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5 film da vedere sulla bellezza del sacrificio

Martin Sheen ne “Il cammino per Santiago”, 2010. 7eme Art | Photo12 | AFP

Paul Asay - pubblicato il 14/03/17

A volte i film riescono, a modo loro, ad ispirarci ad essere persone migliori. Attraverso la strana alchimia dei film, possiamo metterci nei panni di un personaggio (anche se per poco e comunque al sicuro) e vederlo praticare l’abnegazione e il sacrificio. Possiamo vederlo dare se stesso, soffrire per qualcosa di più grande di lui, e giungere ad una migliore comprensione di ciò che è veramente importante.


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Siamo nel bel mezzo della stagione di Quaresima, e ci sembra opportuno consigliarvi la seguente lista di film. Non sono necessariamente film cristiani, anzi, la maggior parte non è affatto dichiaratamente spirituale. Ma sono dei modelli cinematografici di contemplazione e di abnegazione, e forse attraverso di loro siamo in grado di giungere a una migliore comprensione di chi siamo e a cosa possiamo aspirare (beh, almeno se per la Quaresima non avete rinunciato a vedere film).

All Is Lost – Tutto è perduto (2013)

Se vi piace Robert Redford, questo film è per voi. È lui l’unico interprete di questo classico sottovalutato. Disperso su una barca in mezzo all’oceano, Redford (a cui i titoli fanno riferimento soltanto come a “l’Uomo”) passa la maggior parte del film facendo del suo meglio per sistemare la sua imbarcazione e cercare di raggiungere terra.

A prima vista, All is Lost è una semplice storia di sopravvivenza (una nota: delle pochissime parole che sentirete, una è particolarmente oscena). Ma andando un po’ più in profondità, vediamo un uomo determinato a sopravvivere meramente attraverso i propri dispositivi, la propria forza, la propria abilità. Ogni giorno che passa in questo deserto d’acqua, si spoglia di questi dispositivi fino a che non rimane più nulla. A modo suo, l’Uomo arriva al punto di dover finalmente confidare nella Provvidenza per potersi salvare.

Gravity (2012)

Questo film candidato all’Oscar ruota attorno a un semplice problema: la dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock) è alla deriva nello spazio, nel deserto più inospitale di tutti. Sa che sta per morire, e nessuno può fare nulla al riguardo. “Nessuno pregherà per la mia anima“, dice. “Non ho mai detto una preghiera nella mia vita. Nessuno mi ha mai insegnato come fare“. E poiché è ancora in lutto per la morte della figlia, Ryan è fin troppo disposta ad abbandonarsi all’oblio, a consegnare la sua aberrante vita al vuoto e freddo universo.

Non c’è cibo, né acqua, né calore, né terra né aria. E Ryan sperimenta un piccolo miracolo, attraverso il quale ritrova la voglia di vivere. E anche se sua figlia è andata via, sente che la sua bambina è ancora con lei, in qualche modo. Sente che la morte non è la fine. In ultima analisi, in un certo senso, l’odissea di Ryan riflette la speranza della Pasqua.

Il grande silenzio (2005)

Come sarebbero anni e anni di preghiera e abnegazione? Questo documentario di quasi tre ore potrebbe offrire la risposta più probabile a cui la maggior parte di noi potrà mai arrivare. Diretto da Philip Gröning, “Il grande silenzio” ci porta nel monastero certosino della Grande Chartreuse, sulle Alpi francesi, che documenta la vita austera e devota dei monaci. Come gli stessi monaci, anche il film evita l’ostentazione.


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Non c’è narrazione, non ci sono didascalie che spieghino cosa stiamo vedendo. Ogni momento è stato girato in luce naturale. Veniamo semplicemente introdotti nel mondo rigido e stranamente bello in cui vivono i monaci: una vita permeata di spirito e senso del dovere. Il risultato, più che un documentario, è una potente contemplazione sulla fede e il significato della vita.

Il Signore degli Anelli (Trilogia, 2001-03)

Va bene, qui sto barando un po’, inserendo tre film in uno spazio previsto per uno solo. Ma in realtà, tutta la saga dovrebbe essere intesa come una grande storia. E che storia.


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Per i nostri scopi, concentriamoci sullo hobbit Frodo, portatore dell’Unico Anello, l’Anello che può distruggere il mondo a meno che Frodo non riesca a distruggerlo prima. Durante il suo lungo viaggio attraverso la Terra di Mezzo, diventa una figura simile a Cristo. Come Gesù nel deserto, Frodo è tentato duramente dal malvagio Anello, che gli promette un potere inimmaginabile. E come lotta agonizzante di Gesù sul Golgota, Frodo è torturato lungo la strada per il Monte Fato. L’Anello diventa più pesante ad ogni passo avanti (che ricorda i peccati del mondo e la croce che Cristo ha portato su di Sé), e alla fine, come Gesù , ha bisogno di aiuto per completare il viaggio. Frodo non è certamente una figura cristica ideale: lo hobbit si smarrisce proprio alla fine e ha bisogno di un aiutante improbabile per completare la missione. Ma gran parte del viaggio sembra riecheggiare in modo esplicito i temi della Quaresima, un tempo di prova prima della vittoria finale e gloriosa: la Pasqua.

Il cammino per Santiago (2010)

Ecco qui un altro cammino simil-quaresimale, ma con questo abbiamo molta più familiarità. Tom Avery (interpretato da Martin Sheen) fa un pellegrinaggio lungo il sacro Cammino di Santiago, per onorare il figlio che voleva compiere il viaggio, ma che è morto prima che potesse completarlo.


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Camminando, Tom – che trasporta le ceneri di suo figlio – incontra vari personaggi, ognuno dei quali percorre il Cammino per i propri scopi. C’è chi vuole smettere di fumare, chi vuole perdere qualche chilo, e un altro ancora vuole superare il blocco dello scrittore. Queste persone mostrano, in un certo senso, come fin troppo spesso affrontiamo un sacrificio come una pretesto per migliorare noi stessi, piuttosto che per crescere spiritualmente. Ma questo disparato assortimento di pellegrini continua il percorso. E ciascuno di loro giunge a una comprensione più profonda di ciò che è e di ciò che è veramente importante. Nel momento in cui raggiungono la Cattedrale di Santiago de Compostela in Galizia, Tom trova un senso di pace spirituale.

[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]

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