like, a livelli di piacere che il sesso tradizionale non potrebbe offrire mentre invece omette, io credo consapevolmente e con grave colpa, il fatto gravissimo della violazione che si compie sulla persona. Queste pratiche, se proprio ci si vuole rivolgere alla storia, remota e vicina, come fa lei in un rapido e presuntuoso passaggio, sono quasi sempre associate ad atti di umiliazione e sottomissione e spesso anche svincolate dal godimento sensuale.
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Questione filosofica e spirituale
Ecco una delle frasi che ho individuato e che esprime l’impianto che vorrei denunciare e smontare.
È un’affermazione apodittica, messa lì anzi come dovesse apparire da sola nella sua verità auto evidente o facilmente dimostrabile. Non è così.
(quel tipo di pratica, ndr), anche se spesso stigmatizzato, è un modo perfettamente naturale per impegnarsi in attività sessuali. Le persone hanno avuto sesso (di quel tipo) dall’alba dell’umanità.
Non era l’alba. Eravamo già a mezzogiorno inoltrato. L’uomo aveva già perduto l’innocenza originaria e il corpo aveva già iniziato a disobbedire allo spirito così come l’uomo aveva disobbedito a Dio. Ma il corpo, da quella svolta catastrofica, non è diventato il male. E tanto meno la sessualità.
La via del “lasciatevi andare” è ancora e sempre la classica scorciatoia di chi si ostina a negare o proprio non vede – oppure intende dare il proprio contributo nel perdere del tutto l’uomo – non vede, dicevo, la natura ferita che ci accomuna tutti. La sessualità non va liberata nel senso di privata del controllo e sottratta alla disapprovazione e alle varie forme di sanzione sociale; ma va guarita (così dice ampiamente e chiaramente Benedetto XVI nella Deus Charitas est). E il disagio che si prova nel compiere determinate azioni disordinate è il castigo intrinseco di quelle stesse opere, non la pena inflitta da una società cattiva.
Va guarita ed educata – e non consegnata all’istinto come un bambino ad un mercante di schiavi- perché torni a brillare nel suo splendore che unisce e spiega –perché apre e chiarisce- la nostra natura materiale e spirituale insieme. Non siamo soggetti che dispongono di un corpo. E questo, dall’autrice femminista che vi ho citato, viene detto continuamente. È presupposto in ogni sua affermazione. Hai un corpo? Disponine come credi..
Ti servono solo delle nozioni igienico-sanitarie e un piano di allenamento progressivo. (“Io ti aiuterò solo a farti sapere come funziona questo e quell’aggeggio” sembra dire con una falsa benevolenza, con un tono accomodante e complice; e parla del funzionamento sia dei giochi, veri e propri oggetti, sia delle parti anatomiche interessate dall’azione suggerita). Ma io credo e dispongo e penso e ragiono e amo addirittura con il corpo. Non dentro il corpo, fluttuando al suo interno, non toccandone nemmeno le pareti manco fosse una sorta di strano contenitore Tupperware evoluto. Questo veleno, mi raccontò una volta il Card. Caffarra in un’intervista, è stato ingoiato dal Cristianesimo stesso e dalla civiltà che ne è scaturita addirittura con il neoplatonismo.
Per cui questi frutti vengono da lontano. Hanno gettato rami sul fusto di una concezione dell’uomo incompleta, ingiusta anche.
No, non possediamo del corpo come di cosa, di res extensa che misuriamo da fuori e basta.
E sapere certe cose o fare certe cose non ci lascia uguali. Pensare certe cose di noi, (soprattutto in una fase evolutiva così preziosa e delicata come la prima giovinezza), della nostra sessualità, illuderci di poter esercitare tutto il catalogo di pratiche e combinazioni di pratiche che sono state inventariate fino ad ora senza che questo lasci traccia in noi è un’infezione che dobbiamo cercare di risparmiare ai nostri figli.
Ancora una volta la via è la proposta positiva, bella, vera dell’affettività e della sessualità e la fornitura di armi e corazze adeguate alla difesa delle persone – anima e corpo – dei nostri giovani e giovanissimi.
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Ho soppesato il più a lungo che mi è stato possibile. Ho chiesto ad altre mamme, colleghe giornaliste…alla fine abbiamo deciso che almeno mettere una segnaletica chiara attorno ad una voragine aperta intenzionalmente lungo le strade – anche digitali- che possono percorrere i nostri figli, i nostri giovani fosse da fare.
Il segnale che più ci preme sempre e comunque che incontrino i nostri lettori e fino dove potranno arrivare i nostri contenuti è quello che riguarda il cuore della fede. Il cuore del mistero della nostra Redenzione e la possibilità concreta, possibile in ogni istante, di entrare in relazione con Gesù Cristo perché la vera tragedia, la vera ingiustizia che subiscono i nostri figli, nipoti, bambini è quella di non vedere il proprio cuore abitato da Cristo.
Lo dice Eugenio Corti nel poderoso, necessario romanzo Il Cavallo Rosso.