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Cosa è il populismo secondo Papa Francesco?

Pope Francis general audience October 12, 2016.

© Antoine Mekary / ALETEIA

<p> Pope Francis leads his weekly general audience in St. Peter&#039;s Square in Vatican City, October 12, 2016. &copy; Antoine Mekary / ALETEIA</p>

Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 11/11/16

Attenti, non si parla di Grillo e Trump. Il pontefice ha lo sguardo verso il senso di appartenenza e la miseria umana. E cita un prete corrotto

Cosa pensa Papa Francesco del populismo? Nel nuovo libro di Padre Antonio SpadaroNei tuoi occhi c’è la mia parola” (Rizzoli) c’è una conversazione tra il direttore de “La Civiltà Cattolica” e il pontefice in cui quest’ultimo spiega con un riflessione per nulla scontata il suo pensiero sul populismo.

Non si parla né di Trump, né di Grillo, né di migranti: il contenuto è ben più profondo. «C’è una parola tanto maltrattata: si parla tanto di populismo, di politica populista, di programma populista», premette Francesco, che poi sentenzia: «Ma questo è un errore».

UNA CATEGORIA “MITICA”

Secondo il pontefice «Popolo non è una categoria logica, né è una categoria mistica, se la intendiamo nel senso che tutto quello che fa il popolo sia buono o nel senso che il popolo sia una categoria angelicata. Ma no! E’ una categoria mitica, semmai. Il popolo si fa in un processo, con l’impegno in vista di un obiettivo o di un progetto comune. La storia è costruita da questo processo di generazioni che si succedono dentro un popolo. Ci vuole un mito per capire il popolo».

IL SENSO DI APPARTENENZA

Quando si spiega che cos’è un popolo, evidenzia Francesco, «usi categorie logiche perché lo devi spiegare: ci vogliono, certo! Ma non spieghi così il senso di appartenenza al popolo. La parola popolo ha qualcosa di più che non può essere spiegato in maniera logica. Essere parte del popolo è far parte di un’identità comune fatta di legami sociali e culturali. E questa non è una cosa automatica, anzi: è un processo lento, difficile….verso un progetto comune».

“GESU’ DAVA ARIA FRESCA”

«E il popolo di Dio?», sollecita Spadaro.

«Il popolo di Dio – prosegue Francesco – è capace di far festa, di piangere. E questa non è un’idealizzazione. Ma guarda la gente che seguiva Gesù! Tanti lo seguivano perché erano entusiasti, parlava con autorità. Gesù dava aria fresca. Non era come i dottori della legge che caricavano le spalle della gente di tanti obblighi. Per predicare al popolo bisogna guardare, saper guardare e saper ascoltare, entrare nel processo che vive, immergersi. Ma anche il prete più stupido o anche il prete più corrotto è capace di questo».

L’ESEMPIO DI ELI

E come si “entra” in un popolo? Il Papa dice di avere una devozione speciale per un prete corrotto. Si tratta di Eli, padre dei sacerdoti Ofni e Finees. «Era vecchio, lasciava fare, indolente. I figli sacerdoti sfruttavano la gente». Francesco ricorda l’episodio narrato nel Primo libro di Samuele. I protagonisti sono Anna, una donna angosciata per la sua sterilità che supplica in lacrime Dio di donarle la fecondità, e il sacerdote Eli, che la osserva poco lontano.

«Tante volte mi sento come Eli, un poveraccio. Con quanta facilità giudichiamo le persone», ammonisce il Papa, che poi racconta l’episodio. Eli dice alla donna: “Fino a quando rimarrai ubriaca?”. E qui emerge l’umiltà di Anna che risponde: “No, mio signore. Sono una donna addolorata e non ubriaca: ma sto sfogando il mio cuore davanti a nostro Signore”.

IL FUOCO SACERDOTALE

Eli, prosegue il Papa, «nonostante i suoi difetti aveva qualcosa dentro, la scintille del fuoco sacerdotale. L’ha ascoltata e benedetta. Quella capacità che ti dà il sacerdozio di ascoltare la gente tu puoi perderla per l’ideologia, la vita comoda, l’attaccamento al potere, al denaro, a tante cose. Puoi perderla. Ma bisogna chiedere sempre che almeno resti qualcosa che ti faccia dire la parola giusta poi benedire. Questo vecchietto a me fa tenerezza. Era un peccatore ma è stato capace di fare feconda una donna con la sua benedizione».

COMPRENDERE LA MISERIA UMANA

Ecco che prosegue con una riflessione collegata: per comprendere un popolo, bisogna comprendere anche le “miserie” di quel popolo. «Noi spesso restiamo chiusi – ammonisce Francesco – L’azione di Dio nella nostra vita è complessa, si mescola alle nostre miserie. Dio agisce, è all’opera in noi. Capisco che quel che dico può essere inteso male, ma una volta ho sentito che quando è stata fatta la Giornata Mondiale della Gioventù a Roma, alcuni hanno detto: “I giovani pregano, pregano, e poi proprio nel grande prato dell’incontro con Giovanni Paolo II…sono stati capaci di fare qualunque cosa per divertirsi“. Certo, è vero. Ma attenzione. Bisogna stare attenti. Qualche volta lo scandalo di chi dice queste cose viene dal fatto che non sa entrare nelle miserie umane! E che sono tali: miserie».

IL RISCHIO DEL VUOTO DI DIO

Il Papa precisa: «Non si tratta di giustificare tutto, che sia chiaro. Ma bisogna anche capire bene che Dio non si spaventa davanti alle nostre miserie. E’ così’ il prete non deve provare sconforto, ma deve sporcarsi le mani con le miserie umane, deve entrare nelle miserie umane sapendo che il Signore di lavora dentro. Uno che non riesce ad entrare nelle miserie umane vede da una parte Dio e dall’altra il vuoto di Dio, il nulla».

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