Le prime quattro apparizioni di San Michele Arcangelo, considerato il Principe degli Angeli. A documentarle è il volume "Angeli e diavoli in lotta" (Editrice Ancilla) a cura di Don Marcello Stanzione e Annalisa Colzi.
La prima apparizione
Verso la fine del V secolo, in Italia, un ricco contadino aveva perduto un suo toro, un bell’animale tutto bianco ch’egli considerava come preziosissimo. Era in un posto selvaggio chiamato il Monte Gargano, un promontorio sul mar Adriatico. La montagna era coperta da foreste dove facilmente si perdevano i greggi e il toro rischiava pure di essere preda di animali selvaggi.
Il padrone, dopo aver per molto tempo percorso la montagna, stava per rinunciare alle sue ricerche. Egli si trovava allora vicino alla vetta; là, un orifizio stretto e scuro conduceva a una grotta. L’uomo vi entrò. Ed ecco che il toro bianco era là, immobile, come prostrato. Quale cosa bizzarra, un toro che pregava! Il contadino cercò di farlo rialzare, ma invano. L’animale sembrava non vederlo. L’uomo fu preso dalla collera. Brandì l’arco che portava con sé e scoccò una freccia contro il toro. “Ti muoverai, infine, bestia maledetta!”.
Il toro e la freccia
Il toro non si mosse affatto, e la freccia ritornò sull’uomo e lo ferì leggermente. Spaventato, scese in tutta fretta dal monte, si recò alla città di Siponto e raccontò la sua storia al vescovo. Questi riconobbe ben presto che l’uomo non mentiva. Non sapendo che pensare di un fatto così strano, ordinò tre giorni di digiuno e di preghiere perché Dio facesse conoscere la sua volontà. Dopo il terzo giorno, San Michele apparve al vescovo e ordinò che la grotta fosse trasformata in santuario.
Ma, poiché quella montagna misteriosa e quasi inaccessibile era stata luogo di culti pagani, il vescovo esitò prima di decidersi ad obbedire alle parole dell’Arcangelo.
La seconda apparizione
La seconda apparizione di San Michele fu durante la battaglia tra Bizantini e Longobardi, in difesa dei quali accorse Grimoaldo I, duca di Benevento. Nella notte, che precedeva il giorno della battaglia, San Michele apparve al vescovo Maiorano al quale disse che, durante la battaglia, lui sarebbe stato presente e che senz’altro avrebbero vinto.
La battaglia fu accompagnata da terremoti, folgori e saette e si concluse con il successo di Grimoaldo. La vittoria riportata fu descritta come voluta proprio da San Michele: essa sarebbe avvenuta l’8 maggio, divenuto in seguito il dies festus dell’Angelo sul Gargano.
La terza apparizione e le aquile
Dopo la vittoria, il vescovo decise di obbedire a San Michele e di consacrare al culto la grotta, ma la notte gli apparve per la terza volta l’Arcangelo che gli comunicò che non era importante consacrare il luogo perché lui stesso lo aveva consacrato con la sua venuta. Quindi, esortò a entrare e frequentare il luogo posto sotto la sua protezione. Allora il vescovo Lorenzo, insieme ad altri sette vescovi pugliesi, in processione con il popolo e il clero Sipontino, si avviò verso il luogo sacro. Durante il cammino si verificò un prodigio: alcune aquile, con le loro ali spiegate, ripararono i vescovi dai raggi del sole.
L'orma di San Michele
Giunti alla grotta, vi trovarono eretto un rozzo altare, coperto di un pallio vermiglio e sormontato da una croce. Inoltre, come racconta la leggenda, nella roccia trovarono impressa l’orma del piede di San Michele.
Il santo vescovo Maiorano vi offrì con immensa gioia il primo Divin Sacramento. Era il 29 settembre. La Grotta stessa, come unico luogo non consacrato da mani d’uomo, ha ricevuto nei secoli il titolo di Celeste Basilica.
La quarta apparizione
Vi fu, infine, una quarta apparizione nel 1656 mentre in tutta Italia infieriva una terribile pestilenza. In quel tempo vi era alla guida della diocesi l’Arcivescovo Alfonso Puccinelli, il quale si rivolse all’Arcangelo Michele con preghiere e digiuni. Il Pastore pensò addirittura di forzare la volontà divina lasciando nelle mani della statua di San Michele una supplica scritta a nome di tutta la città. Ed ecco, sul far dell’alba del 22 settembre, mentre pregava in una stanza del palazzo vescovile di Monte Sant’Angelo, sentì come un terremoto e poi San Michele gli apparve in uno splendore abbagliante e gli ordinò di benedire i sassi della sua grotta scolpendo su di essi il segno della croce e le lettere M.A. (Michele Arcangelo).
La liberazione dalla peste
Chiunque avesse devotamente tenuto con sé quelle pietre sarebbe stato immune dalla peste. Il vescovo fece come gli era stato detto. Ben presto non solo la città fu liberata dalla peste, secondo la promessa dell’Arcangelo, ma anche tutti coloro che tali pietre richiedevano, dovunque si trovassero.
A perpetuo ricordo del prodigio e per eterna gratitudine, l’Arcivescovo fece innalzare un monumento a San Michele nella piazza della città, dove ancora oggi si trova, di fronte al balcone di quella stanza nella quale si vuole che avvenne l’apparizione, con la seguente iscrizione in latino: “Al Principe degli Angeli Vincitore della peste Patrono e Custode monumento di eterna gratitudine Alfonso Puccinelli 1656”.