È stata una lezione difficile, ma alla fine Sant’Ugo ha trovato la pace accettando che Dio avrebbe lavorato attraverso di luiLa chiamata cristiana all’umiltà è difficile.
Per chi è estremamente talentuoso, di bell’aspetto e benvoluto, la sfida è essere più consapevole delle proprie mancanze e del fatto che tutto ciò che è buono viene da Dio.
“Chi dunque ti ha dato questo privilegio?”, chiede San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (4, 7). “Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l’hai ricevuto, perché te ne vanti come non l’avessi ricevuto?”
Chi lotta con l’orgoglio farebbe bene a ricordare che ogni dono, ogni talento e ogni attributo positivo che ha sono solo un dono.
Per altri, la lotta risiede in altro.
Nonostante i vostri doni, vi sentite inadeguati nei confronti del compito che il Signore vi ha posto davanti. Ogni volta che fallite, la tentazione è gettare la spugna, certi che non potrete mai essere abbastanza. Piuttosto che riconoscere che il Signore “qualifica” chi viene chiamato, pensate che i vostri sforzi finiranno sempre in un fallimento.
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Sant’Ugo di Grenoble (1053-1132) la pensava così. Pur essendo di bell’aspetto, talentuoso e così brillante da essere stato scelto per il vescovado ad appena 27 anni, era talmente convinto della sua inadeguatezza che in più di un’occasione ha abbandonato la sua sede e si è rifugiato in monastero, presentando le dimissioni da un compito che sentiva di non riuscire a gestire.
Nato in una famiglia molto pia in Francia e lodato per la sua intelligenza fin da tenera età, il laico 27enne protestò fortemente quando venne scelto come vescovo.
“Vi ripeto che non ne sono degno!”, esclamò. “Che favola mi state raccontando?”, chiese.
“Chi ti chiede di agire basandoti solo sulla tua forza? Conta innanzitutto su Dio, che ti aiuterà”. Per la prima volta, Ugo di Grenoble ricevette la lezione che avrebbe rappresentato il leitmotif della sua vita: è Dio che opera in noi, o, con le parole di Esodo 14, 14, “Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli”.
Il vescovo Ugo era schiacciato dai compiti che lo attendevano avendo ereditato una diocesi caratterizzata da corruzione e disinteresse, ma iniziò a combattere simonia, arroganza e mancanza di castità da parte del clero in tutta la diocesi.
Perseverò per due anni, anche se gli effetti erano scarsi. Scoraggiato dagli scarsi progressi, si dichiarò inadatto all’episcopato e si ritirò in monastero per vivere come monaco benedettino. Per un anno, tra il monastero e il Vaticano le lettere andarono e venirono, con il papa che gli ricordava che il Signore non aveva bisogno del suo talento, ma della sua fedeltà.
“Ma vi ripeto che non riesco a fare niente che sia buono e degno!”, insisteva. “Bene. Non puoi fare niente, figlio mio”, replicò papa San Gregorio VII, “ma sei un vescovo, e il sacramento può fare tutto”.
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Il buon vescovo tornò a Grenoble per portare avanti quella che riteneva fosse una battaglia infruttuosa.
Spesso siamo solo noi a non riuscire a vedere i buoni risultati del nostro lavoro, e Sant’Ugo trascorse i 50 anni successivi cercando continuamente di dimettersi dal suo compito, incapace di vedere la riforma che stava realizzando con la sua leadership e il suo esempio.
Probabilmente più noto per la sua assistenza alla formazione dei certosini (San Bruno era il suo mentore, e Sant’Ugo diede ai certosini la terra che sarebbe poi diventata la Grande Chartreuse), Ugo si ritirò spesso nel monastero silenzioso. Ogni volta che c’era un nuovo papa presentava le proprie dimissioni, pregando il Santo Padre di trovare una persona più adatta al compito. Ogni volta, però, Roma e San Bruno gli ricordavano il suo dovere nei confronti sia della diocesi che di Dio, che operava attraverso di lui.
Dopo il suo episcopato durato 52 anni, la diocesi di Grenoble era del tutto diversa, trasformata dalle doti naturali di Sant’Ugo e dal potere di Dio, che sapeva usare bene il suo umile servitore.
Alla fine della sua vita, sperando ancora di ritirarsi a una vita di preghiera silenziosa, Sant’Ugo fu in grado di far proprie queste parole del profeta Isaia: “Signore, ci concederai la pace, poiché tu dài successo a tutte le nostre imprese” (26,12).
Aveva trascorso mezzo secolo riformando il clero, donando ai poveri e ispirando i fedeli a seguire le sue umili orme. Pur soffrendo per anni di emicranie debilitanti, non si lamentò mai né rallentò il suo lavoro, e alla fine della sua vita sentì il Padre accoglierlo a un riposo decisamente meritato: “Bene, servo buono e fedele”.
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Il 1° aprile, festa di Sant’Ugo di Grenoble, preghiamo per tutti coloro che si sentono inadeguati nei confronti del compito che il Signore ha messo loro davanti, perché riconoscano umilmente che Dio stesso combatterà per loro.
Sant’Ugo di Grenoble, prega per noi!
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]