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Perché Isabella di Castiglia viene chiamata “la regina cattolica”

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Alfa y Omega - pubblicato il 25/08/16
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La causa di una donna eccezionaleCi sono persone che considerano anacronistica una possibile beatificazione di Isabella la Cattolica. Vanno tuttavia sottolineate almeno due caratteristiche, particolarmente attuali, di questa regina.

Innanzitutto la sua condizione di donna, madre e moglie esemplare, e contemporaneamente sovrana.

L’elevata considerazione della dignità umana da lei promossa, è da molti inoltre considerata come il primo caso di riconoscimento dei diritti umani in quanto tali.

Altre nazioni potrebbero aver fondato le proprie origini sui miti. Alla Spagna, invece, basta parlare della sua storia, della statura universale dei Re Cattolici.

Entrambi i monarchi resero forte la Spagna, gettarono le basi per lo stato moderno e per la sua amministrazione, riformarono la Chiesa e diedero l’impulso per la scoperta del Nuovo Mondo.

La loro monarchia fu la prima potenza militare dell’epoca, il che la rese guardiana della sicurezza dell’Occidente contro l’Islam nonché giudice delle relazioni internazionali.

Non credo dunque che vi siano molti storici a mettere in dubbio l’eccezionale significato storico del regno di Isabella e di Fernando, che con la loro opera politica tracciarono una linea indelebile tra il mondo medievale e quello moderno.

Una recente serie tv ha restituito al grande pubblico la memoria di Isabella (1451-1504), che cominciava a svanire.

Mi riferisco principalmente alla figura della regina, ma parlo anche della figura della donna: orfana di padre a tre anni e con una madre demente, da bambina dovette prendersi cura del fratello minore Alfonso; visse un’infanzia per niente regale, fatta di povertà, in cui funse da moneta di scambio nelle manovre politiche dei grandi signori della Castiglia.

Nonostante avesse 17 anni, fu Isabella a prendere la decisione di unirsi in matrimonio con il principe aragonese – di qualche anno più giovane – consapevole del suo importante significato politico.

Non dobbiamo avere un’idea romantica di quel matrimonio, all’epoca non si usava così. Ma ci fu comunque amore – e dolore – in quell’unione familiare.

Una causa di canonizzazione aperta dal 1957

L’aspetto più marcato della personalità di Isabella era, senza dubbio, la religiosità. Nulla – né nella vita privata, né in quella pubblica – può essere inteso al di fuori di essa.

Nel 1957 iniziò la causa di beatificazione nell’Arcidiocesi di Valladolid, arrivata oggi nella sua “fase romana”. Fu avviata dall’arcivescovo José García Goldáraz, ed ebbe il supporto di figure molto importanti.

È evidente che la causa sia iniziata ben quattro secoli e mezzo dopo la sua morte, fatto alquanto insolito. Ma la fama di santità della regina sopravvisse alla sua morte.


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Ci sono numerose testimonianze storiche che, in questo senso, hanno confermato il postulatore Vicente Rodríguez Valencia, archivista della Cattedrale di Valladolid.

Ma tutto rimase fermo fino agli inizi del XX secolo, quando tra alcuni importanti esponenti religiosi, storici e intellettuali aumentò l’interesse per la causa.

In questo contesto si inserì il quotidiano El Debate che – con un editoriale di Ángel Herrera Oria pubblicato domenica 16 giugno 1929 – in occasione del Congresso Mariano celebrato in quei giorni a Siviglia, ha scritto: “Nei cuori e nelle menti di molti membri del Congresso, sia spagnoli che latinoamericani, è sorto il pensiero e il desiderio di studiare – da un punto di vista teologico – la santità della Regina. Durante il suo trono è stata in grado di mostrare, eroicamente, le virtù cristiane più difficili. […] Pensiamo che l’idea di avviare un processo di canonizzazione possa essere molto gradita a tutti i cattolici in Spagna, in America e nel resto del mondo. Sarebbe la nostra santa patrona”.

Un personaggio di grande attualità

Abbiamo detto che alcune persone considerano anacronistica una possibile beatificazione di Isabella l nel XXI sec.

In effetti ci sono diversi re e principi cristiani nel calendario della Chiesa cattolica, ma si tratta di sovrani del medioevo, che diedero testimonianza di fede in altre epoche, in altri contesti.

Inoltre nel caso di Isabella la Cattolica sono passati cinquecento anni dalla sua morte, quindi è possibile che molte delle testimonianze sulle sue virtù cristiane – che non si possono ritenere certamente infallibili – non abbiano lo stesso valore esemplare che avevano cinque secoli fa.

Per quanto riguarda i precedentemente menzionati diritti umani, mi viene in mente ad esempio la “Pragmática de Medina del Campo” del 28 ottobre 1480, in cui i due sovrani stabilirono la libertà di movimento all’interno dei loro domini. In questo modo hanno eliminato la base più perversa del precedente sistema signorile, cioè l’assenza di libertà di residenza e di movimento dei vassalli del signore di turno.


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Tuttavia il principio giuridico riconosciuto dalla regina Isabella degno di maggior menzione è quello presente in diverse disposizioni miranti a dichiarare la dignità degli indigeni americani e delle Canarie. Tra le altre disposizioni, ricordiamo le istruzioni emanate il 16 settembre 1501 per Nicolás de Ovando. Per il governo di Hispaniola, gli venne ordinato quanto segue:

“Impegnati altresì a fare in modo che gli indigeni siano trattati bene, […] come nostri buoni sudditi e vassalli, e che a nessuno venga osato fargli del male o cagionarne danno”.

Successivamente un altro regio decreto, promulgato a Medina del Campo il 20 dicembre 1503, ribadì le norme rigidamente a favore degli indiani, affinché fosse garantita la loro conversione in un contesto di convivenza amichevole con gli spagnoli, in un regime di libertà e uguaglianza, istruzione adeguata ed efficace amministrazione della giustizia.

In effetti gli indigeni avrebbero dovuto lavorare. Ma, secondo questa disposizione, avrebbero dovuto farlo come “…persone libere quali sono, e non schiavi. E fate che questi indiani vengano trattati bene”.

L’evangelizzazione degli indios

E infine, nel testamento speciale lasciato dalla regina nel 1504, chiese a suo marito Fernando, a sua figlia Giovanna e a suo genero Filippo che il loro principale compito come regnanti di Castiglia fosse l’evangelizzazione degli indigeni delle terre già scoperte e di quelle ancora da scoprire: “E che non consentano che gli indigeni ricevano alcun tipo di danno, né alla loro persona né ai loro beni. Ma vengano questi invece trattati bene e con giustizia, e se avessero ricevuto qualche torto, vi si ponga rimedio […]”.

Non voglio promuovere, con questa mia posizione, stereotipi tipici di una leggenda rosa. Va detto infatti che, nonostante queste e altre disposizioni legati del regno, i Re Cattolici non riuscirono a trasformare radicalmente tutta la società del loro tempo.

Tali disposizione non erano infatti esenti da violazioni, limiti e contraddizioni. Non ci sono tuttavia dubbi sul fatto che i due sovrani tracciarono una linea politica davvero ammirabile per il loro tempo.

Di Juan Carlos Domínguez Nafría, rettore dell’Università “CEU San Pablo”

QUI IL LINK ALL’ARTICOLO ORIGINALE

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evanglista]