Difendere la Chiesa è difendere noi stessi, perché la Chiesa sono tutti quelli che seguono GesùSi può credere in Dio e non credere nella Chiesa?
Il libro “Sceglierà lui da grande. La fede nuoce gravemente alla salute?” (Edizioni Studio Domenicano) di padre Maurizio Botta, raccoglie alcune delle sue catechesi tenute in questi anni all’interno degli incontri sui “Cinque passi al mistero”, che si svolgono a Roma nella chiesa di Santa Maria in Vallicella. La prima catechesi contenuta nel testo riflette sulla fatidica frase pronunciata da molti: Credo in Dio ma non nella Chiesa. È possibile credere in questo modo? Prima di avvalerci delle parole dell’autore per rispondere alla domanda, facciamo un passo indietro per spiegare qualcosa in più a chi ancora non conoscesse il ciclo di incontri dei Cinque passi:
«La forma degli incontri è nata per aprirsi anche ai dubbi di chi non crede e per consentire a chi già crede di mostrare la ragionevolezza della fede cristiana, secondo quanto indicato da Pietro nella sua prima lettera: siate «pronti sempre a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in voi» (1Pt 3, 15). Per nutrire una fede viva che si lasci interrogare dal proprio tempo, traendone stimolo per illuminarlo». (Dal blog dei Cinque passi)
Gli incontri, come ci spiega la giornalista Costanza Miriano nella prefazione…
«sono delle catechesi su diversi temi di fede, a volte su temi direttamente religiosi – la preghiera, il battesimo -, a volte su aspetti della vita di tutti, che però per noi credenti hanno comunque a che fare con la fede, perché non c’è aspetto della vita umana che non riguardi Dio».
Padre Maurizio in trenta minuti, misurati da una clessidra, presenta l’argomento dell’incontro “alla luce del deposito della nostra fede”, poi i presenti scrivono delle domande anonime che vengono raccolte in alcuni cestini, mescolate e consegnate al sacerdote. Subito dopo padre Maurizio “pesca” le domande e comincia a rispondere senza tralasciarne nessuna, nemmeno la più scomoda o provocatoria. Infine dopo una pausa, c’è il tempo per un’altra clessidra in cui il sacerdote continua a sorteggiare le domande, e a rispondere a ciascuna fino ad esaurirle tutte.
«I foglietti non finiscono mai, perché, a pensarci bene, non sono tante le occasioni in cui un fedele può fare domande dirette a un sacerdote, a meno che non abbia un padre spirituale, e anche in quel caso magari non usa il tempo per fare domande su temi generali, ma chiede un aiuto a giudicare la propria vita (…) È davvero un’opera preziosa e insostituibile, questa: esercitare un giudizio sul mondo. Nel seno della Chiesa, bevendo il latte della sapienza bimillenaria della nostra tenerissima madre, ma con gli occhi aperti anche sui giornali, sul cinema, sulla cultura contemporanea».
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Molti però sono quelli che affermano la loro fede rivendicando una distanza totale dalla Chiesa e dai sacerdoti: l’autore, sostenuto dalle Scritture medita su questa tematica ed esprime le sue riflessioni.
LE ESPERIENZE NEGATIVE LASCIANO IL SEGNO, MA…
Padre Maurizio parte da un assunto: tutti noi nella chiesa siamo stati scottati da esperienze negative.
«Perché noi non mettiamo in pratica ciò che insegniamo. Infatti la gente sentendo dalla nostra bocca le parole di Dio ne resta stupita perché quelle parole sono buone, sono stupende, ma poi notando che le nostre azioni non corrispondono alle parole che diciamo, ecco che prorompono in bestemmie, affermando che tutto ciò non è che una favola e una serie di inganni».
… PER GIUDICARE LA CHIESA BISOGNA PARTIRE DALLE ESPERIENZE SANE
Ma, continua l’autore, non si può sempre assolutizzare le esperienze negative e mai guardare quelle positive, quando si vuole conoscere una realtà. Come per conoscere e apprezzare il gioco del calcio bisogna guardare una bella partita di Champions League, non una “partitella” giocata “con la nebbia in un campo di patate”.
«Tu non puoi valutare la Chiesa guardando sempre e solo alle esperienze negative. Occorre partire, per capire cosa è, dalle esperienze sane, positive, e ce ne sono. Forse ce ne sono più di quello che sembra».
Dopo aver sgombrato il campo dalla banalità – pur fondata su alcune esperienze che tutti noi potremmo aver avuto – di una prospettiva che guarda solo alle cose negative erigendole a sistema per denigrare la Chiesa, padre Botta sottolinea in “positivo” e argomenta i tre capisaldi a cui la ragione si deve ancorare per credere nell’Istituzione:
LA CHIESA È CREDIBILE PROPRIO PERCHÉ È SGANGHERATA FIN DALL’INIZIO
«La Chiesa è sgangherata fin dall’inizio. La Chiesa (…) uno potrebbe dire che fa schifo fin dall’inizio, da subito! (…) Ma questa è una buona notizia, il fatto che è sgangherata! È più credibile! E non fa nulla per nasconderlo. (…) Ma scusa, se scrivi a tavolino, tu scriveresti che il primo, il capo degli apostoli, rinnega tre volte il Maestro? Ma sei scemo? Ti chiedo di credere, e proprio nel Vangelo ti scrivo i miei dubbi?».
LA CHIESA DEL PASSATO È CREDIBILE PROPRIO PERCHÉ INCREDIBILMENTE UMANA
Se quando riflettiamo in generale, siamo tutti d’accordo che non ha senso applicare i nostri attuali schemi di giudizio al passato, questo non vale più quando si discute sulla Chiesa. Su questo argomento l’autore evidenzia come si tenda maliziosamente e pregiudizialmente a giudicare per distruggerne la credibilità.
“Ma scusate, sto parlando di una realtà che ogni giorno dell’anno dice: «Confesso a Dio onnipotente…». Ma quale istituzione, quale associazione, nei suoi ritrovi pubblici, inizia dicendo: «Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato»? E qualcuno dice: «Ah! Questo molto peccato». Ma come! Se dice che non ha peccato, non va bene. Se dice che ha peccato, nemmeno. È così, eh? «No, questo molto peccato non ci piace, perché questa insistenza sul peccato!». Quando uno riconosce i suoi peccati, non va bene ancora”.
La Chiesa quindi ha sempre torto: se chiede perdono per i suoi peccati, si è infastiditi dalla parola peccato, se affermasse di non aver peccato non andrebbe bene comunque.
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DIFENDERE LA CHIESA È DIFENDERE NOI STESSI, PERCHÉ LA CHIESA SONO TUTTI QUELLI CHE SEGUONO GESÙ
Si compie spesso l’errore, spiega l’autore, di identificare la Chiesa con i preti, i vescovi, i cardinali, mentre la Chiesa sono tutti quelli che seguono Cristo. È facile dire: “la Chiesa sono loro”, ci deresponsabilizza, mentre la Chiesa siamo noi e “questo ci impegna tutti per giustizia e uguaglianza alla coerenza fino in fondo” di fronte all’attacco durissimo e violentissimo nei confronti di chi indossa la veste talare. I sacerdoti sono immediatamente giudicati, vengono giudicati dall’abito, dall’apparenza, a loro spesso non viene nemmeno data una chance per mostrare veramente chi sono. Padre Maurizio a riguardo racconta due esperienze personali vissute per il suo modo di essere sacerdote senza nascondersi. La prima si rinnova ogni volta che si trova davanti ai giovani delle scuole in visita alle stanze di San Filippo Neri. Loro sono vestiti con i pantaloni calati, hanno piercing e tatuaggi ma non vogliono essere giudicati e condannati per l’aspetto, giustamente dice padre Maurizio, mentre lui viene guardato come fosse “una cacca solo perché ho un vestito da prete! E solo perché ti sto dicendo pubblicamente che lo sono e che non mi sto nascondendo dietro un angolo. Perché è comodo fare il prete e non dire che lo sei. Nasconderti”.
La seconda esperienza è quella di tutti i giorni quando per esempio si va al bar, dove alcuni “visto che ero vestito da prete, era peggio che ci fosse un barbone”. In un caso specifico una signora lo addita dicendo: «Eh no. Di quelli lì io non mi fido». Con quale altra categoria umana, chiede l’autore, ci si permetterebbe di dire una frase simile? “Neanche a un relitto umano diresti: no, di questo qua io non mi fido”.
L’assurdo è che le persone pretendono che la Chiesa non le giudichi e non le condanni quando non condivide la loro condotta di vita, mentre i più attaccano ferocemente i sacerdoti per il solo fatto di essere preti.
Padre Maurizio mette in conto che almeno alcuni di essi possano aver avuto esperienze che li hanno portati ad avere disgusto per i sacerdoti e smarrire la fede, ma questo non fa altro che aggiungere ulteriore difficoltà per i ministri di Dio, e conclude che essere un prete, specie se giovane, “non è così semplice, non è proprio una passeggiata in una valle verde”.
E riguardo al coraggio che oggi deve animare i sacerdoti che non si nascondono, si richiama Costanza Miriano alla fine della prefazione pregando con i versi di questa poesia di Madeleine Delbrel:
«Mandaci, o Dio, dei folli.
Quelli che si impegnano a fondo,
che amano sinceramente.
Abbiamo bisogno di folli
che accettino di perdersi
per servire Cristo.
Pronti ad una abnegazione totale,
liberi e sottomessi
al tempo stesso
spontanei e tenaci
dolci e forti».
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