Nella parte meridionale dell’isola di Simi, attaccata quasi alla Turchia, nel Dodecaneso meridionale, in un’insenatura stupenda del mare si trova il bianco monastero di san Michele arcangelo, fondato nel secolo XII e ricostruito nelle attuali forme nel XVIII secolo, meta di pellegrinaggi di tutte le popolazioni dell’Egeo.
L'impronta
Quivi è conservata una impronta e magnifica icona quasi a sottolineare la vittoria contro i detti degli iconomanachirei, l’isola greca, posta ad appena 500 metri dalla costa turca, sia stata davvero prescelta da san Michele. Infatti, secondo un’antica leggenda locale quando si dorme per la prima volta in questa isola, l’Arcangelo viene di certo in sogno e ti parla; al mattino non devi fare altro che raccontare il sogno al pope ortodosso che con pazienza ti ascolta in riva al mare e ti spiega l’invito che ti ha rivolto l’Arcangelo nella notte.
In questo estremo lembo greco dell’Egeo, l’orgoglio della tradizione orientale ed ortodossa è vivissimo, anzi si palpa e si percepisce un po’ ovunque ed i fratelli ortodossi con puntualizzazioni ed osservazioni non mancano di fartela ben fissare.
L'iscrizione greca
Si legge, infatti, in una iscrizione greca posta ben visivamente all’interno del santuario che “il culto di san Michele da questo lembo d’Oriente è partito, dopo esser qui giunto da Chonae, verso l’Occidente, giungendo in special modo al monte Gargano, al mont saint Michel di Normandia, al st MIchael’s Mount di Cornovoglia”.
Interessante molto è l’iconografia singolarissima di san Michele di Panormitis: l’Archistratega celeste con la destra impugna la spada – scimitarra ma con la sinistra ben elevata tiene ben stretta l’anima in fasce di un fedele defunto che ha strappato dalle fauci di satana che è sconfitto ai suoi piedi, proprio come Cristo tiene ben alzata in mano l’anima della s. Madre nell’icona della Koimesis, dormizione della Vergine.
Tre metri d'altezza
Si tratta di una grandiosa icona misura circa tre metri di altezza, rispondente all’antico canone iconografico in risposta agli insegnamenti del presbitero Xeniàaias che sottolineaava: “Mé gar éinai themitòn élegen Xenàias asòmatous òntas toùs aggélous, sòmatopoièin”, ossia è lecito presentare gli Angeli col corpo umano, essendo incorporei: è questo, in sostanza, un tesato tratto dagli Iconoclasti che risale al Conciliabolo di Irea dell’anno 754.
Dunque, la rappresentazione iconografica di Panormitis così come le tante altre immagini dell’Arcangelo Michele, a grandi dimensioni, poste sulle pareti delle chiese di tutto il mondo cristiano è una vera gigantografia che occupa quasi tutta l’altezza del piano iconografico. Questo canone grandioso e solenne sottolinea molto bene l’intenzione esistente nei secoli passati di rispondere al detto contrario degli iconomachi, dipingendo un Arcangelo dalle dimensioni imponenti. Affreschi dell’Arcangelo di dimensioni notevoli si trovano anche in Italia.
L'icona bizantina
Un’altra bella icona dell’Arcangelo in Panormitis mostra una somiglianza con l’icona bizantina custodita nel santuario garganico in quanto san Michele , vestito da diacono, tiene in mano il “ripìdion” - ventaglio liturgico sul quale è impressa la s. Mano di Dio con la scritta IC XC, ossia Gesù Cristo. La bellezza del sito ove è posto il santuario dell’Arcangelo è davvero unica: il mare e la vicina costa turca costituiscono un impareggiabile panorama che ti aiuta ad elevare lo spirito alle altezze celesti. Le fabbriche del santuario sono coloratissime, com’è costumanza del resto in tutto le isole dell’Egeo riservata ai fabbricati destinati al culto e agli edifici pubblici.
All’interno del monastero in una sala refettorio per accogliere i pellegrini, tra i tanti affreschi bizantini, troneggia un’altra grande icona dell’Archistratega Michele che si presenta glorioso secondo il canone iconografico di Panormìtis. A Simi i sacerdoti ortodossi sulla spiaggia dell’isola interpretano i sogni fatti la prima notte di quelli che si recano in pellegrinaggio dall’arcangelo. Nel mondo greco – romano attraverso il sonno si credeva di poter avere un contatto con la divinità (incubatio).
Il dio Asclepio e i taumaturghi
Per questo motivo erano stati eretti in diversi luoghi templi in onore del dio Asclepio e quando subentrò la religione cristiana, alcuni erano ancora efficienti; altri, templi invece su imitazione di quelli pagani, divennero, similmente i posti dove attendere, durante il sonno, la visita dei santi taumaturghi cristiani oppure dei santi Angeli e di san Michele.
L’incubazione è un rito cristiano molto remoto: l’elemento principale è il sonno che diveniva salutare; durante lo stesso gli ammalati che passavano la notte in chiesa ricevevano le cure dei santi Angeli attraverso interventi chirurgici, oppure con l’applicazione di singolari impacchi medicamentosi a base di cera, o di olio, o attraverso rimedi molto strani e talora incomprensibili. Mentre nei templi pagani, greci e romani, veniva riconosciuto solo l’elemento fisico; nella tradizione cristiana, che non aveva inteso cancellare quelle antiche usanze, il contatto con il soprannaturale si attuava con la preghiera alla Trinità e veniva sancito il primato dell’anima sul corpo, che si elevava attraverso l’aiuto fisico; la guarigione del corpo significava salvezza dell’anima, quindi miracolo.
L'incubazione e Costantino
L'incubazione è legata anche all’imperatore Costantino, devotissimo del Principe degli angeli, che aveva consacrato a san Michele, nei dintorni di Bisanzio, due chiese. Una era posta nel luogo chiamato Anàplous sulla riva sinistra del Bosforo. Questa chiesa era un antico tempio pagano che portava, prima della sua trasformazione in chiesa, il nome di Sosthenion.
Malala nella "Chronographia" sostiene che “Costantino, recatosi al Sostenio e vista la statua posta nel tempio, riconobbe in essa l’immagine di un angelo vestito da monaco cristiano… domandò a Dio nelle sue preghiere di fargli conoscere di quale potenze celeste fosse quella statua la figura. Poi, coricatosi nel medesimo luogo in cui aveva pregato, egli fu istruito da una visione notturna circa il nome dell’Angelo. Svegliatosi subito si levò e si rivolse verso l’Oriente per pregare. Consacrò in seguito il luogo in cui aveva pregato all’Arcangelo Michele”.
"Io sono l'arcangelo Michele"
Niceforo Callisto (Hist. Eccl. Lib. VII) aggiunge a sua volta particolari: “Non appena si addormentò una immagine simile alla statua del Sostenio gli era apparsa: Io sono, disse questa immagine, l’arcangelo Michele, generale delle milizie celesti sottoposto al Dio Sabaoth, il custode della fede cristiana (éforos). L’Arcangelo Michele vi fece frequenti apparizioni. Tutti quelli che erano minacciati da avvenimenti dolorosi, di qualche danno imminente, che erano presi da un male sconosciuto, da malattia incurabile, ottenevano là, implorando Dio, una miracolosa protezione. Secondo una credenza che ha testimonianza certa, l’arcangelo Michele si rende visibile in questo luogo, e gli dà così una virtù salutare”.
L’atto compiuto da Costantino, che si coricò e dormì nel tempio, ci porta precisamente a una usanza adottata in tutti i templi di divinità medicali, quella appunto della incubazione. Questo uso, seguito dai malati, che si recavano nei templi di Esculapio, era un modo di consultazione per tutte le divinità medicali dell’antichità, Serapide, Isis…gli dei Sosteres, un dio della Sardegna, Minerva Medica presso i latini. L’usanza dell’incubazione non esisteva solo per le consultazioni medicali. Nel tempio eretto ad Amfiarao, a Orope in Boezia, quelli che venivano a consultare l’oracolo immolavano a questa divinità un ariete, sulla pelle del quale si addormentavano per ricevere in sogno le comunicazioni.