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Covid-19, l’esperto di malattie infettive: ecco le buone prassi per tornare in chiesa

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www.policlinicogemelli.it

Il professore Roberto Cauda.

Gelsomino Del Guercio - pubblicato il 24/04/20

Intervista con il professore Cauda, direttore dell'Unità di malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma, che spiega come abbassare i rischi di contagio durante le celebrazioni liturgiche

La Chiesa italiana vuole tornare a celebrare la Messa con il popolo. I vescovi hanno sospeso le celebrazioni pubbliche quando hanno percepito che il pericolo pandemia diventava reale. Ma ora – sottolinea il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana – «è arrivato il tempo di riprendere la celebrazione dell’Eucarestia domenicale e dei funerali in chiesa, oltre ai battesimi e a tutti gli altri sacramenti». Certo, con tutte le precauzioni necessarie e senso di responsabilità.

Il porporato lo sottolinea nella sua VII lettera all’arcidiocesi di Perugia – Città della Pieve in tempo di coronavirus, pubblicata il 23 aprile. E le sue parole fanno eco a quelle della segreteria generale della CEI, che ha annunciato il 16 aprile colloqui con il governo per un «accesso meno condizionato ai luoghi di culto».

CARDINAL GUALTIERO BASSETTI
Antoine Mekary | ALETEIA | i.Media

E allora come far ripartire la chiesa nella “fase 2” dell’emergenza Covid-19? Quali buone prassi e precauzioni si potrebbero adottare per tornare verso la normalità negli edifici di culto?

Aleteia ne ha parlato con Roberto Cauda, professore ordinario di Malattie infettive presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttore dell’Unità di malattie infettive del Policlinico Gemelli di Roma.

Fase calante dell’infezione

«Tutti dovrebbero capire che dopo un grande sacrificio, il lockdown, è arrivato un risultato tangibile, in termine di riduzione dei contagi – premette il professore Cauda – Certo, i numeri ci dicono che ancora oggi si riscontrano parecchi casi positivi, ma il trend generale evidenzia che il picco è stato raggiunto e siamo nella fase calante dell’infezione. Il numero dei guariti ha superato quello dei contagiati, le rianimazioni hanno meno presenze, così come stanno diminuendo i ricoveri. Insomma, tutti gli indicatori sono in calo, anche se con differenze da regione a regione».

In “fase 2” priorità è ridurre rischi di nuovi contagi

Per cui, continua l’esperto di malattie infettive, nella “fase 2” dell’emergenza Covid-19 «dovremo considerare che la nostra vita non sarà la stessa che abbiamo lasciato ai primi di marzo, e sarà necessario convivere con il virus, come ha ricordato anche il premier Conte. Bisogna trovare modalità idonee per ridurre i rischi di nuovi contagi, e per fare questo sono state imposte misure preventive sui luoghi di lavoro. Ma per quello che attiene la riapertura delle chiese se ne è parlato poco, a parte la presa di posizione della Conferenza Episcopale Italiana e in particolare di Sua Eminenza il cardinale Bassetti».

Test davanti alle chiese “non praticabili”

«Non penso – aggiunge il direttore dell’Unità di malattie infettive del Policlinico Gemelli – che sia praticabile fare i test rapidi all’esterno degli edifici di culto prima delle celebrazioni liturgiche: i test sierologici necessitano di essere confermati, mentre i tamponi hanno tempi più lunghi, non danno risposte immediate. Per cui dico “no” a soluzioni di questo tipo prima di entrare in chiesa».

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© Godong

Les messes en publique sont suspendues depuis le 15 mars.

Sì a celebrazioni a “porte aperte”, ma in chiese sanificate

«La soluzione migliore nella “fase 2” è tenere le chiese sanificate, riprendendo le celebrazioni a “porte aperte” e verificando che gli ingressi siano contingentati, come avviene in altri luoghi. Utile anche la presenza di gel disinfettante all’ingresso degli edifici».

Distanziamento e obbligo di mascherina

Secondo l’infettivologo, «è fondamentale stabilire un numero limitato di posti in cui la gente si può sedere, e che tra i fedeli si garantisca la distanza di almeno un metro. La ripresa sarà graduale e queste norme, che valgono, ad esempio, per uffici e mezzi di trasporto, dovrebbero estendersi formalmente anche agli edifici di culto, così come la mascherina: deve essere utilizzata anche in chiesa».

“No” ad acqua benedetta e scambio della pace

«Consiglierei – aggiunge il professore Cauda – di svuotare ancora le acquasantiere, non perché il virus si trasmette con l’acqua, ma per evitare che ci possa essere qualsiasi rischio di assembramenti intorno ad esse».

E sullo scambio della pace, l’esperto afferma: «Meglio evitarlo, con o senza guanti, si può sostituire ad esempio, con un sorriso, in modo da garantire il distanziamento sociale, che è ancora necessario».

Il sacramento dell’eucaristia al tempo del coronavirus

Sui sacramenti, «resta una riflessione aperta sull’eucaristia, sia di tipo epidemiologico che teologico».

«Voglio precisare – evidenzia l’infettivologo del Gemelli – che l’ingestione dell’ostia non trasmette il coronavirus, tuttavia bisogna tenere conto di tutto ciò che è collaterale alla particola: dal contatto, anche a distanza, tra celebrante e fedeli, a come l’ostia si porta alla bocca. Bisogna fare una serie di attente valutazioni per “salvare” il sacramento, ma in assoluta sicurezza, ed evitare qualsiasi rischio di potenziale trasmissione del virus».

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Shutterstock/Sebastian Duda

Il battesimo

Sugli altri sacramenti, conclude Cauda, «non vedo grandi difficoltà, dall’Unzione degli Infermi al Battesimo, non penso ci debbano essere particolari limitazioni. Per il Battesimo, come dicevo prima, l’acqua non trasmette il virus, ma è necessario che il sacerdote e gli altri partecipanti, considerata la distanza ravvicinata, svolgano il rito con la mascherina».

Infine, per i funerali «valgono le misure di una normale celebrazione con distanziamento sociale e l’avvertenza suddetta nel caso dell’eucaristia».

“Procedure a rischio basso, a patto che…”

«Più in generale – chiosa l’esperto di malattie infettive – possiamo dire che sono tutte procedure a basso rischio di contagio se vengono mantenute rigorosamente: norme igieniche, lavaggio delle mani, uso del gel e mascherine».


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