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Quando il peggior nemico di una donna è un’altra donna…

DONNE

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Sofía Gonzalo - pubblicato il 12/06/17

Attenzione! La critica tra donne fa più danni di quanto pensiate…

“So che le sorelle di mio marito mi criticano. Noto il disprezzo sui loro volti. In ogni riunione di famiglia evitano di parlare con me. Mi sento una fallita, quando ci sono loro”.

Quale donna, nel corso della sua vita, non si è mai sentita oggetto di critiche da parte di altre donne? E chi non ha mai preso parte ad una conversazione in cui si accusava una donna per delle voci su di lei, o in cui la si ridicolizzava per il suo aspetto fisico? L’abuso psicologico di donne da parte di altre persone dello stesso genere viene chiamato “wollying“. È l’unione delle due parole inglesi per donna e bullismo (woman + bullying), ed è oggetto di studi da oltre 20 anni.

Ciò che caratterizza il genere femminile è l’intuizione. Ed è improbabile che – quando una donna si sente vittima di trattamenti umilianti da parte di una o più donne – questa manchi. E l’aggressione, a prescindere dalla sua intensità, influisce negativamente sulla persona che la riceve e anche su quella che la compie.

C’è inoltre un periodo, tra l’adolescenza e la prima età adulta, che è di solito devastante per le donne. Secondo una ricerca condotta da Tracy Vaillancourt, dell’Università di Ottawa, le adolescenti, circondate da competitività e senso critico proprie di quell’età, sono esposte ad abusi psicologici che possono influenzare in modo permanente la loro autostima.




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Approfondiamo la questione del wollying con lo psicologo Pedro Martínez, Direttore terapeutico del centro Neurosalus:

Come possiamo evitare di essere trascinate nei commenti di disprezzo verso un’altra donna, se ci troviamo in questo tipo di discorsi?

Difendendo e facendo valere le nostre opinioni e i nostri valori. Si possono criticare i comportamenti, ma non le persone, e meno che mai in modo offensivo. Se ci troviamo in una situazione in cui viene denigrata un’altra persona, dobbiamo porre dei limiti.

Viviamo in una società in cui contribuiamo tutti al discredito degli altri, senza renderci conto che spesso invadiamo la loro vita con un’impunità e complicità sorprendenti. Non bisogna rifugiarsi nell’idea che la società è così, e che ognuno deve preoccuparsi di se stesso. Se non ci rendiamo conto che il nostro benessere individuale dipende dal bene comune, prima o poi saremo noi le vittime. Mostriamo coraggio, e non permettiamo questi abusi psicologici.

Cosa possiamo fare se siamo vittime di questo tipo di molestie?

Soprattutto, e quanto prima, chiediamo aiuto: una persona sola non può affrontare, né risolvere, una situazione che richiede il sostegno di tutti.

Il mio consiglio è, se ci si trova nella fase iniziale delle molestie, di non esitare a prendere posizione. La prima reazione a un comportamento di questro tipo è spesso l’autopunizione: la vittima di solito giustifica i commenti offensivi rimproverando se stessa e nascondendosi dagli altri. Se la donna non reagisce a questo stato iniziale parlando con gli amici e con la famiglia, si isolerà e in lei potranno nascere sentimenti di insicurezza e di impotenza, che saranno sempre più difficili da affrontare.

Se la donna subisce questi comportamenti già da tempo, le suggerisco coraggio e determinazione. Coraggio per comunicare agli altri il proprio disagio psicologico, e la determinazione per combattere questo tipo di situazioni, dimostrando alle proprie aguzzine di non temerle. Non dimentichiamoci che chi molesta si nutre dell’insicurezza e della mancanza di fiducia delle sue vittime.

Che effetto ha il wollying nella donna che lo subisce?

Il wollying è un tipo di comportamento che risponde a un modello ben preciso di abuso psicologico… ci si può aspettare, quindi, che la donna che lo subisce sviluppi tutti i sintomi di queste situazioni: squilibrio emotivo, bassa autostima, un’immagine di sé scarsa, sensazione di insicurezza, impotenza, paura, rifiuto, solitudine, incomprensione…

Questa esperienza, ripetuta a lungo, provoca uno stato di allerta permanente tipico degli episodi di stress post-traumatico, e aumenta il rischio che questi si traducano in fobie specifiche e in ansia generalizzata, così come in disturbi alimentari e nel disturbo dipendente di personalità.

E nella donna che ne critica o molesta un’altra?

Dall’altro lato, chi accusa usa il suo comportamento per proteggersi dallo stesso danno che provoca: critica, discredito, rifiuto… Solitamente questo causa un comportamento ossessivo diretto al controllo di quei particolari che lei ritiene indispensabili al mantenimento di quello stato di superiorità sulle altre, e che spesso sono alla base dei contenuti della sua critica: la cura dell’immagine, un interesse smodato nel risultare attraente sia per gli uomini che per le altre donne, o di essere la madre migliore, la moglie migliore o la professionista migliore…

L’esposizione costante a questo tipo di esigenze può dare luogo a quadri psicopatologici che hanno come comune denominatore lo stress, l’ansia e un comportamento ossessivo verso certi aspetti dell’immagine e della competizione sociale.

Come ci può aiutare la preghiera, se siamo vittime wollying o se contribuiamo alla denigrazione di una donna?

Gli psicologi sanno che, per i credenti, la preghiera può fungere da “esercizio di potenziamento mentale” e può avere aspetti positivi nel controllo dell’ansia e della depressione, nello sviluppo dell’empatia e nel migliorare il funzionamento cognitivo ed intellettuale. Inoltre, la preghiera può contribuire ad attenuare gli effetti dello stress.




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Nelle situazioni di molestie a cui facciamo riferimento, oltre a denunciarle e a richiedere aiuto – sia a chi ci è vicino che a professionisti specializzati – può essere utile cercare nella preghiera un momento di pace interiore, così importante per rafforzare la fiducia e la forza necessaria per affrontare episodi del genere.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Valerio Evangelista]

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