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406 milioni di dollari: il risarcimento del Vaticano per il crack del Banco Ambrosiano

Banco-ambrosiano

Public Domain

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 07/06/17

La rivelazione del cardinale Pell alza notevolmente la cifra di cui si era a conoscenza

«Dopo gli scandali del 1982 nella banca Vaticana con l’arcivescovo Paul Marcinkus e i banchieri laici Michele Sindona e Roberto Calvi(l’ultimo trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri sul Tamigi a Londra, ndr) quando il Vaticano fu costretto a pagare 406 milioni di dollari Usa in risarcimenti, era tornata una relativa serenità, finché non vennero applicate all’interno del Vaticano le leggi internazionali contro il riciclaggio di denaro».

Poche frasi, ma estremamente chiare quelle messe nero su bianco dal cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia del Vaticano un paio di anni fa, nel 2015 (Lettera 43, 6 giugno).

IL PIU’ GRAVE DISSESTO

Mancavano, a distanza di oltre trent’anni, le ammissioni ufficiali da parte del Vaticano sulle cifre del crack del Banco Ambrosiano. E Pell ha colmato questo vuoto nell’ottica di quella trasparenza che gli ha chiesto sin da principio Bergoglio.

Il Banco Ambrosiano fu una delle principali banche private cattoliche italiane. Lo IOR ne era il maggior azionista.

La leadership del Banco era affidata a Calvi, soprannominato il “banchiere di Dio”. L’istituto di credito destinava denaro, proveniente da attività illecite, in società fantasma Panamensi e Lussemburghesi controllate sempre dallo IOR.

Il debito di queste società offshore nei confronti del Banco Ambrosiano salì fino a 1,2 miliardi di dollari. Fu il più grave dissesto finanziario di una banca italiana. Lo IOR, pagò volontariamente un risarcimento che ufficiosamente venne stimato in 250 milioni di dollari.

DA 250 A 406 MILIONI DI DOLARI

La rivelazione di Pell ha fatto scalpore perché la cifra da lui citata, 406 milioni di dollari, è ben più alta dei 250 milioni di cui si era a conoscenza.

La dichiarazione del porporato australiano, inoltre, è stata in realtà abbastanza laconica, ma ha confermato alcuni particolari importanti che erano rimasti, seppur noti alle cronache giudiziarie.

LE RESPONSABILITA’ DELLO IOR

Come ad esempio i legami tra il Cardinal Marcinkus ed i banchieri Sindona e Calvi, quest’ultimo trovato morto a Londra in circostanze rimaste sempre avvolte nel mistero.

Pell ha sottolineato inoltre le responsabilità delle autorità di controllo dello IOR, che non si sarebbero mosse in tempo ed avrebbero fatalmente aumentato il problema al momento dell’introduzione delle leggi anti-riciclaggio in Vaticano (che hanno di fatto congelato decine di milioni di euro, a partire dal 2010, che sarebbero dovuti essere introdotti al Vaticano).

IL RIFIUTO DELLE BANCHE

Secondo Pell molte banche estere, proprio a causa di questi mancati controlli e del ritardo nelle applicazioni delle norme antiriciclaggio, si sarebbero rifiutate di trattare e fare affari con il Vaticano per molto tempo (Il Sussidiario, 6 giugno).




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LA SVOLTA DELLA SANTA SEDE

Che la Santa Sede avesse raggiunto un accordo per versare un risarcimento in seguito alla bancarotta dell’Ambrosiano «come contributo volontario» ai creditori, evidenzia ancora Lettera 43, era noto: a cominciare dal negoziato condotto dal cardinale Agostino Casaroli, all’epoca dei fatti Segretario di Stato, per chiudere la drammatica vicenda, passando per le responsabilità dello IOR nell’esposizione finanziaria della banca guidata da Roberto Calvi, individuate dal governo italiano e in particolare dal ministro del Tesoro Beniamino Andreatta, senza dimenticare il complesso intreccio affaristico e societario fra banca vaticana e Ambrosiano che portò alla bancarotta dell’istituto di credito.

UNO SCANDALO ITALIANO

Si tratta di uno dei più gravi scandali politico-finanziari del Dopoguerra con infinite implicazioni (mafia, P2 e via dicendo) di cui la morte mai chiarita di Calvi, ricordata dal cardinale, è simbolo drammatico. Mentre l’accordo fra Santa Sede e Stato italiano (e banche creditrici) venne in ogni caso sottoscritto a Ginevra nel maggio nel 1984.




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