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Religione e medicina vanno mano nella mano?

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Igor Precinoti - Vanderlei de Lima - pubblicato il 01/02/17
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Vari studi stanno dimostrando che i pazienti religiosi presentano risultati diversi nelle loro malattiePer millenni, in tutti i popoli dell’umanità la storia della medicina si è confusa con quella della religione. Nelle tribù primitive i guaritori erano anche leader spirituali (sciamani…), e le malattie venivano associate a punizioni divine.

Con l’evoluzione della scienza medica, gli uomini hanno capito che le malattie non erano causate da “dei ribelli” o da altri peccati umani, e allora gli antichi sacerdoti hanno perso il loro compito di guaritori e la cura dei malati ha iniziato ad essere affidata ai medici.

Anche con questa separazione, ad ogni modo, il matrimonio tra medicina e fede ha continuato ad esistere. I primi ospedali d’Occidente, ad esempio, sono stati costruiti da organizzazioni o ordini religiosi, e soprattutto durante il Medioevo i medici erano spesso membri del clero.


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In Brasile, all’epoca in cui il sistema sanitario pubblico non garantiva l’accesso all’assistenza medica a tutti i cittadini, le “Santas Casas”, ospedali creati e mantenuti dalla Chiesa, offrivano cure mediche a coloro che non avevano la possibilità di pagare le proprie cure ed erano esclusi dal sistema pubblico.

Nel frattempo, con il progresso della scienza e delle tecnologie, la medicina si è trasformata, il meccanismo delle malattie e delle infezioni è stato compreso meglio, sono stati sviluppati nuovi farmaci e le tecniche chirurgiche si sono perfezionate. Malattie prima incurabili hanno iniziato ad essere curate, interventi prima impossibili sono diventati quotidiani, e l’individuo che in passato moriva a 60 anni oggi supera gli 80.

Con questa rapida evoluzione nel campo della salute, il matrimonio tra medicina e religione sembrava essere arrivato al capolinea: i medici, in numero considerevole, hanno iniziato a ignorare le convinzioni religiose dei pazienti, le amministrazioni degli ospedali e delle “Santas Casas” sono passate alla società laica e la religione ha smesso di avere un ruolo fondamentale nel processo della cura dei malati.

La Chiesa, saggia, non si è ribellata per il fatto di avere un ruolo secondario e ha assunto il suo compito di offrire consolazione emotiva e spirituale ai pazienti, lasciando la cura delle malattie alla scienza, sperando che questa rispetti sempre la legge naturale morale.

Vari studi stanno tuttavia dimostrando che i pazienti religiosi presentano risultati diversi nelle loro malattie, come ricoveri più brevi, minor consumo di analgesici e minore incidenza di alcune malattie.

Le pubblicazioni sono state tante che nel 2012 i ricercatori del Duke University Medical Center, degli Stati Uniti, hanno realizzato un’indagine e hanno osservato che il numero di studi e pubblicazioni che collegavano salute e religiosità si moltiplicava ogni anno, verificando elementi interessanti come minori indici di depressione, suicidio e abuso di sostanze come alcool e droghe tra le persone di fede.

Solo questi dati sarebbero sufficientemente importanti, ma gli studi sono andati oltre, dimostrando che la religiosità influisce positivamente su malattie organiche come quelle cardiache: le persone religiose sono meno inclini ad avere malattie coronariche (infarto), e quando si verificano presentano minori conseguenze dopo l’infarto.

Gli studi hanno anche dimostrato che le persone religiose hanno livelli inferiori di pressione arteriosa e minore rischio di avere un incidente vascolare cerebrale. Si è inoltre verificato che gli individui più religiosi hanno meno possibilità di sviluppare il cancro, e quando lo sviluppano presentano migliori condizioni di cura.


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La lista continua, con risultati positivi osservati nei casi di malattie endocrinologiche e immunologiche e perfino nell’Alzheimer. Questi studi sottolineano che la Chiesa smetterà presto di essere secondaria per tornare ad avere un ruolo da protagonista in questo campo importante della vita umana. Sembra che il matrimonio tra medicina e fede sia in via di ripristino dopo il divorzio scientificista (solo la scienza ha risposte per tutto).

Chi beneficia di tutto questo siamo tutti noi esseri psicosomatici, ovvero composti da corpo (soma) e anima (psiche), meritevoli di cura e attenzione.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]